"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
sabato, 11 maggio 2024
Il Forum disuguaglianze e diversità da quasi un mese gira l'Italia attivando una discussione attorno al volume Quale Europa (edito da Donzelli) in vista delle elezioni europee di inizio giugno.
Questa settimana questo percorso di ascolto e confronto arriva a Trento.
Siamo felici come libreria e come cittadini e cittadine attive di aiutare questa tappa che ci avvicina al voto un po' più consapevoli e un po' più coinvolti.
§§§
QUALE EUROPA...
Capire, discutere, scegliere.
Sabato 11 maggio, ore 10
presso Sala conferenze L'Area, via Manzoni 6
(prima di iniziare via Brennero vedete un grande palazzo con tante piccole finestre...siamo lì!!!)
Partecipano
Elena Granaglia e Pier Virgilio Dastoli dialogano con Caterina Moser e Marco Odorizzi.
Qui l'evento FB se volete farlo girare un po': https://www.facebook.com/events/1176658010175335
Il nostro bisogno di Europa. L'agenda per un impegno collettivo.
di Federico Zappini
Manca un mese al voto per le elezioni europee. Esaurita la trafila che ha portato alla composizione delle liste è bene concentrarsi ora sui temi che dovrebbero costituire l'agenda politica del prossimo quinquennio (almeno, per dotarsi di una minima prospettiva) del percorso comunitario.
Per evitare di ridurre l'esito della consultazione del prossimo giugno a un sondaggio interno alla sfida tra partiti e leader alle prese con il bisogno settimanale di verificare l'andamento del proprio consenso faremmo bene a leggere con attenzione i dati contenuti nel report pubblicato dal Censis (intitolato Lo stato dell'Unione) e ad agire di conseguenza.
Il documento - che fa riferimento a dati Eurostat raccolti nei 27 Stati membri - ci restituisce due informazioni principali, che contribuiscono a produrne una terza. La prima è che l'Europa da quindici anni a questa parte (2007/2023) conta meno sia sul fronte demografico (dal 6,5% al 5,6% della popolazione mondiale, con un progressivo invecchiamento dei propri abitanti) che su quello economico (il PIL europeo sul totale planetario è passato dal 17,7% al 14,5%). Contestualmente a questi due andamenti possiamo osservare quello che il Censis definisce declassamento sociale, ossia - nello stesso lasso di tempo - la variazione negativa dei redditi pro capite per cittadini e cittadine europei. Un fenomeno che, con particolare riferimento ai paesi dell'est e del sud del continente, ha colpito 150 milioni di europei (circa il 30% del totale) precarizzandone l'esistenza nel presente e la speranza nel futuro. La Provincia di Trento risulta tra i venti territori con un risultato peggiore, frutto di una perdita di oltre il 14% - a costo della vita crescente, e non di poco - in termini di reddito disponibile netto pro capite nel periodo 2007/2021.
Non c'è da stupirsi che tale condizione di incertezza finisca per generare (non da sola) una crescente sfiducia nelle istituzioni europee, sotto il 50% di media nell'intera Eurozona, e l'ampliarsi della fascia degli astenuti, oltre il 45% nel 2019.
Dentro un contesto così perturbato c'è da credere che non siano strade buone da percorrere nè quella che si lega esclusivamente a una dimensione valoriale dell'integrazione comunitaria nè quella (una pura menzogna, di pura speculazione) che guarda a un provvidenziale e salvifico ritorno dentro i confini nazionale come soluzione ad ogni problema.
Una strada alternativa, e preziosa, ha deciso invece di seguire il Forum Disuguaglianze e Diversità con la pubblicazione del libro Quale Europa e con il percorso di presentazioni/dialoghi che sta attraversando l'Italia in queste settimane.
C'è infatti un intero blocco di contributi (frutto di un lavoro collettivo che andrebbe preso come esempio) che dalla metà del volume risale verso il suo inizio e che descrive una possibile visione strategica per rinforzare e rendere riconoscibile il pilastro sociale comunitario e insieme dare sostanza agli strumenti macroeconomici e alla fornitura di risorse proprie dell'Unione, oggi troppo fragili e spesso osteggiate proprio dagli stessi Stati membri. Solo impostando in maniera diversa l'assortimento (quantitativo e qualitativo) degli strumenti a disposizione dell'Europa - con un contestuale riordino della sua governance, con un ruolo più centrale del Parlamento e con un progressivo venir meno della regola dell'unanimità nel Consiglio - si potrà dar concretezza all'idea di Rawls secondo cui "la giustizia è la prima virtù cui ogni istituzione deve tendere".
