"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Martin Pollak
Topografia della memoria
Keller editore, 2021
Letteratura: tra presente e passato.
Una riflessione a partire da Topografia della memoria, di Martin Pollack1
di Micaela Bertoldi
(16 settembre 2021) Riflettere su memoria e rimozione: un imperativo del nostro tempo. E’ ciò che ribadisce Martin Pollack con un libro la cui copertina, spiega: “Un ammonimento impressionante contro la rimozione e l’oblio”.
Pollack mette in pratica la decisione di rompere il silenzio, dare libero sfogo ai ricordi. Insieme ai ricordi sdogana domande del tutto attuali attraverso pagine accomunabili fra loro, al di là della data in cui sono state scritte e, soprattutto, al di là dell’epoca di riferimento dei fatti, poiché le domande poste con ritmo incalzante sono la cifra basilare.
Interrogativi che scaturiscono dall’ansia di voler sapere cosa sia accaduto, per quali ragioni sia stata possibile la sequenza indicibile di orrori, sia a livello di scontri interetnici, al tempo della dissoluzione dell’Impero austro-ungarico, sia durante la seconda guerra mondiale e l’adesione di massa al nazionalsocialismo.
L’autore, mettendo a fuoco l’immagine di alcune persone intercettate nella realtà, ricava dai loro volti una retrospettiva sulla storia di cui sono stati testimoni, mettendo i lettori di fronte al dovere di saperne di più, di conoscerne i risvolti tristi e difficili, la complessità dei fenomeni e le origini di ciò che ha determinato adesione o rifiuto delle tendenze dominanti che hanno segnato il secolo e ridisegnato la stessa geografia europea.
Sto leggendo questo libro in piena crisi dell’Afghanistan, con gli ultimi giorni del ponte aereo - entro il 31 agosto 2021 - che dovrebbe portare in salvo gli afghani in fuga, sapendo che chi è finora riuscito a salire sui veicoli, si trova tra i salvati e gli altri sono i sommersi.
Avverto la responsabilità dell’Occidente che per decenni ha permesso la ‘burla’ della spiegazione di tante guerre incentrata sull’alibi di “dovere esportare la democrazia” in paesi illiberali: come se l’uso di armamenti da parte di forze esterne potesse rispondere ad un valore di libertà, mentre in azione erano interessi economici, di rapina di risorse, di sopraffazione di intere aree geografiche da tenere subalterne alle grandi (?) potenze.
Rendendosi conto di ciò, si è consapevoli della totale inadeguatezza individuale, della necessità che sia l’insieme della popolazione, italiana, europea, occidentale (ma non solo) a rendersene conto e a reagire.
Il volume si presenta, apparentemente, come una collezione/antologia di saggi e articoli, che tuttavia assumono il senso di un percorso su un unico binario: quello che conduce il treno della rielaborazione consapevole di una intera epoca attraversando luoghi e periodi diversi, per rivedere l’insieme di vita delle popolazioni dell’Europa di mezzo, tra Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Ucraina, Germania.
Testimonia la volontà di risalire attraverso singole vicende di famiglia, fotografie, ricordi di viaggi compiuti per svolgere dei reportage giornalistici.
Martin Pollack, nato a Bad Hall nel 1944, austriaco–polacco, figlio naturale di Gerhard Bast, Sturmbannfhrer delle SS, responsabile tra l’altro, di operazioni durante l’invasione della Polonia e della fucilazione di molti ostaggi, “scomparsi” in una fossa fantasma, obliata da tutti, ancora oggi. Per questo Martin ha assunto il cognome del patrigno, rifiutando quello del padre e la discendenza dalla famiglia nazionalsocialista da cui proveniva.
L’autore si avvale delle immagini di un amico fotografo, capace di cogliere singoli attimi, con personaggi significativi del modo in cui la gente, le persone, affrontavano passaggi storici essenziali. Così facendo, mostra la mentalità diffusa nell’Austria prima della salita al potere di Hitler, l’acquiescenza alla cultura suprematista e all’odio contro gli ebrei, la responsabilità dei professori del liceo di Wels nell’istruire al pensiero nazionalsocialista ancora prima dell’avvento del nazismo.
