"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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venerdì, 14 agosto 2020Ala, Palazzo Zanderighi

 

L'affascinante centro storico di Ala ci accoglie in una sera di mezza estate. La bellezza dei suoi palazzi, così come il silenzio che avvertiamo tutt'intorno a testimonianza del loro essere in larga parte disabitati, mi ricorda alcuni grossi borghi del Salento. Palazzi baronali, concepiti per un tempo dove numerosa era la servitù alla mercé dei signori. Ed ora in stato di semi abbandono, nell'impossibilità di ristrutturarli e nell'indisponibilità degli attuali proprietari di immaginarli per una destinazione diversa, magari improntata al bene comune.

Ala nella sua storia è stata terra di confine, l'ultima città di lingua italiana dell'impero asburgico. Una posizione favorevole ai commerci e alla riscossione delle tasse doganali. Ma prima ancora della dominazione austroungarica, Ala era un rinomato borgo agricolo ed artigianale, per la coltivazione del gelso e del baco da seta e dunque per la produzione e la lavorazione di tessuti come il velluto che l'hanno resa famosa nel mondo.

Nel giardino di Palazzo Zanderighi, adibito sin dagli anni '80 a Biblioteca civica, si svolge una nuova presentazione de “Il monito della ninfea”. Nonostante la serata afosa e il calendario (siamo a metà agosto in un borgo non certo affollato da turisti), un pubblico attento segue la conversazione che si svolge fra il giornalista Walter Nicoletti e uno degli autori del libro, ovvero chi scrive. A promuovere l'incontro l'associazione Tutela Territorio di Ala, ben felice di presentare un lavoro editoriale che – a partire dal tragico evento dell'ottobre 2018 – descrive le innumerevoli insostenibilità che investono il pianeta come del resto l'ambiente trentino.

Sono particolarmente felice di ritrovare anche pubblicamente Walter Nicoletti, dopo qualche anno di silenzio fra noi. Un'esigente ricerca politica e culturale, l'impegno in Slow Food e da ultimo questo libro ci hanno aiutato a riprendere il filo di un pensiero comune che, a partire dalla montagna, ci offre la possibilità di immaginare un nuovo cammino comune.

Gli stimoli che Walter propone nella sua presentazione ci portano ad indagare le domande di fondo di questo tempo. E con esso la grande distanza che comunemente avvertiamo con una politica che nemmeno sembra accorgersi del carattere drammatico delle crisi che investono il pianeta. E che richiederebbero di cambiare in profondità i paradigmi che ci hanno portati sin qui, a cominciare dai concetti di crescita e di progresso. Dogmi che hanno segnato trasversalmente il pensiero politico moderno, omologandolo al primato del mercato. Uno scarto di pensiero che ancora fatica a trovare cittadinanza, nella politica come nel senso comune.

Rovesciare questa idolatria non è facile. Tanto questa è radicata negli inclusi come negli esclusi, il cui orizzonte sembra essere il miraggio di passare dall'altra parte. Il fatto che in pochi mesi ci abbia pensato la natura a metterci di fronte all'insostenibilità del modello di sviluppo fondato sul profitto, dovrebbe rendere ancor più urgente la ricerca di nuove rotte. Un'esigenza condivisa con i presenti, con i loro sguardi, con le loro osservazioni e con le loro domande.

Comincio a sentirmi di casa. E' la terza volta in pochi mesi che mi trovo ad Ala ad esporre il mio pensiero. Nel maggio dell'anno scorso, su invito del locale circolo del PD, per parlare di Europa come non se ne stava parlando nella campagna elettorale in corso. Nel gennaio di quest'anno per la presentazione del libro “Sicurezza”, sempre su invito del segretario del circolo Paolo Mondini, nel proporre una declinazione di questa parola del tutto diversa da quella che ancora (e ahimè trasversalmente) va per la maggiore. Ed ora per una nuova fatica editoriale che affronta la questione della montagna e del limite a partire da Vaia. Una sequenza di incontri partecipati, quasi un appuntamento fisso con una platea di persone che sembra avvertire il bisogno di cambiare il proprio sguardo sul mondo. E' la stessa empatia che ho incontrato anche nelle Giudicarie (un grazie particolare da Ilaria Pedrini), come se crescesse anche dentro gli stessi luoghi della politica il senso di inadeguatezza e la stanchezza verso i vuoti rituali del rincorrere le scadenze. Il che mi dice dell'importanza di tenere aperto il dialogo con i segmenti di società più sensibili ed esigenti, quasi a prescindere dalla loro attuale collocazione politica.

Vorrei che questo atteggiamento di apertura si diffondesse, nella politica in senso stretto come nell'associazionismo. Che poi è il senso del dialogo che abbiamo cercato con il “Viaggio nella solitudine della politica”, che abbiamo riconosciuto nelle amiche e negli amici di POP e della Scuola Politica Danilo Dolci di Roma, in quelli del “Patto per l'autonomia” (Friuli) o del Bard (Belluno) come nelle esperienze sociali e politiche del federalismo catalano, nell'ecologismo politico che ragiona su cultura del limite e decrescita come nell'impegno di chi cerca di dare corpo sociale al pensiero meridiano e ad un nuovo orizzonte mediterraneo.

Ne abbiamo parlato lo scorso 25 luglio nell'incontro su “Zoom” per fare il punto del “Viaggio nella solitudine della politica”, grazie al contributo di pensiero di dieci testimoni che dell'urgenza di un cambio di paradigma hanno fatto ragione del loro impegno. Ne verrà un film/documentario e forse un nuovo lavoro editoriale. Del resto anche “Il monito della ninfea” è l'esito di questo viaggio che, malgrado le difficoltà dovute ad una pandemia tutt'altro che debellata, prosegue nelle presentazioni che nei prossimi giorni e settimane ci porteranno nelle aree ferite da Vaia (Costalta di Cadore, Agordo, Castello Tesino, Cavalese, Comelico Superiore, Val di Sella, Fonzaso) come nelle città dove ogni cosa sembra artificiale, comprese le immagini dei boschi infranti (Venezia, Roma, Firenze, Mantova, Sassuolo ed altre ancora).