"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Vincenzo Calì ha dedicato questa riflessione alla figura di Walter Micheli, a dieci anni della scomparsa
di Vincenzo Calì
(1 giugno 2018) Il miglior modo per ricordare Walter Micheli a dieci anni dalla scomparsa è quello di attualizzare il suo messaggio, dati i tempi di grave disorientamento vissuti dall’opinione pubblica.
Il nulla di fatto delle elezioni politiche generali, di quelle regionali di Lombardia e Friuli Venezia Giulia e i pronunciamenti referendari in Veneto ci dicono che per il Trentino si prospetta una nuova fase che potremmo definire di “emergenza autonomistica”.
Sovviene riprendere le intuizioni con le quali a metà anni ottanta il federalista Walter Micheli seppe rimettere in piedi un Trentino finito in ginocchio dopo la devastante vicenda di Stava. Non più la riproposizione su tavoli inconcludenti della formula del Centro Sinistra Autonomista oramai logora e stanca, bensì il lancio di una grande alleanza, una sorta di comitato di liberazione delle migliori energie, secondo le linee avanzate nel seminario “ il Trentino che verrà” fortemente voluto da Micheli e rimaste purtroppo in gran parte lettera morta.
Non possiamo farci condizionare dalle tergiversazioni nazionali sul nuovo governo; all’avanzata leghista in Friuli, Veneto e Lombardia dobbiamo rispondere secondo i principi democratici del federalismo europeo.
Per la salvaguardia ambientale e la rinaturalizzazione delle valli dolomitiche, nessun tentennamento nel dire no alle tante PIRUBI che popolano i sogni degli speculatori. Il Trentino è e sarà all’avanguardia nella salvaguardia dell’ecosistema europeo. La dignità del lavoro socialmente utile va salvaguardata, memori come siamo delle esperienze passate, quelle dell’industrialismo da rapina (Sloi, Montecatini, Prada, Prestavel...).
Cultura, istruzione, ricerca, sono settori da potenziare, abbandonando però i sogni di gloria e valorizzando le tradizioni culturali incarnate nelle antiche istituzioni territoriali: Musei e Accademie in primis.
Dimensionare in senso specialistico l’Università, contenendo il numero eccessivo di lauree generaliste, investire risorse in strutture d’avanguardia (biblioteche, archivi, veri centri culturali). Ridare impulso al modello cooperativistico in campo economico, abbandonando la malsana idea di poter concorrere ad armi pari con potenti colossi alla conquista di lontani mercati, recuperando l’intuizione che fu di Michele Nardelli sulle “filiere corte”. Incentivare infine le alleanze partitiche interstatali a partire dalle valli alpine, nella prospettiva di un maturo federalismo europeo.
Il nuovo millennio muoveva i primi passi quando nel manifesto di “Costruire Comunità” , nato su ispirazione di Micheli e Vincenzo Passerini, venivano indicate le vie nuove da seguire.
Se si poteva allora, siamo nel 2002, descrivere il presente politico come un insieme di partiti che avevano perso la spinta ideale, come un tempo costretto a segnare il passo perché guidato da un’oligarchia ormai impermeabile (da cui il riflusso verso radicalizzazione e disimpegno), di quali ulteriori aggettivi potremmo fare uso per il tempo presente?
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