“Illustra” l'epoca dopo la caduta del nazismo con la rimozione delle colpe, il passaggio da impero sovietico a singoli Stati, la divisione tra Cechia e Slovacchia, le visite di papa Wojtyla in Polonia, la sua volontà di lasciare una chiesa agli Uniti di Przemysl, città al confine con l’Ucraina, dato che ne erano privi, con le conseguenti proteste popolari.
I Cattolici Uniti in Polonia erano una minoranza, e come tale “doveva” pagare per le tante ferite, per le deportazioni e i massacri patiti a seguito degli scontri tra polacchi e ucraini (specie durante la seconda guerra mondiale, quando gli ucraini avevano partecipato a stragi naziste contro i polacchi).
Ed oggi, in Afghanistan, ancora una volta, sommersi e salvati. Nuovamente, come nella tragedia del nazifascismo, come nella costante oppressione colonialista e nelle tragedie causate dal delirio del terrorismo di Isis. In Afghanistan in primo piano, pare sia in azione l’Isis del Kohroshan in un paese adesso in mano ai talebani.
Sento l’impotenza di fondo, il fallimento di tanti ideali, percepisco l’esistenza di analogie con i sentimenti delle masse del periodo pre-nazista, evidenziati da Pollack con una sincerità descrittiva relativa al proprio ambiente familiare e alle tante complicità in esso presenti, e mi interrogo su quale e quanta complicità noi italiani abbiamo sostenuto e avvalorato in passato e su quanta indifferenza alberghi nelle nostre popolazioni rispetto a quanto sta succedendo oggi.
Soprattutto avverto una coltre di confusione che cala sulle menti a ottundere la visione di ciò che sarebbe necessario fare per invertire la rotta.
Martin Pollack riflette sul padre, lo sconosciuto. Si rammarica di non aver cercato di porre delle domande quando avrebbe potuto farlo, per approfondire le storie di alcuni personaggi significativi del loro tempo, così da avere chiara consapevolezza del passaggio da un prima a un dopo del sistema in mutazione; avverte i vuoti di conoscenza a proposito di ciò che suo padre era stato e di quanto si era reso colpevole.
Lo ha rifiutato in quanto nazionalsocialista convinto, perfetto esempio dell’atmosfera della intera famiglia e dell’adesione generale ad un clima di odio e prepotenza. Tuttavia forse avrebbe dovuto saperne di più, se non altro per denunciare i tanti risvolti tragici di quell’epoca passati sotto silenzio, rimossi.
I brani raccolti in “Topografia della memoria” si rifanno ad anni come il 2008, 2011, 2012, 2013, 2014, 2016.
Mi rendo conto che recentemente ho trovato narratori che hanno messo su carta delle storie, cercando di interpretare le curiosità e le domande di chi si è trovato ad essere discendente di ambienti compromessi con il fascismo.
In questi due decenni del Ventunesimo secolo sono usciti o sono stati ripubblicati dei testi assai significativi.
Per citarne alcuni, penso a Ramiro Pinilla, con il suo L’albero della vergogna2 dove viene raccontata la storia di un falangista, inchiodato ad un esilio, una specie di eremitaggio volontario, per espiare l’uccisione di innocenti durante le spedizioni punitive degli invasati del regime franchista nel 1937.
Chiamo in causa Bjorn Larsson,con il suo Nel nome del figlio3. In questo suo recentissimo romanzo, l’autore (nato nel 1953, docente di letteratura francese all’Università di Lund), proprio come indica il titolo, capovolge il classico “In nome del padre”, e dipana una riflessione biografica ed autobiografica che verte sostanzialmente sull’assenza del padre, sulla non presenza pur quando egli era in vita. Un padre di cui il figlio non sa nulla, di cui teme o comunque si chiede se ne abbia ereditato i caratteri, pregi e difetti insieme.
Un libro in cui il figlio ha da fare i conti con sé stesso, cercando di metabolizzare la delusione esistenziale provata nei primissimi anni, prima del 27 agosto del 1961, quando il padre, salito su una piccola barca a motore insieme ad altri sei uomini e due bambini, non era più tornato perché la barca si era capovolta.
Un libro che richiama l’attenzione su quanto le generazioni successive possano tramandare e /o proseguire, nelle colpe e nei comportamenti nobili, ciò che hanno ricevuto dai padri, da chi le ha precedute.
Tre autori che si interrogano sul senso di un secolo in cui i loro padri sono stati protagonisti, nel bene e nel male, e di cui non conoscono quasi nulla. Con la domanda rilevante circa il peso del silenzio con cui si sono coperte delle atrocità.