Di fronte alle preoccupazioni di cittadini e cittadine il Forum propone - non da oggi - di investire in welfare (equità nel trattamento dei lavoratori, conciliazione tra lavoro e compiti di cura, garanzia di un reddito di base, protezione sociale e servizi di qualità su base universalistica, uguaglianza di opportunità) e di rifondare lo spirito e il progetto comunitario sulla lotta alle disuguaglianze (lì dove la convergenza in questi decenni non ha funzionato a dovere ampliando i divari) e sulla costruzione convinta e ambiziosa di politiche per la coesione, intesa come obiettivo e strumento per la pianificazione territoriale di uno scenario geografico, economico e culturale vasto e fortemente diversificato.
A queste fondamenta di tenuta socio/economica - insieme alla già ricordata riforma istituzionale, che non può che arrivare da una crescente condivisione di sovranità tra Stati e Unione - è possibile e necessario connettere politiche settoriali che dall'Europa siano in grado di accompagnare da un lato e permeare dall'altro la legislazione e la vita dell'intero continente, riconoscendone le specificità senza mai negare il bisogno di un ancoraggio sovranazionale per stare dentro un Mondo sempre più interconnesso.
E' a questo rapporto tra protagonismo globale da recuperare e impatti locali da ammortizzare che si collegano le proposte del Forum dedicate al tema della salute (da intendersi come bene pubblico europeo, tanto nella ricerca quanto per la tenuta dei Sistemi sanitari), della crisi climatica (il Green Deal non va messo in dubbio ma rinforzato, sistematizzato), della transizione digitale (la gestione e la valorizzazione dei dati ha bisogno di una particolare cura, al riparo del desiderio di profitto a tutti i costi del privato), della riforma del governo d'impresa (un più equilibrato rapporto tra capitale e lavoro genera migliore distribuzione della ricchezza, re-distribuita ma anche pre-distribuita), dell'equità di genere (dove cambiamento giuridico e culturale procedano in parallelo) e delle migrazioni (sulla base di una vera propria rivoluzione di approccio tanto nell'accoglienza quanto nella cooperazione allo sviluppo).
Ne esce un manifesto programmatico - che sarebbe bene qualcuno decidesse di raccogliere anche all'interno di un'ipotesi elettorale - che non dimentica di notare che sullo sfondo delle elezioni di giugno si staglia un contesto internazionale che unisce fronti bellici aperti e insanguinati (l'Ucraina e il Medio Oriente sono i più prossimi, ma non gli unici) con un quadro politico in rapida e scomposta evoluzione (il ruolo cinese da comprendere, l'attesa per il voto negli Stati Uniti, la rinascita africana che procede insieme ai suoi imponenti trend demografici).
Se desideriamo oggi raccogliere e rinverdire il patrimonio dei padri (e della madri) fondatori dobbiamo decidere di ricostruire e praticare con costanza e generosità un ruolo internazionale votato alla collaborazione e alla convivenza pacifica, a una nuova stagione multilaterale - ricordata in queste ore dal Presidente Mattarella nella sua visita alle Nazioni Unite - che dica al Mondo intero, partendo dalla nostra specifica esperienza successiva agli esiti nefasti delle due Guerre Mondiali che "non possiamo continuare ad attardarci in relazioni tra Paesi basate su visioni ed eredità ottocentesche, su pulsioni di potenza". La costruzione di un Mondo altro, che si fondi sulla Pace e su principi di convivenza non-violenta, può passare per il riaffermarsi dell'Unione Europea e della sua peculiare scelta di essere comunità plurale e dialogica, politica e sociale nella forma più avanzata e democratica fin qui sperimentata, pur con le mille sbavature del processo di integrazione.
La sfida è grande e l'esito non scontato. Ci riguarda e ci richiama all'impegno, ora.
Trento, via Manzoni 6 (L'Area)
0 commenti all'articolo - torna indietro