"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Ambiente e biodiversità

Un Green deal per le foreste trentine
Vaia in Primiero

Vaia, da problema ad opportunità

Venerdì 9 luglio 2021, alle ore 17.30, si svolge a Trento, presso la sede delle Acli (via Roma 57), un incontro di vari soggetti sul tema del "dopo Vaia". A partire dalla proposta di documento che qui riportiamo.

La tempesta Vaia, che meglio sarebbe definire con il suo vero nome, ovvero uragano o ciclone tropicale, è stata la prima, palese manifestazione delle ripercussioni in sede locale delle modificazioni climatiche che si stanno verificando a livello globale.

In poche ore, ma meglio sarebbe parlare di minuti, la tempesta ha abbattuto oltre 42.500 ettari di foresta, molte dei quali secolari, creando una devastazione mai vista nei boschi di cinque comunità regionali: Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

L’evento ha messo in evidenza in primo luogo la fragilità “colturale e culturale” che ha caratterizzato le politiche forestali messe in campo da diversi decenni a questa parte e che risentono dell'impostazione produttivistica di tipo austroungarico, con la diffusione di impianti monospecifici (con la prevalenza di abete rosso) e coetanei che hanno indebolito la diversità dei boschi rendendoli più vulnerabili rispetto ad eventi come quello di Vaia.

Una vulnerabilità che misuriamo anche nell' affrontare l'onda lunga di Vaia, sia per i rischi connessi alla mancata estrazione del legname schiantato, sia per effetto del bostrico tipografo che aggredisce porzioni sempre maggiori di foreste indebolite da Vaia e dagli eventi estremi come le grandi nevicate dell'inverno scorso.

 

 

«Il monito della ninfea» a Sassuolo
la locandina dell'evento

Per iniziativa dell'Associazione culturale Biasin, del Comune di Sassuolo e di Legambiente, martedì 6 luglio 2021, alle ore 18.30, presso Arci Caccia - Il Parco in via Padova 7, ci sarà una nuova presentazione del libro di Diego Cason e Michele Nardelli "Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite" (Bertelli editori).

In dialogo con uno degli autori, Michele Nardelli, ci sarà Corrado Toni, presidente di Legambiente Sassuolo e Comuni pedemontani modenesi.

Conversioni ecologiche e grandi opere
Quando L'Adige riprese il suo vecchio corso

 

di Vincenzo Calì

In tempi in cui a sbandierate conversioni ecologiche future si accompagnano mega progetti ferroviari presenti, sarebbe utile guardare anche a visioni passate, come quelle ottocentesche del poeta dialettale Bepi Mor: “El nos Trentin l'è fat come a ventala; 'n fora, i ghe fa 'n orlo de contorno per salvarlo 'n tantin da l' “omnia mala”.

Utile esercizio, quello di ricorrere a visioni, per quanti si trovano a vario titolo investiti del compito di salvaguardare l’autonomia territoriale.

Piace pensare che a queste dichiarazioni il poeta sia giunto alla vista dell’assalto subito dal territorio ai suoi tempi: la costruzione a fini militari delle ferrovie avvennero allora senza alcun riguardo alla struttura urbanistica della città di Trento, creando secolari ferite non ancora rimarginate.

 

 

Viaggio attraverso il cambiamento climatico
Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi

Come già qualche settimana fa in Val Camonica e Valtellina, in questo fine settimana sarò con Maurizio Dematteis (Dislivelli, Torino) e con Diego Cason nelle Dolomiti bellunesi e nell'altipiano di Asiago a raccogliere voci, pensieri, esperienze e buone pratiche a partire dalla consapevolezza (oppure dalla cecità) che la sindemia in corso (l'intreccio di crisi climatica, ambientale, sanitaria, economica, sociale, demografica...) richiede di cambiare il nostro sguardo e il nostro modo di pensare la montagna.

Saremo a Trichiana, Falcade, Cortina d'Ampezzo, Comelico superiore, Val Visdende e sull'altipiano di Asiago.

