"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Un umanesimo ipocrita e povero di mondo

Angelus Novus

(10 dicembre 2018) Come sappiamo, oggi è il 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (vedi pdf allegato). Non amo le giornate mondiali, né gli anniversari, carichi come sono di retorica e di richiamo formale. E anche questa scadenza, così in evidenza per quanto sta accadendo intorno a noi, non si sottrae. Perché mentre assistiamo, sotto ogni cielo, alla fine dell'umanesimo in nome del “prima noi”, non possiamo altresì non vedere quanto lo stesso umanesimo sia stato «ipocrita e povero di mondo». Ipocrisia alla quale non intendo dare il mio contributo nemmeno oggi, in questa giornata che ne potrebbe celebrare semmai il fallimento. O forse non ci siamo accorti che l'arancia blu sta diventando rossa in nome delle magnifiche sorti progressive dello sviluppo? E che una terza guerra mondiale è in corso che condanna ogni giorno all'oblio una parte consistente dell'umanità? Preferisco affidarmi a queste parole, tratte da “Il mancino zoppo” (Michel Serres, Bollati Boringhieri, 2016), nella speranza che ci aiutino a comprendere l'urgenza di un cambiamento profondo del nostro modo di pensare e di vivere. E di un «nuovo umanesimo».

«La storia e l'oblio.

Finalmente completata, questa durata di miliardi di anni mostra, come di rimando, che la nostra storia, infarcita di rivalità, guerre, massacri, incessante ricerca del potere da parte di marionette crudeli, densa di violenza, satura di rumore e furore, è ancora più narcisistica perché è breve, appena qualche millennio, e ancor più pericolosa perché, senza memoria, pur facendosene vanto, dimentica l'Universo, le cose, i viventi e il loro tempo, più i popoli che non sanno scrivere.

La storia comincia appunto con l'invenzione della scrittura, e in tal modo esclude crudelmente i popoli che non ne fanno uso; spinge dunque a giudicare preistorici dei contemporanei. Per fortuna, una scienza umana, umana tanto in senso morale quanto in senso scientifico, l'etnologia, cerca di avviare a tale dimenticanza. Poi trascura i tempi che precedettero questa invenzione. Per fortuna, una scienza umana, tanto morale quanto scientifica, la preistoria, cerca di ovviare a tale dimenticanza. Per descrivere l'apparizione, tre o cinque milioni di anni fa, di Homo, il nostro antenato, propone diversi scenari che tengono conto dei cambiamenti del clima, della vegetazione e della fauna circostanti. Interessata esclusivamente all'uomo, la storia, narcisa, dimentica l'evoluzione del vivente, così come le sue origini, sepolte in un intervallo di tempo di quasi quattro miliardi di anni. Ma, a sua volta, l'emergenza dei viventi non può essere compresa che a seguito di una durata, di nuovo dimenticata dalla storia, di quindici miliardi di anni, nel corso della quale la Terra, l'Universo e le cose nacquero e costruirono il mondo di cui oggi beneficia lo storico, il quale dimentica che il cavallo di Alessandro, il legno e il ferro della sua lancia, le terre coltivate devastate dai suoi eserciti, i batteri che uccisero i suoi nemici hanno pure loro una storia, incomparabilmente più lunga della nostra. Io non dimentico i piccoli racconti della storia, preziosi, vaghi e crudeli; al contrario, presto la massima attenzione a definirne l'area, quella di una disciplina che si definisce attraverso questa precisa serie di dimenticanze.

Fondato su di essa e, talvolta, sulla preistoria e sull'etnologia, il vecchio umanesimo, narciso e povero di mondo tanto quanto la storia, finalmente cede il posto a un nuovo umanesimo, la cui costruzione, ancora in corso, immerge l'uomo, le sue pratiche, le sue collettività e il suo pensiero inventivo tra i viventi e le cose, così dimenticati, un tempo e fino a poco fa, e così sviliti allo stato di oggetti, che ormai rischiano di scomparire sotto la smemorata violenza del vecchio. Perché il narcisismo non rimira solo la propria immagine nello specchio di una fonte ma, narcotico, silura e uccide tutto attorno a sé – intimista, un poco, e distruttore nevrotico tutt'intorno. Finalmente umane, le scienze ritrovano il mondo, le cose e i viventi, da cui procedono gli uomini che fanno le scienze. Più umili, allora, gli uomini ridiventano umani.

Nuovo colpo, questa volta decisivo, inferto al nostro narcisismo. Certo, alcune delle nostre collettività scoprirono, inventarono persino le scienze dell'Universo, della Terra e della vita, ma in cambio, queste discipline insegnarono loro, nel Grande Racconto e attraverso di lui, che l'Universo, il mondo e la vita li inventarono. Producemmo un sapere i cui oggetti ci produssero».

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

 

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