"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Riccardo Dello Sbarba
Südtirol Italia
Il calicanto di Magnago e altre storie
Il Margine
Quante volte ho provato rabbia verso chi, venendo da fuori, guardava alla terra che lo ospitava con sufficienza, all’autonomia come un incomprensibile privilegio, mai un’occhiata ai giornali locali bollati di provincialismo, con l’aria di chi sa già tutto e non ha nulla da imparare. Qui, siamo in Italia, e che diamine!
In genere gente di sinistra, un po’ di puzza sotto il naso, talvolta la frustrazione professionale per aver voluto fare dell’altro, trovandosi qui più o meno per caso.
… quanto mi sono incazzato.
Quasi che il legame profondo verso le proprie radici non ti permettesse di guardare non dico con gratitudine ma almeno con garbo alla terra dell’emigrazione.
Come se l’amore verso la terra (è sempre la nostra terra) dovesse per forza essere prerogativa della conservazione più chiusa.
Che regalava il federalismo alla mitologia del sangue e del suolo. Che mi portava a manifestare contro l’incriminazione di Eva Klotz finendo per questo in tribunale e a sentire distante persino il cosmopolitismo di Alex Langer.
Si può così comprendere perché l’avvicinarsi curioso e gentile di Riccardo alla sua terra d’adozione mi sia sembrato davvero sorpren-dente e la lettura di “Südtirol Italia”, questo regalo che Riccardo Dello Sbarba porta in dono come a ringraziare questa terra per l’accoglienza che gli ha riservato, ne è la conferma più bella.
L’amore per il Südtirol – Alto Adige si coglie nella descrizione dei luoghi e delle persone, nel portare alla luce racconti destinati all’oblio o a narrazioni ossessive, nell’interrogare i lettori sull’occasione perduta dell’elaborazione del mito avvelenato della “Vittoria”.
Viene fuori una gentilezza d’animo che porta l’amico Florian Kronbichler quasi a rimproverargli uno sguardo “a volte perfino troppo indulgente”.
Sono queste parole, forse quelle che più mi hanno colpito dell’intero libro, a farmi sentire vicino Riccardo. Perché sono le parole che mi girano nell’animo da quando, avendo il privilegio di osservare frequentemente la mia terra da lontano, leggo la mia stessa realtà in maniera diversa. Che mi fa sentire sull’uscio in ogni luogo. La bellezza del margine, la fatica della compromissione, l’amarezza dell’incomprensione.
È quello sguardo strabico sul presente che ti permette di osservare le cose nella loro ambiguità (ambivalenza si dovrebbe dire, ma non mi piace), di andare oltre gli umori viscerali, di apprezzare i bicchieri mezzi pieni e di non ingrossare l’accolita dei rancorosi.
L’elogio al compromesso di questi tempi è raro. Anche per questo, grazie Riccardo.
Michele Nardelli
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