"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Acqua: memoria, verità, speranza

Quello che un tempo era il Mare d'Aral

di Emilio Molinari *

(22 marzo 2024) L’odierna perdita di memoria lascia dei vuoti dentro i quali trova rifugio l’indifferenza per le catastrofi epocali che già viviamo… a pezzi.

Pensiamo alla guerra mondiale nucleare. È oggi fra le cose possibili, quasi scontata, anche se il nostro cervello non riesce a considerarla tale. Pensiamo alla crisi climatica e idrica. Direttamente o indirettamente, ne percepiamo la minaccia e la accantoniamo. Perché ci dice che le risorse, i Beni Comuni fondamentali alla vita – Aria, Acqua, Terra – si vanno degradando o esaurendo, in una parola vengono a mancare alla produzione di cibo e alle attività economiche.

Guerra e scarsità delle risorse strettamente combinate ci danno la dimensione dell’odierno contesto in cui viviamo. Entrambe ci chiedono un ribaltamento culturale nell’approccio ai nostri bisogni e al consumo delle risorse. E ci chiedono soprattutto una cultura della condivisione: nella loro gestione, nella loro distribuzione, nella loro proprietà, nella visione di una politica collettiva globale. Ci chiedono di guardare al mondo.

Acqua bene comune, un pensiero globale, una campagna mondiale

È una riflessione che ritengo si debba fare attraverso un recupero collettivo della memoria troppo frettolosamente perduta nell’ultimo decennio.

Chi si ricorda? Meno di quindici anni fa, la guerra mondiale e un nuovo possibile genocidio non erano l’incubo incombente che sono oggi. Chi si ricorda che nello stesso tempo una narrazione come quella dell’Acqua e dei Beni Comuni, generava nel mondo un forte movimento di persone, di donne e uomini, di giovani e anziani, che imposero all’ONU la dichiarazione: “L’acqua è un diritto umano fondamentale, condizione per accedere a tutti gli altri diritti”. Lo stesso movimento affermò, in Italia e con un referendum, che l’acqua è un bene comune e pubblico.

Si dirà: sono cose note. Certo, però sicuramente abbiamo scordato quanto questo movimento determinò tra la gente una inedita coscienza della condivisionedei beni comuni e manifestò una loro altrettanta inedita partecipazione diretta.

Chi ricorda lo straordinario “moto popolare” che si determinò dal basso, autonomamente e che, sempre autonomamente, determinò reti nazionali e internazionali percorse dal sentimento solidale, collettivo, umanitario e universale che l’accesso a questi beni è un diritto di tutti, che va garantito, governato attraverso politiche condivise? Tutto ciò non poteva che esaltare e diffondere la cultura della Pace. Eppure questo “moto di popolo” fu prima contrastato da tutti i grandi partiti, sindacati, associazioni ambientaliste e media, e poi umiliato dagli stessi; alla fine cancellato.

Qui sta la grande colpa della politica, in particolare della sinistra: l’occasione perduta di tracciare una nuova alternativa al fallimento delle grandi speranze del Novecento, quella dei beni comuni. Ricordate? Quel movimento visse di comitati locali, che diventarono un corpo sociale capace di produrre politica e cultura, alternative alla corsa al riarmo, al disastro e alla guerra mondiale. Facciamo uno sforzo per ricordare i comportamenti della gente tenendo l’acqua come paradigma. Come il tutto: bere, cibo, energia, lavoro.

Ebbene 15 anni fa le scuole, i quartieri, i paesi, i fedeli nelle parrocchie promossero assemblee e dibattiti su questo. I banchetti si formarono spontaneamente per raccogliere le firme. C’erano file davanti ai Comuni per ritirare i moduli, i bambini imparavano a chiudere i rubinetti per non consumare acqua, ne parlavano le famiglie, proliferavano le casette dell’acqua, fiorivano le mille attività di solidarietà con il Sud del mondo e la pressione sui governi e sull’ONU. In una parola emerse nel popolo la sua parte solidale.

Questa globalizzazione non è stata condivisione

Guardiamoci ora. Viviamo indifferenti ai massacri e agli assedi per un fazzoletto di terra chiamato Gaza. Diamo per scontato il precipitare in una guerra mondiale nucleare e ad ogni siccità misuriamo il drammatico ridursi della produzione agricola. In 80 anni abbiamo ridotto di ben 4 volte la disponibilità d’acqua per persona al giorno.

Il Pontefice ci manda messaggi inascoltati e nel 2019 ci ammonì: “In mezzo alla terza guerra mondiale a pezzi, stiamo andando verso la grande guerra mondiale dell’acqua”.

E attorno a noi? La maggioranza delle persone sembra chiudersi in una paura silenziosa, nell’individualismo, nel tribalismo moderno, nei nazionalismi. Un mondo teso alla conquista, all’appropriazione delle risorse, siano esse petrolio, gas, acqua o terra e ciò che racchiude.

Cessiamo per un attimo di guardare alle guerre con l’occhio, pur assolutamente necessario, dell’esperto di geopolitica e chiediamoci: la Guerra in Ucraina non è anche guerra per il possesso di un grande territorio fertile? Per l’acqua del fiume Dneper (il terzo bacino idrico europeo) e del cibo, grano, olio di girasole? Pensiamo alla dipendenza totale della Crimea da questo fiume attraverso i 400 chilometri del North Crimean Canal, che l’Ucraina ha minacciato di chiusura.

E la guerra Israele Palestina? Non è forse il paradigma della guerra per l’acqua e per la terra rubate? Non è forse il paradigma del moderno orrore? Possiamo parlare di Kurdistan, di Siria, di Iraq attraversate da guerre e terrorismi, senza vedere il destino del Tigri e dell’Eufrate? E che dire delle guerre infinite del Sudan, dell’Etiopia senza vedere e pensare al grande Nilo e al proliferare delle dighe? Che dire della ignorata guerra nel Kashmir con la minaccia di guerra nucleare tra due colossi come India e Pakistan?

22 marzo 2024: il Bene Comune è la Pace

Il rapporto dell’Unesco del 2019 parla di 262 conflitti nel mondo per conquistare l’accesso all’acqua, ci parla di 1000 bambini al giorno che muoiono per mancanza di acqua potabile e ci avverte dell’Africa, del destino dei suoi grandi fiumi, delle sue terre rare, della sua popolazione destinata a raddoppiare entro il 2050 e dell’insanabile fame di risorse delle grandi potenze.

Ecco, ricordiamolo ancora: nel 2010 l’ONU dichiarava l’acqua un diritto umano. E oggi? L’ONU e tutti noi assistiamo impotenti all’uso dell’acqua come arma di distruzione di massa, all’assedio medioevale dell’esercito di Israele a Gaza. Nel 2024 l’acqua è negata per uccidere.

Che fare? Non ho risposte politiche o scientifiche. Vorrei solo contribuire a recuperare la perduta memoria dei Beni Comuni, della condivisionee quindi della Pace. Penso sia la sola capace di dare un'alternativa al genere umano.

* https://ilpassogiusto.eu/

 

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