Silenzio da cui possono derivare altre situazioni delittuose, tragiche. Argomenti peraltro trattati anche nel mio Intrecci. Stralci di narrazioni familiari sullo sfondo della “piccola Europa”4 e in Tra storia e memoria di Erica Mondini Scienza5.
“Tutti hanno taciuto” scrive Pollack con riferimento alla fossa in cui furono scaricati i 15 o 20 polacchi dopo l’esecuzione sommaria, nel parco del castello di Radziejowice, da miliziani capitanati dal padre, Gerhard Bast delle SS.
Fin dai primi 55 giorni della guerra offensiva contro la Polonia, in cui la Wehrmacht esercitava il potere militare sui territori conquistati , le esecuzioni riguardavano prigionieri di guerra, ebrei, semplici civili. “Negli anni dopo il 1945 non si parlava, si tacevano molte cose, le si copriva col silenzio”. La generazione dell’autore, come quelle successive, è cresciuta in quel silenzio a cui si è abituata e alla fine non è stato per niente facile rompere questo silenzio che aveva anche un effetto lenitivo, calmante e soporifero. E Pollack continua:“A posteriori devo dire che ci abbiamo messo molto, troppo tempo”.
Spesso i morti venivano ripresi dal fotografo e le fotografie sono oggi oggetto di mercato, promosse con appellativi utilizzati dai nazisti al tempo: “cecchino polacco, partigiano, assassino, guerrigliero”, per non far dubitare dell’onore dei soldati tedeschi. Pollack definisce ciò “lessico contaminato”, “Terminologia disgustosa della propaganda nazista”. Ed aggiunge: “E’ il commerciante di fotografie che rende pubblici gli scatti della Seconda guerra mondiale, a servirsi della lingua di Heinrich Himmler. Nel 2012!”[…] Il commercio delle fotografie della Wehrmacht è una zona largamente inosservata dal pubblico in cui il lessico disumano del nazionalsocialismo continua a vivere, o viene coltivato in modo del tutto consapevole”. Ad esempio si parla di Femmine russe, non paragonabili alle donne tedesche, bensì femmine, Untermenschen slave.
Sono fotografie private che “affiorano in massa sul mercato, si fanno molti soldi. Soprattutto con le immagini delle vittime. Ebrei, polacchi, russi, “zingari”… Più sono drastiche e brutali, più alto è il prezzo”.
Si rimane allibiti: la tragedia trasformata in merce di scambio su cui speculare. E di spunti simili a questo se ne trovano assai nelle pagine di “Topografia della memoria”.
Quindi si aprono baratri di angoscia considerando che quanto accaduto in passato sta ripresentandosi sotto altre forme, in altre vesti: come se non si fosse capita la lezione della storia.
“La frammentazione della nostra società si è ulteriormente velocizzata negli ultimi anni” ed è un fatto che incide sulla memoria collettiva, scrive Pollack.
La memoria non è uno spazio uniforme, bensì «un costrutto ideologico, un postulato politico con il quale ci si vuole isolare dall’Altro con le sue esperienze altre, i suoi ricordi altri e anche il suo dimenticare altro,perché il ricordo è sempre inscindibilmente legato al non-ricordare, al dimenticare.[…] Il tentativo di esigere una memoria uniforme è pericoloso perché mira a una divisione della società e all’emarginazione di determinati gruppi».
Per questo risultano importanti le parole di ammonimento circa la rimozione, ponendo il problema del ricordo e dell’oblio, perché si devono fare i conti con la eredità culturale e comportamentale di chi ci ha preceduto e per ri-generare il nostro sguardo sul presente.
1 Martin Pollack, Keller Editore, Reportage, Rovereto, 2021) citazioni cfr. p. 16, p. 65, p.157, p.72, p.159, p. 160, p.159,p. 108, p. 109
2 Ramiro Pinilla, Fazi Editore, 2020 , uscito in Spagna nel 2006
3 Bjorn Larsson, Ed. Iperborea, 2021, trad. dallo svedese di Alessandra Scali.
4 Micaela Bertoldi, contributi di Ugo Morelli e Michele Nardelli, Ed. Fondazione Museo Storico del Trentino, 2014
5 Erica Mondini Scienza, Ed. Del Faro, collana EquiLibri, 2021
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