"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Raniero La Valle
Credo che dobbiamo alzare il livello di coscienza riguardo alla tragedia in atto a Gaza. La guerra di Gaza è di fatto una radiografia della situazione mondiale, è una confessione sullo stato del mondo.
L'evento di Gaza non è una guerra, ma è un genocidio, e come tale rappresenta il punto di caduta della nuova concezione della guerra quale è stata adottata a partire dalle scelte strategiche sulla sicurezza compiute degli Stati Uniti dopo gli attentati alle Torri gemelle dell'undici settembre 2001. In quel frangente veniva affermato che non era più sufficiente la dissuasione dall'aggressione affidata alla potenza militare pronta all'uso e fornita di armi di distruzione di massa: questo non bastava più, una tale strategia veniva considerata ormai insufficiente a garantire la sicurezza. Veniva adottata invece la dottrina della prevenzione basata sul fatto che “la migliore difesa e l'offesa”, che “non si poteva permettere agli avversari di sparare per primi”, che occorreva un’azione “anticipatoria persino nell'incertezza del luogo e dell'ora dell'attacco da parte dei nemici”. Nei documenti del 12 ottobre 2022 firmati da Biden e dal capo del Pentagono, Loyd Austin, la difesa veniva fatta consistere nella “competizione strategica” per il dominio, dove l’ultimo nemico da abbattere, entro il decennio, era considerata la Cina. Ed è sulla base di questa concezione della “difesa” che ora il segretario di Stato americano Blinken offre una completa copertura ad Israele per la sua guerra ad oltranza contro Hamas.
Eredi di una grande civiltà che guardava al futuro, gli arabi possono riappropriarsi del proprio destino. A patto di liberarsi della cultura del vittimismo. E di fare i conti con quella modernità che molti continuaano a vivere come una minaccia.
Samir Kassir (Beirut, 1960-2005) ha animato per due decenni la vita intellettuale e politica libanese. Nel 2005 ha ispirato la “primavera di Beirut”, il movimento di massa che ha condotto alla liberazione del Libano dalle truppe di occuupzione siriane. Un impegno che ha pagato con la vita, venendo assassinato il 2 giugno 2005 in un attentato. Questo è il suo ultimo libro, il suo testamento politico.
Sabato 20 gennaio 2024, alle ore 9.30, nella sala Macondo dell'ARCI di Trento (percorso totalmente sbarrierato), adiacente alla sede ANPI in Viale degli Olmi 26
Assembea degli iscritti all'ANPI del Trentino
sui seguenti temi:
PALESTINA - UCRAINA - PRESENZA DELL'ANPI ALL'INTERNO DEL MOVIMENTO PER LA PACE
Ne parleremo con Michele Nardelli, promotore del Cantiere di Pace e dell'appello "USCIAMO DALLA GABBIA" sul conflitto israelo – palestinese, che riportiamo in allegato.
Staffetta trentina
Nei venerdì e lunedì dal 12 al 26 gennaio si tiene la staffetta “Digiuno per la Pace e il Cessate il fuoco!” come forma di condanna a ogni forma di violenza e vicinanza alle vittime delle guerre. La staffetta si rivolge a tutte le persone che hanno a cuore la Pace e vuole essere uno strumento di connessione e attivazione nel segno della mediazione, del confronto e del negoziato. La staffetta è promossa dal Cantiere di Pace del Trentino e dal Centro Pace, ecologia e diritti di Rovereto in rete con tante associazioni del Trentino.
Per aderire iscriversi al modulo https://bit.ly/41HOtK6 o scrivere all’email staffettadigiunotrentino@gmail.com per fissare il tuo giorno. Dall’11 gennaio guarda il calendario pubblico sul sito www.rovepace.org
Nel mese di novembre e dicembre la staffetta ha coinvolto un centinaio di persone con una modalità nonviolenta a partire dall’appello “Fermiamo la violenza, prendiamo per mano la pace” che chiede di fermare la violenza, la sete di vendetta, l’odio e la sfiducia per bloccare il conflitto che è già andato oltre Gaza: in Cisgiordania si muore come mai è successo prima, il confine sud di Israele con il Libano sta sperimentando una guerra a cosiddetta “bassa intensità”. Occorre riprendere per mano la Pace ricostruendo dal basso un movimento collettivo che unisca tutte le donne e gli uomini schierati contro la guerra, contro la violenza, che rifiutano la logica della negazione dei diritti dell’altro e dell’occupazione, che aspirano ad una società libera e democratica.
Nella Striscia di Gaza, oltre due milioni di persone lottano per sopravvivere a una catastrofe umanitaria con un numero di vittime civili senza precedenti. La guerra impregna anche l’aria e l’acqua della Palestina ed è esplosa con una violenza senza precedenti.
Gli attacchi diretti ai civili e gli attacchi indiscriminati contro obiettivi civili sono assolutamente vietati dal diritto internazionale umanitario e possono costituire crimini di guerra. In considerazione di cio, la societa civile e le organizzazioni per i diritti umani ribadiscono la necessita di un cessate il fuoco immediato e prolungato, come unico strumento per garantire che tutti i civili siano protetti, che gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi siano liberati e che la popolazione di Gaza possa ricevere gli aiuti umanitari di cui ha disperato bisogno.
Ribadiamo l’urgenza del cessate il fuoco, dei canali umanitari per soccorrere la popolazione, dell’azione diplomatica internazionale per l’immediato rilascio degli ostaggi... ma serve anche una visione politica su cosa avverrà dopo questa fase di guerra, perché le scelte di adesso condizioneranno il futuro.
