"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Giovedì 3 maggio 2018 (ore 18.00 - Sala Depero del Palazzo della Provincia) verrà attribuita a Giuseppe Mattei l'Aquila di San Venceslao, il più alto riconoscimento della Presidenza del Consiglio provinciale del Trentino. Un'onorificenza significativa che Beppino Mattei meritava per il suo impegno sociale, civile e politico lungo una traiettoria che lo vide protagonista negli anni '60 e '70 nelle lotte per l'affermazione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori in questa terra.
Si è spesso parlato del Trentino come laboratorio sociale e politico. E proprio all'intelligenza e alla lungimiranza di Beppino Mattei si deve una delle pagine più importanti di questo laboratorio, la costruzione del Sindacato metalmeccanico unitario trentino, quello SMUT che avrebbe anticipato di qualche anno in Trentino la nascita a livello nazionale della FLM, la federazione dei lavoratori metalmeccanici.
Perché Beppino Mattei non è stato solo un eccezionale ed instancabile sindacalista, è stato per la mia generazione un grande maestro. Ho dei ricordi nitidissimi di quando nella sede unitaria di via Vannetti si preparavano le matrici per ciclostili sempre in movimento, delle notti d'inverno passate sui cancelli delle fabbriche a respirare il fumo di vecchi copertoni bruciati, dei comizi che sapeva improvvisare durante i momenti di tensione montando velocemente le trombe che aveva sempre in auto o, ancora, di quel seminario operaio che organizzammo in Val Nambino quando arrivò a piedi al rifugio fra le nebbie di un mattino piovoso (era il 19 luglio 1981).
Il 15 gennaio scorso se ne è andata la cantautrice e musicista irlandese Dolores O'Riordan. Per ricordarne la figura, la sua voce e la sua sensibilità, ho pensato di riprendere le parole che Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ha dedicato a Dolores, con cui undici anni fa aveva inciso una canzone bellissima che ha per titolo “Senza fiato” (https://youtu.be/269gRgNsU0o)
«Ti ho vissuta sempre come un sogno.
Lo sapevo che non avrei dovuto farlo.
Avrei dovuto viverti come un giorno qualunque.
Da sveglio, sveglissimo.
Come una persona qualsiasi, magari conosciuta in un viaggio insieme.
Avrei dovuto essere meno rispettoso delle distanze, come se non fossero mai esistite, invece ti ho trattato come una leggenda, perché questo sei per quelli come noi e per il mondo intero, per la generazione di “zombie” che hai lasciato orfana della voce più rivoluzionaria degli ultimi quarant’anni.
Avrei dovuto ridurle, quelle maledette distanze.
di Melita Richter
(15 dicembre 2017) Ogni morte di una persona cara è dolore sincero. Ma ci sono gli adii che non riusciamo ad accettare. Appena saputo della scomparsa di Marino Vocci da un breve e toccante nota sul fb di Martina, sua figlia maggiore, scrissi di getto la mia prima reazione: «Non ci voglio credere!! non posso credere!!! Accetto soltanto che si sia imbarcato su qualche natante lungo la rotta adriatica... E poi, ci racconterà, come ha sempre fatto, con passione, gioia e parole che abbracciano origini e rive diverse».
Un giorno dopo la sua scomparsa è sempre così.
Marino è vivo nella mia mente. Sento la sua voce, vedo il suo volto, i capelli indomati un po’ più brizzolati ultimamente, la figura un po’ più curva, gli occhi attenti, sinceri, ridenti, caldi e severi quando e quanto necessita.
Ma è soprattutto vivo il suo pensiero e la straordinaria capacità di porre in contatto le persone di diverse origini formative e disciplinari nel dare luogo al confronto di idee, proposte, ricerche, scambio. Solo chi scambia può cambiare, soleva dire. Ci credeva profondamente e agiva in questo modo, consapevole dell’interdipendenza del nostro mondo e del bisogno dell’interlocuzione tra soggetti e memorie diverse. Quell’abilità rara che manca al potere.
(14 dicembre 2017) Marino Vocci se ne è andato martedì sera. Non so per quale approdo questa volta, ma nelle scorse settimane l'ho pensato spesso mentre leggevo le pagine di un libro davvero prezioso come quello di Egidio Ivetic “Un confine nel Mediterraneo” (Viella libreria editrice, 2014), lungo quella terra e quel mare che loro malgrado hanno rappresentato una linea di frontiera fra lingue, credi religiosi e storie.
Marino, istriano di nascita e triestino d'adozione, era uomo di confine laddove questo non era affatto motivo di divisione ma di incontro e di relazioni. Non solo viveva sul “limes”, lo rappresentava nel suo modo di essere, nel suo impegno politico come in quello letterario.
