"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

La difficoltà di costruire le comunità di valle, la responsabilità di una nuova classe dirigente.

totò e peppino

di Roberto Pinter

Le difficoltà emerse nella nascita delle comunità di valle e soprattutto la vecchia ritualità con la quale si scelgono gli amministratori delle stesse sono un campanello d'allarme che è bene ascoltare...

E' del tutto evidente l'incapacità da parte degli amministratori comunali di offrire l'energia, l'entusiasmo e le risorse umane necessarie per dare vita ad una nuova stagione dell'autonomia con l'attuazione della riforma istituzionale. Ed è altrettanto palese l'assenza dei partiti che dovrebbero supportare e guidare questo processo laddove le dimensioni civiche dell'impegno amministrativo non sono sufficienti.

Le difficoltà non riguardano solo gli amministratori alle prese con statuti mal sopportati, con la prospettiva di nuove competenze delle quali non si riescono ad immaginare gli sbocchi, con la formazione di assemblee e di giunte come risultato di compromessi che impediscono l'emergere di nuove risorse. Le difficoltà investono anche la società civile e le articolazioni economiche, basti guardare a quello che complice la crisi agita il mondo delle cantine sociali, dei caseifici, dei consorzi frutticoli, degli impianti di risalita, delle famiglie cooperative, delle associazioni imprenditoriali. Non sono solo difficoltà economiche, che mettono in luce l'improvvisazione e la debolezza imprenditoriale, sono soprattutto le difficoltà di una classe dirigente che di fronte al bisogno di cambiare, di riformare, non riesce ad essere motivata, capace e responsabile.

C'è stanchezza tra le fila di chi è stato abituato ad un sistema dove si poteva solo crescere e dove comunque interveniva mamma Provincia a salvare capre e cavoli. C'è difficoltà ad assumersi nuove competenze e nuovi rischi, perché non è facile e perché una "vecchia" classe dirigente non è motivata a farlo.

La riforma istituzionale, criticabile finché si vuole, rappresenta un'occasione per cambiare volto alla gestione dell'autonomia provinciale ridisegnando la Provincia e costruendo delle comunità di valle protagoniste del loro futuro, e invece viene vissuta come un adempimento burocratico da interpretare in senso restrittivo e continuando a lasciare tutto il potere nelle mani della Provincia e del suo Presidente.

Si può rovesciare questa situazione? Si possono utilizzare le prossime amministrative e le prossime elezioni, che saranno anche dirette, delle comunità di valle, per porre la prima pietra nella costruzione di una nuova (non c'entra l'età) classe dirigente che prenda in mano le sorti delle proprie comunità? O siamo destinati a proseguire con stanca ritualità rimanendo in mezzo al guado tra il sistema amministrativo che conosciamo e l'idea di governo del territorio di cui avremo bisogno?

Io credo che a partire dal Partito Democratico tutti siamo chiamati a misurarci con queste difficoltà e tutti abbiamo un'occasione che non dobbiamo sprecare.

Partendo dalla responsabilità, perché non ci sarà mai sussidiarietà, non ci sarà mai riforma dell'autonomia, non ci sarà mai autogoverno dei territori, se non ci sarà la capacità di assumersi la responsabilità delle scelte che tengano conto del limite delle risorse, che facciano leva sulle proprie di risorse, che non aspettino che altri facciano quello che ognuno è in grado di fare, che siano solidali verso chi ha meno ed esigenti verso chi ha di più, che non rinviino alla Provincia la risposta alle difficoltà e la risoluzione dei conflitti spogliandosi così di ogni potere.

Proseguendo con la condivisione perché non può esserci comunità né progetto di sviluppo che non abbia come requisito la condivisione sociale, economica ed istituzionale: non basta l'accordo nella spartizione dei fondi o nella distribuzione delle cariche per avere una comunità, ci vuol ben altro e ciò significa condividere i rischi e ridistribuire i ricavi, che si tratti di investimenti per la formazione e la ricerca, riorganizzazione dei servizi, o progetti di sviluppo.

Responsabilità e condivisione devono segnare la crescita e l'operato di una classe dirigente che accompagni la nascita delle comunità con un progetto che non si limiti al profilo elettorale. Una classe dirigente alla quale ogni forza politica è chiamata a contribuire favorendo l'emergere di donne e uomini che a prescindere dal loro attuale impegno politico possano, per competenza, per esperienza, per passione, esprimere il meglio di ogni comunità e renderla protagonista.

C'e bisogno di idee attorno alle quali chiedere la coesione di una comunità, ma c'è altrettanto bisogno di persone che abbiano la determinazione e la responsabilità per tradurle in pratica, in proposte politiche e in azioni coerenti. Solo così la sussidiarietà potrà attuarsi e la Provincia sarà riformata. In questa direzione intende lavorare il Partito democratico, attraverso i propri circoli e aperto ad ogni contributo.

 

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