"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
(27 marzo 2010) Domenica 28 e lunedì 29 marzo oltre quaranta milioni di italiani andranno a votare per il rinnovo dei Consigli Regionali. Un test politico a tutto tondo, nonostante il carattere amministrativo della consultazione. Che darà indicazioni sullo stato di salute del governo, degli schieramenti di governo e di opposizione, dei singoli partiti. Che ci parlerà delle contraddizioni interne alla maggioranza (e dell'egemonia della Lega nel centrodestra), della tenuta del PD nella gestione Bersani, di quel che accade nel variegato e diviso mondo della sinistra, di quanto il progetto politico di centro-centro è in grado di sottrarre consenso al centrodestra. Ed altro ancora.
Difficile fare previsioni. Se si era partiti qualche mese fa dalla proiezione dei dati delle elezioni nazionali ed europee che avrebbero cambiato di segno molte delle Regioni in scadenza di mandato, via via questo dato si è andato attenuando ed oggi gli schieramenti se la giocano sul filo di lana in diverse regioni. Ma francamente non so quanto il vento stia effettivamente cambiando. Nonostante le contraddizioni sociali, nonostante gli effetti della crisi globale sull'economia italiana, nonostante gli infiniti guai giudiziari del presidente, il tratto che segna questo tempo non mi sembra sia affatto quello del cambiamento, ma piuttosto di un progressivo arroccarsi sulle paure, a difesa di quel che si ha.
Diciamo pure che anche il nostro campo non lancia grandi segnali di novità. Ho trovato penosa la rivendicazione dell'orgoglio comunista di una sinistra sempre uguale a se stessa, che non trova di meglio che chiudere la sua campagna elettorale al canto di "bandiera rossa". Considero il partito di Di Pietro una delle manifestazioni culturalmente più regressive. La diaspora verde lascia sconcertati nella sua autoreferenzialità. Ed il popolo viola, pur nella sua generosità, il prodotto dell'antipolitica. La stessa speranza che si è manifestata attorno alla straordinaria partecipazione alle primarie del PD mi sembra sia andata impaludandosi nelle dinamiche conservative tanto sul piano delle idee quanto delle forme dell'agire.
Ciò nonostante oggi sul piano politico non vedo in giro niente di meglio. Il che non vuol dire rassegnarsi, partendo da qui e da un altrove che ha tante facce, colori, sensibilità. Perché, a guardar bene, ci sarebbe qualcosa di interessante da mettere in rete nei territori, ma la politica i territori continua a sorvolarli e nemmeno si accorge della qualità e dell'impegno professionale che c'è.
Mentre fatico a vedere uno scatto di orgoglio in un paese sempre più preda di involuzioni corporative, al tempo stesso, sono davvero curioso di sapere come questo clima di incertezza e di estesa preoccupazione verso il futuro si tradurrà sul piano dell'espressione elettorale.
Spero solo che quel che hanno rappresentato - pur fra mille contraddizioni - le Regioni e i Comuni, un argine di civiltà alla deriva berlusconiana, non venga buttato al vento. E spero, con questo, che rimangano aperti gli spazi per una sempre nuova sperimentazione politica.
Per questo credo sia bene dare un voto utile. Alle coalizioni piuttosto che all'autoreferenzialità. Alla sperimentazione politica invece che al richiamo delle foreste.
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