"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Ambiente e biodiversità

Scenari autunnali
Salvini al Vinitaly

«Tempi interessanti» (79)

Amo il buon vino, ma non “Vinitaly”. Ogni volta che ci ho messo piede dopo un po' avevo solo voglia di venir via da questo luogo che sa intensamente di finto, di denaro e di potere. E di tante altre cose volgari. Perché è forse proprio la volgarità, oggi, il genius loci di questa manifestazione.

Non frequento gli expo e, da quel che mi dicono, è ormai ovunque così. E ciò nonostante mi chiedo perché mai la presentazione di un vino non possa sapere solo della terra e del sole che la natura e la maestria sanno trasferire in un bicchiere.

Penso al clima completamente diverso che si respira a Terra Madre, laddove i contadini provenienti da ogni parte del pianeta ti fanno amare la loro unicità e al tempo stesso sentire cittadino del mondo.

Che cosa vuole fare la Valsugana da grande?
Valsugana

di Alex Faggioni*

(30 gennaio 2018) L'intervento di qualche giorno fa dell'ex sindaco di Caldonazzo Laura Mansini cui è stato dato spazio sulle pagine de L'Adige ha sollevato un tema che ha a che fare con un territorio che va ben al di là dei confini di un singolo municipio.

É fuori discussione il fatto che, quando nell'estate del 2015 il presidente Rossi ha rotto la storica chiusura del Trentino nei confronti del progetto di completamento della Valdastico, abbia compiuto un capolavoro comunicativo.

Per giustificare l'avvio di un tavolo di confronto tra Regione Veneto, Provincia Autonoma di Trento e Stato Italiano ha sostenuto che il Trentino non avesse la facoltà di opporre un rifiuto incondizionato; e così, nelle dichiarazioni ufficiali e nei virgolettati della stampa si è cominciato a parlare di un “saldo positivo per il Trentino”, di una “possibile soluzione della viabilità nella zona laghi”.

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«Presto sarà troppo tardi». Appello degli scienziati sul clima
Superficie terrestre

15 mila scienziati di 184 paesi hanno sottoscritto un solenne messaggio sullo stato del pianeta, invitando l’umanità a cambiare modello di vita per evitare “una perdita catastrofica di biodiversità

di Guglielmo Ragozzino*

“Presto sarà TROPPO TARDI…” Il 13 novembre Le Monde, importante quotidiano francese, poco disponibile al sensazionalismo, apre la sua prima pagina con il titolo, a caratteri di scatola, che abbiamo tradotto. L’occhiello è drammatico: “Grido d’allarme di 15.000 scienziati per salvare il pianeta”. Sotto un lungo catenaccio che spiega come 15.000 scienziati di 184 paesi abbiano sottoscritto un solenne messaggio sullo stato del pianeta. Essi invitano l’umanità a cambiare modello di vita per evitare “una perdita catastrofica di biodiversità”. Il riscaldamento climatico e la deforestazione mostrano come il degrado dell’ambiente naturale abbia cause umane. Infine si nota che dopo tre anni di stagnazione le emissioni umane di CO2 siano tornate ad aumentare nel 2017 per la crescita cinese. Il documento, scritto in lingua inglese, per la rivista BioScience è proposto anche in francese, spagnolo, portoghese. Gli autori dello scritto cui si erano poi aggiunte le altre 15.000 firme, sono otto scienziati: William J. Ripple, ecologo dell’università di stato dell’Oregon (Usa); Mohammed Alamgir, ricercatore di scienze forestali e ambientali di Chittagong (Bangladesh); Ellen Crist del dipartimento di scienze, tecnologia e società dell’università statale della Virginia (Usa); Mauro Galetti ecologo dell’università statale paulista di Sao Paulo (Brasile); William Laurance, professore emerito di biologia della conservazione all’università James Cook (Australia); Mahmoud I. Mahmoud ricercatore della National Oil Spill Detection and Response Agency di Abuja (Nigeria); Thomas M. Newsome, associato al dipartimento di ecosistemi forestali e società dell’università di stato dell’Oregon (Usa) e all’università Deakin di Geelong (Australia); Christopher Wolf , ricercatore di sistemi forestali all’università statale dell’Oregon (Usa). Le altre firme che si sono aggiunte sono di 15.364 studiosi di 184 paesi. Qui vogliamo offrire ai lettori e alle lettrici di sbilanciamoci.info una traduzione italiana.

