"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Federico Zappini *
(3 aprile 2021) Trento ha nomea, non del tutto immotivata, di posto sonnolento.
E’ paesone di montagna per posizione geografica, clima non sempre mite e tratti antropologici dei suoi abitanti, me compreso. La cosa ha i suoi pregi (molti) e i suoi difetti (non pochi). È contesto culturale non troppo propenso alla sperimentazione, geloso delle tradizioni – anche oltre il valore assoluto delle tradizioni stesse - piuttosto abitudinario negli atteggiamenti e nella progettazione. Chi lascia la strada vecchia per la nuova … eccetera eccetera.
Le abitudini, lo sappiamo, ci aiutano a orientarci e a mantenere l’equilibrio. Ci mettono al riparo dalle temperie della complessità che ci circonda. Se si irrigidiscono troppo però rischiano di trasformarsi in conformismo, il sentimento meno generativo a cui ci si possa affidare. La creatività – al contrario – trova carburante vitale proprio nella rottura degli schemi, nelle espressioni meno concilianti della fantasia e del desiderio, nel curioso percorrere le strade meno battute. Per questo motivo diffida delle ripetizioni, dei vincoli, delle formule preconfezionate. Esercita – è questa la sua più grande ricchezza – la ricerca e l’innovazione. Lascia briglia sciolta all’immaginazione.
Il cinema Astra si inserisce (uso volutamente ancora il tempo presente) nella mappa, ricca ma non ricchissima, di esperienze che a questo modo di essere e fare cultura dedicano la propria attività quotidiana.
Infatti le sale di corso Buonarroti rappresentano per molti e molte un luogo di scoperta cinematografica e di ricomposizione socio/culturale, punto di riferimento e strumento di crescita individuale e collettiva. La loro chiusura – accelerata dagli impatti della pandemia così come sta avvenendo anche altrove, con teatri, circoli e club – produce da un lato l’impoverimento dell’ecosistema culturale trentino e impone dall’altro una riflessione più generale su quale sia la relazione che intendiamo stimolare tra cultura e tessuto urbano e comunitario.
La lunga e dolorosa sospensione da Covid19 che ormai si protrae da un anno ci offre l’opportunità (in questo frangente come in mille altri) di ripensarci. Diinfuturarci, così come mirabilmente consigliava Dante nel XVII canto del Paradiso. Protenderci verso il futuro quindi, preferendo questo movimento alla nostalgia del passato. Ecco allora che non avrebbe senso immaginare il cinema Astra ricostruito “dov’era e com’era”, come in reazione a un terremoto, ma si deve ambire a un progetto inedito che coinvolga fin dall’inizio una pluralità di realtà. Dalla Trentino Film Commission al Filmfestival della Montagna passando per le imprese della filiera e i diversi animatori culturali cittadini. Perchè non nei locali dell’Ex Questura di piazza della Mostra, già apprezzato set negli ultimi anni per diverse produzioni cinematografiche.
Allargando lo sguardo, il tema della riqualificazione urbana a base culturale deve essere uno dei filoni su cui investire tempo ed energie. Il nuovo utilizzo degli spazi dell’Ex Santa Chiara può essere lo stimolo giusto per l’intera città e – perché no – per l’intera provincia, viste le dimensioni e le potenzialità del contesto su cui potrà contare. Questo è solo l’esempio più evidente – decine se ne dovrebbero cercare e attivare quartiere per quartiere – di un approccio costante e capillare al ri-utilizzo e alla ri-progettazione di luoghi abbandonati o sottoutilizzati.
Un’opera di ricucitura urbanistica e sociale che si basa sulla convinzione che cultura e creatività siano fattori decisivi tanto per l’animazione e lo sviluppo di comunità (lato welfare e cura quindi) quanto per quelli della abilitazione alla partecipazione e alla cittadinanza (lato democrazia, formazione e ricerca) e dello sviluppo economico, con il definitivo riconoscimento della dimensione imprenditoriale e lavorativa del comparto, non da intendersi come un limiti e un ostacolo ma come un valore aggiunto decisivo per rendere vitale e generativo l’intero ecosistema culturale.
Con la cultura si mangia. Si deve mangiare.
E anche con la cultura – è questo l’indirizzo del Next generation EU e del progetto in esso contenuto dal titolo New European Bauhaus – si costruiscono le condizioni per un nuovo concetto di sostenibilità, insieme ambientale, economica e sociale capace di trasformare e migliore mentalità e comportamenti individuali e collettivi, le forma dello spazio pubblico e la qualità della vita che su di esso si inserisce.
Se Trento vuole essere protagonista di questo processo globale – rigoglioso e affascinante da ogni lato lo si guardi – è il momento di agire con coraggio e curiosità, di aprirsi a una nuova fase di co-progettazione e co-creazione che coinvolga tante e tanti.
* da https://pontidivista.wordpress.com/
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