«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»
Manifesto di Ventotene
(23 aprile 2025) Immagino che in molti, nell'assistere a quell'ultima apparizione in piazza San Pietro nel giorno di Pasqua, abbiamo pensato che quello avrebbe potuto rappresentare un ultimo saluto. Se la sentiva, papa Francesco, che non sarebbe durato a lungo e penso che la scelta di stare fino all'ultimo respiro vicino alla propria gente sia stata coerente con il suo Magistero.
Coerenti nelle proprie vite non lo si è mai. La coerenza è una ricerca continua, che ci mette alla prova quotidianamente, dalla quale usciamo il più delle volte sconfitti. Semplicemente perché nessuno di noi è sovrano. Ma nel suo percorso Francesco ha saputo interpretare un tempo particolarmente complesso, nel quale l'intreccio delle crisi richiedeva una riconsiderazione, ad un tempo più umile e più ricca, del nostro posto nella natura.
Un percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita ben lontano dalle logiche con le quali i potenti della Terra esercitano il proprio dominio, senza comprendere che in un contesto interdipendente non ci si può salvare da soli. E dunque inviso, nel corso del quale abbiamo toccato con mano la grande solitudine di papa Francesco. Quegli stessi potenti che ora, di fronte al concludersi del tragitto terreno di quest'uomo, danno l'ennesima prova di ipocrisia.
Nei messaggi di condoglianze gli aggettivi rituali si sprecano, ma ben pochi s'interrogano sul valore e la pregnanza di un papato che ha indicato l'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo, evidenziandone – in occasione dell'Esortazione Apostolica “Laudate Deum” del 4 ottobre 2023 – il carattere di peccato strutturale.
In quella circostanza mi chiesi quale fosse il valore di una “Esortazione” rispetto ad una “Enciclica” o di una “Lettera” e la spiegazione la trovai proprio nelle prime righe dell'“Esortazione” stessa:
«Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti» (Esortazione Apostolica Laudate Deum, articolo 2).
In altre parole, dopo otto anni nei quali la “Laudato sì”, malgrado la sua risonanza globale, non aveva modificato sufficientemente il nostro impegno nella cura del pianeta, serviva uno scossone, un'esortazione insomma, affinché tutte le persone di buona volontà, a prescindere dal loro credo religioso, reagissero adeguatamente ai pericoli che il genere umano stava creando con le proprie mani.
In queste ore seguite alla scomparsa di Francesco, rileggere quel documento diviene un atto di riconoscimento e insieme di assunzione di responsabilità. Nei settantatré articoli dell'Esortazione emerge infatti non solo il richiamo ai temi della crisi climatica globale e della velocità inedita con cui sta avvenendo, al pericolo del paradigma tecnocratico che sta alla base di un essere umano senza limiti, all'inadeguatezza della politica e delle istituzioni internazionali e dell'urgenza di un multilateralismo dal basso, all'ipocrisia delle politiche di adattamento e della logica di rattoppare senza mettere mano alle ragioni strutturali all'origine delle crisi. Papa Francesco, nell'indicare una zona di contatto che altro non è se non la presa di coscienza della natura complessa che governa la vita nella Terra Madre, pone il mondo cattolico di fronte all'inderogabile necessità di rispettare le leggi della natura e dei delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo con queste parole:
«La visione giudaico-cristiana del mondo sostiene il valore peculiare e centrale dell'essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri, ma oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature...» (articolo 67). Ammonendo infine che «... non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (articolo 70).
Un'esortazione che richiede un passaggio, un rinnovamento profondo rispetto al tempo precedente, una resurrezione interiore, che poi altro non è che il significato universale, per credenti e non credenti, della Pasqua. Una buona ragione per la riproposizione dell'Esortazione Apostolica “Laudate Deum”. (m.n.)
https://www.michelenardelli.it/uploaded/documenti/01509-laudate-deum.pdf
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