Migranti ambientali e cultura del limite
Livorno, in queste ore

di Silvano Falocco

(11 settembre 2017) Non li riconosciamo, i migranti ambientali. Se da una parte sono giovani africani provenienti da zone oggi desertiche, dall’altra sono americani che si affrettano a raggiungere i bunker per salvarsi da uragani sempre più devastanti oppure haitiani, già poveri, e ora stremati. Anche i nostri morti da alluvioni, tracimazioni, smottamenti, incendi hanno la stessa origine.

Clima che diventa più estremo, tanto caldo e tanta pioggia, con fenomeni di breve durata ma eccezionale intensità. Caos climatico, degrado degli ecosistemi, dissesto idrogeologico, riduzione della biodiversità sono le cause profonde. Anche se la concentrazione della CO2 in atmosfera e l’estrazione delle risorse sono le principali di queste cause.

 

Cassandra
Incendi in Sicilia

di Francesco Picciotto *

(13 luglio 2017) Mi dispiace vestire i panni di Cassandra. Di mio sarei una persona positiva, ottimista di natura, uno di quelli che si sveglia la mattina carico di entusiasmo e con il sorriso sulle labbra.

Da qualche giorno il sud dell’Italia sta bruciando. Ha cominciato la mia isola (sappiamo sempre essere i primi nel peggio) e adesso cominciano ad arrivare notizie di roghi devastanti dalla Campania, dalla Puglia, dalla Calabria. Che cosa mi stupisce di tutto ciò? Mi stupisce lo stupore della gente.

Assetti fondiari collettivi
Uso civico

 

Nell'ambito della settimana "Autonomia? Parliamone. Incontri per parlare e capire il processo di riforma dello Statuto" vi segnalo l'appuntamento di martedì 4 luglio 2017, alle ore 18.00 presso la Biblioteca civica di Trento con il professor Pietro Nervi sul tema "Assetti fondiari collettivi".
 
«La nuova stagione degli “usi civici” inizia sul piano legislativo con l’approvazione della legge 431/1985 che fa emergere il sistema storico degli assetti fondiari collettivi e ne tutela le terre di collettivo godimento come beni naturalistici ed ambientali. Ma è sul piano giurisprudenziale che si avvia una nuova fase di elaborazione culturale della materia. Per tutte: le sentenze 46/1995, 310/2006, 310/2014 e 103/2017 della Corte Costituzionale.  La realtà documenta come gli assetti fondiari collettivi, la cui gestione è dominata dalla tutela e dalla conservazione al meglio del demanio collettivo, debbano essere riconosciuti come “veri costruttori di ambiente vivo e vivibile per collettività sostenibili e vitali”».

Non abbiamo alcun pianeta di scorta
insostenibili2

di Francesco Gesualdi *

Se non bastassero i fiumi in secca e le piogge che non cadono da mesi a farci capire che il pianeta sta collassando sotto il peso dei nostri eccessi, la conferma ci viene dall’overshootday, letteralmente “il giorno del sorprasso”, l’indicatore che ci segnala il giorno dell’anno in cui entriamo in deficit sul piano delle risorse. Una tendenza che si aggrava di anno in anno, considerato che da quando abbiamo cominciato a monitorare il fenomeno non facciamo altro che arretrare fino ad essere arrivati, quest’anno, al 2 di agosto.

Stiamo parlando dell’impronta ecologica che misura la quantità di terra fertile di cui abbiamo bisogno per sostenere i nostri consumi. E se d’istinto siamo portati a pensare che la terra fertile ci serve solo per il cibo, in realtà i consumi che affondano le loro radici nella terra fertile sono molto più ampi. Basti pensare all’abbigliamento che utilizza cotone, alla mobilia che utilizza legname, alle costruzioni che occupano suolo, ai medicinali che usano piante officinali. Ma l’aspetto sorprendente è che ci serve terra fertile anche per andare in automobile o per accendere una lampadina. Troppo spesso dimentichiamo che quando infiliamo la chiave nel cruscotto, insieme al rombo del motore emettiamo anidride carbonica, una sostanza di cui non ci diamo pensiero solo perché madre natura è così generosa da togliercela di mezzo grazie all’attività delle piante. Ma dobbiamo ricordarci che il 60% dell’impronta ecologica dell’umanità è determinato dall’assorbimento di anidride carbonica.