Resilienza o cambiamento?
Mar di Marmara

«Tempi interessanti» (115)

... Resilienza viene dal latino resilire ovvero rimbalzare, la capacità di un materiale di assorbire un urto. Nell'accezione assunta nel gergo internazionale significa adattamento, la capacità di un individuo di superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Ora, la scelta e l'uso delle parole non è mai casuale, né tanto meno neutrale. Adattamento significa riconoscere l'ineluttabilità di una condizione considerata oggettiva, rispetto alla quale l'umano agire può ben poco, che si tratti dei processi di esclusione prodotti dal modello dominante o degli effetti della crisi climatica/ambientale non fa differenza. Imparare ad essere resilienti significa allora adeguarsi, abdicare all'azione di contrasto, rinunciare al cambiamento. Credo sia proprio questo il nodo che il concetto di resilienza ci pone, non nuovo per la verità, ma che nell'accelerazione dei processi che stiamo conoscendo assume tutta la propria valenza mistificatoria di anestetico culturale e sociale...

Conferenza Internazionale sulla giustizia climatica
Claude Monet, Ninfee

Inaugurazione del nuovo centro di Eccellenza Jean Monnet sulla Giustizia Climatica all'Università di Padova. Martedì 1 giugno 2021, ore 11.30. I lavori si svolgeranno in remoto sulla piattaforma Zoom.

La conferenza oltre ad inaugurare il nuovo Centro Jean Monnet dell'Università di Padova (uno dei pochi centri al mondo su queste tematiche e l’unico in Italia) sarà soprattutto un momento per riflettere sulla giustizia climatica.

Nella sessione del mattino (ore 11.30 - 13.30) José-Lorenzo Valles, Head of Unit dell’EACEA presenterà le prospettive delle inziative Jean Monnet nel periodo 2021-2027.

Avremo la presenza di Vandana Shiva che affronterà la tematica delle relazioni tra giustizia climatica e territori e delle pratiche agricole svincolate dai combustibili fossili (terra non petrolio).

La sessione del pomeriggio (15.30 - 18.30) sarà dedicata alla costruzione del dialogo tra ricerca e società civile affrontando i luoghi e le sfide della giustizia climatica con la presenza di ricercatori e di organizzazioni della società civile italiane, europee dell’Africa dell’America Latina.

La conferenza sarà in inglese con interpretariato in lingua italiana e spagnola.

 

per partecipare compilare il form:

https://www.climate-justice.earth/2021/05/18/international-conference-on-climate-justice/

Nutrire le acque. Il pesce che mangiamo e il suo impatto sull’ambiente
Pesce d'acqua dolce

Quasi la metà delle specie ittiche d’acqua dolce in Italia è a elevato rischio di estinzione (48%) e molte devono competere con specie esogene importate. Prevenire la distruzione di delicati ecosistemi e ripristinare quelli originari è possibile, ma occorrono progetti che assecondano la natura. Il ruolo dei consumatori è centrale. Riprendiamo questo interessante articolo dal sito https://altreconomia.it che ringraziamo per la disponibilità.


di Lorenzo Berlendis e Davide Boni*


I pesci non parlano. Non è una buona scusa per non metterci in loro ascolto. Ne va del nostro futuro, non solo alimentare. A livello globale, metà del pesce che mangiamo proviene da allevamenti e a breve supereremo la parità, in favore della piscicoltura. Attività spesso improntata su pratiche atroci, con ricadute pesanti sulla nostra salute, su quella delle acque, dei mari e non solo. Basta dare un occhio ai video che denunciano il “lato oscuro” della moda sushi come, ad esempio l'inchiesta di Animal Equalitydedicata all’allevamento dei salmoni in Scozia: pesci estremamente richiesti dal mercato occidentale.

Il report “Dead loss” - curato dall’Ong britannica Just Economics - analizza i costi e le ricadute negative delle cattive pratiche di allevamento dei salmoni in Gran Bretagna. Nel corso degli ultimi anni la mortalità dei pesci è più che quadruplicata: dal 3% nel 2002 a circa il 13,5% nel 2019, solo negli allevamenti di salmone scozzesi. Circa un quinto di questi decessi è imputabile a infestazioni da pidocchi di mare, che si nutrono di pelle e muco di salmone, di fatto mangiando i pesci vivi.

Ma una delle maggiori contraddizioni di questo sistema di produzione è che per nutrire i salmoni, pesci dalle innate abitudini migratorie, si utilizza un’enorme quantità di pesce selvatico, spesso pesce azzurro. Il sistema di allevamento del salmone sottrae così a virtuali acquirenti circa un quinto del pescato selvatico annuale mondiale, pari a circa 18 milioni di tonnellate l’anno.