Con Marino ci conoscevamo reciprocamente da tanti anni, ma solo negli ultimi mesi abbiamo avuto modo di incontrarci prima a Pirano e poi a Trieste, proprio in occasione dell'itinerario su quel limes che da Venezia ci portava a Goli Otok, nell'ambito del “Viaggio nella solitudine della politica”. Quella solitudine che Marino nel nostro incontro al Circolo Tina Modotti di Trieste ricondusse alla stanchezza di Alex Langer nelle sue ultime parole: “continuate in ciò che era giusto”. Esortazione disperata, che pure non contraddiceva la fatica del vivere.
E' con una serata insieme allo scrittore Gianrico Carofiglio che Arci e Cgil del Trentino insieme ad Anpi e Fondazione sinistra trentina vogliono ricordare l'amico e compagno Ottorino Bressanini, prematuramente scomparso l'8 luglio scorso.
Carofiglio dialogherà con il direttore del Trentino, Alberto Faustini. L'appuntamento è martedì prossimo, 7 novembre alle 18 nella Sala della Filarmonica, in via Verdi 30 a Trento. Sarà un'occasione per conoscere l'ultimo romanzo dello scrittore pugliese, “Le tre del mattino” e per ricordare Bressanini, l'avvocato della Cgil, e soprattutto l'avvocato dei lavoratori e delle lavoratrici, che tanto impegno ha investito nella difesa e nel rispetto dei loro diritti. Negli ultimi anni Bressanini aveva scoperto la passione per i libri di Carofiglio identificandosi con sarcasmo nel protagonista di molti suoi romanzi, Guido Guerrieri.
Alla serata interverrà anche il Coro Bella Ciao, di cui Bressanini era presidente.
Nei giorni scorsi è morto a Firenze Alberto L'Abate, tra i padri della nonviolenza in Italia. Ha incrociato la ricerca accademica con una ricca serie di esperienze sul campo, sia in Italia sia all'estero. E anzi proprio questa è la sua peculiarità: essersi sporcato le mani con i conflitti reali, entrandoci e provando a cambiarli dall'interno. Precursore di quel "pacifismo concreto" teorizzato anni dopo da Alexander Langer, con cui pure si conosceva. Alberto ha incrociato spesso anche le nostre terre, a partire da una lontana testimonianza di inizi anni '90 sull'interposizione civile in Iraq, tenuta all'interno della Tenda per la pace montata in piazza Battisti. Quella Tenda che darà poi vita alla Casa per la pace, e da lì all'Università per la pace di Rovereto dove Alberto venne più volte, in particolare per i corsi ai formatori di obiettori di coscienza e persone in servizio civile. Negli anni 2000 è invece a Bolzano per varie edizioni del Master in operatore di pace e mediatore dei conflitti. Con lui e la moglie Anna Luisa ho vissuto da vicino l'esperienza dell'Ambasciata di pace in Kosovo, a metà degli anni '90: una piccola cosa dal punto di vista dell'intervento pratico, ma una finestra essenziale - e del tutto innovativa - in un mondo della pace e dell'aiuto umanitario già allora protesi più all'aiuto post-crisi che alla prevenzione e comprensione della violenza. Alberto era lì, ad intervistare e discutere con i leader locali - da Ibrahim Rugova in giù - come ad occuparsi di qualche bambino bisognoso, o dell'associazione dei disabili. La lezione capitiniana mantenuta in vita cinquant'anni dopo, anzi quarantanove come fa notare Alfio Nicotra nel bell'articolo riportato sotto. Grazie Alberto! Mauro Cereghini
di Alfio Nicotra *
Ha scelto il giorno della morte del suo amico e maestro per andarsene. Il 19 ottobre alla figura di Aldo Capitini – scomparso ormai 49 anni fa – si aggiunge adesso quella di Alberto L'Abate, spentosi a Firenze all'età di 86 anni. Alberto ha fatto della rivoluzione nonviolenta la sua ragione di vita insegnando a generazioni di ragazzi il ripudio della guerra, l'ostinata costruzione di percorsi di dialogo e di pace, la resistenza alla militarizzazione e la necessità storica per la società umana di liberarsi dal ricatto delle armi.
Fondatore con Capitini del Movimento Nonviolento, la vita di Alberto attraversa le più importanti iniziative di pace e per l'emancipazione umana. È con Danilo Dolci in Sicilia a sostenerlo nel suo "sciopero alla rovescia". Con Pietro Pinna ad aprire la strada dell'obiezione di coscienza al servizio militare. A Comiso contro i missili Cruise dove fa diventare "proprietari terrieri" centinaia di cittadini di tutta Europa tramite l'acquisto di particelle di un metro quadro in un appezzamento di terreno agricolo (la "Verde Vigna") sul quale gravava il decreto di esproprio per allargare la base Usa.
Mercoledì prossimo 16 agosto, alle ore 17.00, nell'ambito della manifestazione "Agosto degasperiano", lo scrittore Eraldo Affinati parlerà dell'esperienza della scuola Penny Wirton, un'attività ormai decennale di relazione formativa individuale fra i volontari e gli immigrati fondata da Affinati insieme alla moglie Anna Luce Lenzi. L'incontro si svolgerà a Malga Costa, nella cornice di Arte Sella (in Val Sella).