Ora più che mai abbiamo il dovere di riflettere, comprendere e agire, senza voltare la testa dall’altra parte. Come diceva Vittorio Arrigoni, che proprio fra le strade di Gaza ha trovato la morte, “restiamo umani”.
«Noi palestinesi e amici della Palestina porgiamo la mano a tutti coloro che hanno detto no alla guerra e che hanno condannato il terrorismo in tutte le sue forme. In modo particolare la porgiamo ai cittadini israeliani (purtroppo ancora una minoranza) e a tutti gli ebrei nel mondo che non hanno concesso il loro nome ai criminali di guerra.
La carneficina in corso contro il popolo palestinese, la pulizia etnica antica e recente, la colonizzazione e le spedizioni terroristiche dei coloni contro la popolazione autoctona, come lo sradicamento degli alberi, la distruzione delle case e la confisca della terra, oltre ad abbattere ogni ponte di dialogo, ledono gravemente l'immagine e la storia di tutta una comunità e rilanciano di nuovo l’antisemitismo, che offende ogni popolazione di origine semita, quella ebraica come quella palestinese. E, nei fatti, rendono Israele il luogo meno sicuro per la popolazione ebraica e per tutti i suoi cittadini.
La battaglia per la libertà del popolo palestinese è la stessa battaglia per la libertà della popolazione ebraica e della nostra libertà.
Lo Stato può diventare una gabbia. Il nazionalismo è stato il cancro della modernità. La fratellanza è un vasto spazio di umanità libera.
Per questo non vogliamo rinunciare al sogno di un unico paese fondato sullo stato di diritto e sull'uguaglianza delle persone a prescindere dalla loro appartenenza e dal loro credo religioso. Siamo ancora in tempo. Iniziamo con il cessate il fuoco e poi cominciamo a guardare alla Mezzaluna fertile del Mediterraneo con altri occhi».
Ali Rashid, Aida Tuma (deputata del Knesset israeliano), Issam Makhluf (già deputato del Knesset, presidente del fronte democratico per la pace e eguaglianza in Israele), Mohammad Bakri (regista arabo israeliano), Renato Accorinti, Mario Agostinelli, Marta Anderle, Sergio Bellucci, Gianna Benucci, Gianfranco Bettin, Mario Boccia, Loris Campetti, padre Nandino Capovilla, Sergio Caserta, Beatrice Cioni, padre Fabio Corazzina, Fiammetta Cucurnia, Massimo De Marchi, Nicoletta Dentico, Tommaso Di Francesco, Stefano Disegni, Patrizio Esposito, Silvano Falocco, Rania Hammad, Adel Jabbar, Dina Ishneiwer, Raniero La Valle, Mimmo Lucano, Fiorella Mannoia, Serena Marcenò, Rino Messina, Emilio Molinari, Erica Mondini, Michele Nardelli, Mario Natangelo, Silvia Nejrotti, Azra Nuhefendic, Moni Ovadia, Maurizio Pallante, Nino Pascale, Dijana Pavlovic, Tonino Perna, Daniele Pulcini, Gianni Rocco, Michele Santoro, Stefano Semenzato, Vauro Senesi, Sergio Sinigaglia, Gianni Tamino.
Cari amici,
con immenso dolore vi annunciamo che nessun bambino nascerà quest’anno a Betlemme per Natale. Intanto nessuna famiglia non censita o araba può spostarsi da Nazaret a Betlemme, perché tra questa città e Gerusalemme c’è un muro alto otto metri che non si può varcare senza un’attesa di ore attraversando check point presidiati da coloni agguerriti e dall’esercito. A Betlemme poi, in mancanza di albergo, non si può andare a partorire in una grotta, perché c’è il rischio che essa sia allagata da pompe capaci di trasportare migliaia di metri cubi d’acqua dal mare, come si minaccia di fare nei tunnel di Gaza per uccidere quanti vi sono riparati, liberi o ostaggi che siano. È anche un tempo non adatto per partorire, perché non si sa che futuro potrebbero avere i bambini messi alla luce, già ai primi vagiti, perché potrebbero d’improvviso spegnersi le incubatrici o dopo, perché potrebbero finire in mezzo a una strage degli innocenti, come succede a Gaza dove secondo l’organizzazione internazionale “Save the children” sono stati tolti alla vita già più di 3.257 bambini, un numero superiore a quello dei bambini uccisi in conflitti armati a livello globale in più di 20 Paesi nel corso di un intero anno; e questo rischio correrebbero anche in Israele, dove ne sono periti 29, e in Cisgiordania dove di bambini ne sono morti 33. Né si può cercare di portarli in salvo fuggendo in Egitto, perché non si può passare al valico di Rafah e l’Egitto non li vuole. E anche per gli altri bambini non si sa che futuro avranno se gli adulti maschi si uccidono a vicenda in guerre insensate, che è il primo e vero crimine del patriarcato.
... Occorre fermarsi. Serve un immediato cessate il fuoco indispensabile per la vita di milioni di esseri umani e per evitare l'allargamento della guerra a tutta la regione, Mediterraneo compreso. Ed iniziare a riflettere su come trovare una soluzione di pace duratura, individuando strade diverse da quelle fin qui percorse.
Ma per far questo occorre un cambiamento radicale nelle politiche di tutti gli attori, nonché un cambio delle classi dirigenti.
Fin quando saranno le armi e la violenza a dettare l'agenda politica del Vicino Oriente (e dei potenti della Terra), la pace non potrà essere che un lontano miraggio.