«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Franco Cardini
L’ipocrisia dell’Occidente.
Il Califfo, il terrore e la storia
Laterza, 2015
«Davvero ignoriamo che la malapianta del fondamentalismo l’abbiamo innaffiata e coltivata per anni noi occidentali?»
Hannah Arendt
Le origini del totalitarismo
Edizioni di Comunità, 1999
«Lo Stato-nazione in realtà per la Arendt ospita già al proprio interno una logica contraddittoria, il cui motore è la tensione tra i suoi due elementi costitutivi ... se lo Stato è, almeno in via teorica, quella struttura volta a garantire i diritti di tutti, la nazione si regge invece sul presupposto di una comunità escludente...»
Nell’analisi del totalitarismo le categorie tradizionali della politica, del diritto, dell’etica e delle filosofia risultano inutilizzabili; quanto avviene nei regimi totalitari non si può descrivere in termini di semplice oppressione, di tirannide, di illegalità, di immoralità, ma richiede una spiegazione “innovativa”, che Hannah Arendt tratteggia in questo classico della filosofia politica.
Uscito per la prima volta nel 1951, questo capolavoro di Hannah Arendt mantiene intatta la sua straordinaria attualità e rappresenta un testo chiave per l'elaborazione del Novecento.
Raffaello Cortina Editore, 1999
Ritrovare l’immagine dello specchio per descrivere il rapporto fra l’Europa (o meglio, quel mezzo continente che così si è autodefinito) e i Balcani (ovvero il sud est Europa) negli scritti di Rada Ivekovic, è stato emozionante. Una metafora che ho cominciato ad usare qualche anno fa, nei primi accenni di riflessione dopo l’immersione in quella moderna tragedia, e con l’andare del tempo questa immagine è divenuta via via sempre più nitida, quand’anche incompresa dai molti che hanno continuato a mantene-re verso ciò che stava avvenendo oltre l’uscio di casa un atteggiamento di rimozione oppure (o insieme) di natura emergenziale, tanto nell’intervento (diplomatico e militare) quanto nell’azione umanitaria. “Autopsia dei Balcani”, un saggio di psico-politica come lo definisce l’autrice, è un ritratto geniale del nostro tempo, di noi e del nostro rapporto con l’altro, quando ci rispecchiamo nel nostro contrario, in questo caso da una parte all’altra del mare Adriatico.
Quinto Antonelli
Storia intima della grande guerra
Lettere, diari e memorie dei soldati al fronte
Donzelli Editore, 2014
Con il dvd del film di Enrico Verra "Scemi di guerra"
Questo libro non è per noi. Siamo degli intrusi noi che oggi sbirciamo tra le lettere e i diari dei soldati. I loro testi erano infatti parte di una comunicazione intima, chiusa all'interno della cerchia famigliare. Se gli ufficiali colti, quando scrivono alla famiglia, scrivono un po' anche per i posteri, chi scrive queste pagine è per lo più un soldato subalterno (che prima di essere chiamato alla guerra faceva l'operaio, il contadino, l'artigiano), con l'unica ambizione di rivolgersi ai suoi famigliari, per difendere quel ponte comunicativo che il conflitto rischia di interrmpere: «Ti raccomando di scrivermi presto onde potermi rallegrare un poco, perché la mia vita di trincea è peggiore a quella dei nostri porci».
Si tratta di una ricchissima documentazione (che quasi sempre si sttrae alle norme ortografiche e sintattiche, e per questo può sembrare ingovernabile) raccolta presso il Museo storico del Trentino, e a lungo esclusa dal racconto nazionale, in quanto considerata marginale, se non conflittuale: gli autori sono infatti "tutti" gli italiani, anche quelli che un secolo fa erano sudditi dell'Austria: trentini, giuliani, triestini.
Aleksandar Hemon
Il progetto Lazarus
Einaudi, 2010
In ogni luogo, fuori posto
di Michele Nardelli
Era lì, su uno scaffale. Attendeva che trovassi il tempo per prenderlo fra le mani. Ogni libro è per me un oggetto animato, che chiede rispetto, che cambia nel tempo perché diversi sono i tuoi occhi, che si arricchisce dei tuoi appunti e diviene - ben oltre l'acquisto in libreria, dettato in questo caso dal richiamo balcanico - qualcosa di tuo. Quando ancora questa relazione non è cominciata, rimane lì, in attesa di appartenere a qualcuno. Poi accade che in un locale pubblico della mia città, venga fuori il nome di Aleksandar Hemon come possibile testimone di un incrocio di sensibilità, fra vecchie migrazioni austroungariche e moderni sguardi balcanici. E allora quel libro inizia la sua nuova vita.
Natasha Radoji-Kane
Ritorno a casa
Adelphi, 2003
Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una battuta di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio – i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo – ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele – risulta più difficile. L'unica soluzione sarà rischiare tutto in un'estenuante partita a carte, fra puttane adolescenti e violinisti impazziti, contro l'avversario più temibile, il re degli zingari locali. Il ritorno a casa di Halid si consuma così in tre giorni freddi, fangosi e febbrili, che in questo suo primo, straordinario libro Natasha Radoji-Kane racconta attenendosi rigorosamente ai fatti e lasciando che dai gesti, dalle parole e dai silenzi dei personaggi si sprigioni il fantasma di un paesaggio – la Bosnia consumata dall'odio e da una guerra inesauribile – molto più vicino a noi di quanto vorremmo ammettere.