"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Filippo La Porta
Maestri irregolari
Una lezione per il nostro presente
Bollati Boringhieri, 2008
Parlare di maestri in questo nostro tempo, in cui l'esperienza è così accelerata e impoverita da non essere quasi più trasmissibile, e in cui sembra essersi compiuta la profezia di una società senza padri, suona paradossale. Sfidando l'inattualità, Filippo La Porta ci indica un pugno di figure esemplari: Nicola Chiaromonte, George Orwell, Simone Weil, Albert Camus, Ignazio Silone, Arthur Koestler, Carlo Levi, Hannah Arendt, Christopher Lasch, Pier Paolo Pasolini, Ivan Illich. La loro esemplarità non ha nulla di intimorente, non prevede adesioni dottrinarie, né appartenenze chiesastiche.
Non si tratta di padri, ma di fratelli maggiori, oggetto di un sentimento morale oggi caduto in discredito, l'ammirazione. Espulsi di fatto dal nostro orizzonte culturale, disinnescati da morti dopo essere stati scomodi o inassimilabili in vita, i loro ritratti lasciano affiorare più di una parentela ideale, al di là delle solidarietà contingenti, dei moti simpatetici che qualcuno ebbe per l'altro.
Tutti sono accomunati da un particolare legame tra biografia e pensiero. In tutti agisce una passione per la realtà che li spinge a criticare l'esistente e insieme a diffidare del futuro quale ultimo abbaglio dell'ideologia, a pensare irreducibilmente da soli e a non cedere alle lusinghe della forza, da sempre alimento della peggiore mentalità politica. Alla loro religiosità senza fede, al loro saggismo incurante di convenzioni letterarie La porta si rivolge perché ci aiutino "a guardare sempre ciò che va visto. Che cos'altro chiedere a un maestro?".
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