"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Federico Zappini *
Qual è il lascito più rilevante delle recenti elezioni politiche? L’ampia affermazione di un governo a trazione conservatrice? Il crescere dell’astensione? La fragilità dell’opposizione, parlamentare e sociale? La polarizzazione del dibattito pubblico? Tutte fonti di viva preoccupazione ma che mi sembrano esiti di un difetto che sta a monte, di una crisi di sistema. La Politica è in ostaggio.
Ostaggio dei partiti che ne dovrebbero essere pietra d’angolo e che spesso ne sono ostacolo alla piena realizzazione. Ostaggio delle leadership (eterne o istantanee) che ripropongono all’infinito la sfida mediatica e muscolare della personalizzazione. Ostaggio della fretta e della mancanza di pazienza nel darsi il tempo della comprensione, dell’analisi, dell’elaborazione, il tempo dell’amicizia politica e del conflitto, del dubbio e del rischio. Ostaggio della mancanza di immaginazione.
Che fare allora? Predisporsi ad accogliere l’inatteso è premessa indispensabile, lì sta la possibilità. Rompere le consuetudini e gli schemi per hackerare lo status quo è una scelta obbligata. Costruire l’Oltre è il compito da assumersi, alla ricerca della destinazione cui tendere.
Ecco, una destinazione. Uno spartito prima che un partito. Persfidarci nella definizione di una piattaforma ecosocialista e autonomista, l’unica capace di tenere testa alla concatenazione di crisi che segnano quest’epoca. Un “terzo spazio” che, come ha segnalato il direttore Simone Casalini nel suo primo editoriale dedicato al linguaggio del futuro, impone la “rinegoziazione delle identità” e la disponibilità al dialogo, alla reciprocità e all’ibridazione. All’andare Oltre, insieme.
Oltre il PD e una certa idea di progressismo liberista, riaffermando la centralità della giustizia sociale in una società malata di precarietà. Lavoro e accesso al reddito, con o senza un impiego a giustificarlo, a farcelo “meritare”. Diritto alla casa e politiche abitative e sociali che siano fattore armonizzante delle scelte urbanistiche e pianificatorie. Una scuola giusta (che sia pubblica lo diamo per scontato…) che si fa carico di fragilità e diseguaglianze, che forma e accompagna esseri umani - e non solo forza lavoro - nel confronto con la complessità e che valorizza i soggetti che la animano, gli insegnanti in primis. Sanità, accessibile e diffusa, e welfare universalistico per ridare senso al concetto di sicurezza. Tutela ed estensione dei diritti civili, elaborazione di politiche di genere, femministe e intersezionali, lotta contro il razzismo sistemico come elementi di connessione fondamentale dell'identità di ognun con un’idea di cittadinanza che fa della della convivenza il suo tratto distintivo.
Oltre l’ambientalismo per come lo abbiamo saputo interpretare fin qui, reattivo e spesso marginale e marginalizzato, riconoscendo - come l’ambientalismo stesso e la scienza da decenni invitano a fare - che le dinamiche ecologiche sono il principale driver per il presente (conversione o estinzione?) e per il futuro della vivibilità dell’intero ecosistema planetario. Acqua, biodiversità animale e vegetale, energia e lotta al cambiamento climatico. Aria, mobilità sostenibile e gestione della relazione tra produzione e consumo. Terra, agricoltura, cibo, montagna, foreste e un modello turistico non di massa ed non estrattivo. Questi sono a ben vedere gli elementi per una matrice economica che tiene in considerazione il limite delle risorse naturali e l’obbligo umano di ridurre la propria impronta ecologica, oggi fuori controllo.
Gli elementi - a maggior ragione - della prossima fase dell’Autonomia trentina, responsabile di una regione alpina fragile e rugosa, in netta prevalenza composta di terre alte e verticali, non adatta a modelli produttivi intensivi, ma votata al mutualismo e abituata a fare i conti con la scarsità e con l’agire cooperativo.
Oltre l’autonomismo con lo sguardo rivolto al passato quindi, perché continuare a credere nell’autogoverno territoriale non significa solo difendere i diritti acquisiti dal secondo dopoguerra in avanti (porsi così può trasformare l’Autonomia addirittura in un privilegio), ma è esperienza quotidiana di manutenzione, cura e rigenerazione. Restituire all’Autonomia questa tensione significa rinsaldare le trame comunitarie e rilanciare il senso e il ruolo dell’unicità che le riconosciamo sia verso nord (in chiave europea più che solo tirolese) che verso sud (esiste da sinistra un’alternativa credibile all’autonomia differenziata tale da rivendicare la ricchezza del pensiero federalista, in quanto sussidiario e solidale e non egoistico e interessato?).
Questo mio intervento non vuole essere di sola analisi ma di rilancio, di invito e di disponibilità alla collaborazione immediata e concreta. Perchè il percorso che deve svilupparsi da qui alle elezioni provinciali dell’autunno 2023 deve nascere al punto di incontro tra una nuova proposta politica (Oltre le case politiche attuali e dentro una loro nuova, vitale, sinergia) e una rinnovata comunità politica - fosse anche giovane e donna non sarebbe dettaglio da poco - in grado di esserne interprete autentica e riconosciuta.
Di ognuno dei superamenti di cui ho accennato qui sopra - di quegli slanci verso l’Oltre - mi sento direttamente coinvolto, alla costante ricerca di complici che ne condividano l’urgenza e l’aspirazione. Aspira, verrebbe da dire con una battuta, sei in Trentino.
* commento apparso sul quotidiano "il T" del 15 novembre 2022
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