"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

«Il monito della ninfea», un viaggio dentro il limite

Effetti Vaia. Val Cadino (Trentino)

di Emilio Molinari *

Un vento a 150 km/h, lo schianto di un bombardamento e l'inimmaginabile. 42500 ettari di bosco, cancellati. Cancellata la storia di luoghi. Una cultura millenaria come quella della montagna e delle sue comunità, già spopolate o stravolte dalla modernità e dagli stili di vita consumistici, perde un pezzo, ma lo perdiamo tutti. Questo sta scritto nel libro “Il monito della ninfea” di Michele Nardelli e Diego Cason.

Perdiamo ossigeno, perdiamo lavoro di cura del territorio, perdiamo bellezza, perdiamo piaceri tutti nostri, che non si comprano in un centro commerciale, come camminare soli in un bosco, mentre il tuo cervello è libero di far volare i tuoi pensieri, perdiamo profumi, leggende, canzoni.

Sul disastro della tempesta Vaia, gli autori ci danno dati e cifre, mischiando ambiente, economia e dolorosi sentimenti. Scandagliano il disastro per andare oltre, ne descrivono le interconnessioni con il mondo globalizzato, con il clima e il riscaldamento dei mari, con i disastri precedenti e quelli che si annunciano, evidenziano quel vento, nella metafora del famoso “battito delle ali di una farfalla” che qui si vede, si materializza, si ripercuote a migliaia di chilometri, sui mercati globalizzati del legno il cui prezzo precipita e qualcuno si arricchisce a dismisura e altri si impoveriscono.

Leggendo il libro si viaggia dentro il limite che l'uomo non vuole porre ai suoi desideri, alle sue ambizioni, ai suoi piaceri, al suo eguagliare Dio. C'è il fallimento del paradigma del Novecento, ma forse c'è qualcosa di più. C'è anche il fallimento del dogma scientifico: la scienza e la tecnologia ci salveranno comunque... non hanno limite.

Ritrovo il mio pensiero e di chi, dagli anni '80 ha cominciato a inquietarsi ponendosi tanti interrogativi. Nel libro c'è il monito delle Cassandre inascoltate, perché come tanti, come gli autori, questo siamo stati per anni e dovremo esserlo ancora. Inascoltati e talvolta ammoniti dalla politica.

Dopo la tempesta Vaia c'è stato l'incendio delle foreste in Siberia, poi in Australia e in Amazzonia... foreste, luoghi, comunità, cancellate e di nuovo CO2 nell'aria, clima e surriscaldamento. Come faremo a contenere il riscaldamento del Pianeta dentro1,5 gradi prima della fine del secolo?

E se non è il clima o un altro virus, è l'acqua. Il Rapporto dell'ONU del 2020 sull'acqua ci dice che in cento anni abbiamo aumentato i consumi idrici di ben 6 volte e che a metà secolo – se non si cambiano i consumi – mancherà il 47% di questa risorsa. Nove miliardi chiusi in città di 30 – 80 milioni di persone.

Michele Nardelli e Diego Cason nel libro partono da quei milioni di alberi caduti nella guerra scatenata dai nostri consumi, per guardare al grande interrogativo dell'ecologia integrale di Papa Francesco, del come cambiare per salvare il Pianeta, come innestare una transizione ecologica.

Fanno lo sforzo che condivido, di rendere lo scritto anche un libro di narrativa, evocativo, spirituale. Raccolgono l'appello di Amitav Gosh il grande narratore bengalese che rimprovera gli scrittori di aver lasciato la grande crisi ambientale ai tecnici e agli scrittori di fantascienza. Di aver condannato la narrativa a parlare solo dell'uomo, dei suoi desideri, della sua felicità, dei suoi incubi, tralasciando il non umano, il bosco, il fiume, la terra. E questo sta scritto nelle ultime cento pagine.

Ora è arrivato il Covid 19. Il libro è un annuncio a questa tragedia epocale.

Il mondo si è fermato. Abbiamo praticato per quasi tre mesi una decrescita quasi totale. Non l'hanno fatta gli ambientalisti, l'ha fatta un virus, anzi l'ha fatto il Pianeta che ci respinge. Siamo stati costretti, malgrado la politica abbia mancato tutti gli impegni presi: da Rio 1992 a Kyoto, a Parigi, a tutte le 26 Coop. La fermata era il momento di innestare il cambiamento, finora non è avvenuto, non ci sono stati ripensamenti.

Tutto sembra riproporsi: i sindaci vogliono ripartire con il cemento, a Milano con i grattaceli che resteranno vuoti perché il lavoro sarà fatto a casa e per prendere gli ascensori ci vorranno quattro ore al giorno. Tutto è pronto per il turismo, per la movida, per le navi grandi come città, per gli armamenti e per le automobili. Ma è una ripresa senza futuro... il Monito della Ninfea resta lì da leggere e per cercare risposte.

* Emilio Molinari è una figura storica dell'ambientalismo italiano, oltre che animatore del gruppo lombardo che portò alla chiusura della centrale elettronucleare di Caorso. Già consigliere regionale, parlamentare europeo e senatore, è stato presidente del Comitato italiano per un Contratto mondiale sull'acqua 

 

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