«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani». "Manifesto di Ventotene"
Miodrag Lekic
La mia guerra alla guerra
Guerini e ssociati, 2006
Gianfranco Bettin
Il clima è fuori dai gangheri
Nottetempo, 2004
“Il clima è fuori dai gangheri” non è un libro. È un grido di dolore, un’ora del tuo tempo nella quale metti a fuoco il delirio dell’homo faber, come a descrivere il giorno prima quale sarebbe stata “l’alba del giorno dopo” lo scioglimento della calotta polare a causa dell’effetto serra.
Marco Revelli
La politica perduta
Einaudi, 2003
La crisi della politica è sotto gli occhi di tutti. Da garanzia di ordine e sicurezza, essa si va rovesciando nel proprio contrario: in fattore di insicurezza, violenza, paura. Lo dimostra un quindicennio di nuovo disordine mondiale, dalle cosiddette guerre umanitarie fino alla recente avventura irachena...
Con Marco Revelli coltiviamo un’amicizia a distanza. Nel senso che con Marco abbiamo condiviso nel corso degli anni ’90 una rigorosa analisi critica dei pensieri del ‘900 ed uno sforzo di ricerca di nuovi pensieri di libera-zione umana. Al di là di ogni appartenenza, ci siamo ritrovati nelle molte occasioni di riflessione lungo i passaggi cruciali della vicenda politica degli ultimi anni, a far parte di un collettivo virtuale con altri amici come Mario Agostinelli, Gianfranco Bettin, Aldo Bonomi, Alberto Magnaghi, Emilio Molinari, Tonino Perna, Paolo Rumiz ed altri ancora, persone dalle storie tanto diverse con le quali abbiamo tenuto aperto un ragionamento, insieme di pensiero critico e di azione irrituale. Penso all’approccio territorialista, allo sviluppo locale e all’autosostenibilità, al diritto all’acqua… penso all’impegno per la pace, alla diplomazia parallela e ai “miei” balcani.
Massimo Cacciari
Duemilauno. Politica e futuro
Colloquio con Gianfranco Bettin
Feltrinelli, 2001
Più che una riflessione, quella avviatasi dopo il voto che ha portato la “Casa delle liberta” al governo del paese sembra una lamentazione, quasi la ricerca di un capro espiatorio, piuttosto che un’analisi sulle dinamiche sociali e culturali che attraversano il nostro paese.
Non che non ci siano responsabilità precise anche sul piano delle scelte politiche dei leader del centro sinistra, prima fra tutti quella di aver liquidato l’Ulivo in nome del primato dei partiti, in Italia come in Trentino. Ma sarebbe fuorviante, oltre che insopportabilmente rituale, affrontare la questione facendo saltare qualche testa senza peraltro discostarsi sul piano delle scelte di fondo. Ecco perché a mio avviso è necessario guardare all’esito elettorale da una diversa angolatura, cercando di capire cosa sta avvenendo nei corpi sociali, nelle culture, nei comportamenti.
Bruno Arpaia
Il passato davanti a noi
Guanda, 2006
È un libro che, per chi ha vissuto quegli anni, ti scava dentro. Puoi anche decidere di prenderti una certa distanza, dicendo “no, noi non eravamo così”, ma avverti che dentro di te vengono toccate corde sensibili, di un passato ancora non del tutto elaborato, spesso ricondotto impropriamente agli “anni di piombo”.
Forse le passioni di un’epoca non possono davvero essere raccontate ad un’altra. Eppure la voce che narra questa storia, una storia di ragazzi e ragazze che crescono negli anni Settanta in un paesino del Sud, ha il timbro forte, spericolato e consapevole, di chi non può più tacere. E il risultato è un romanzo italiano che affonda le mani nel “buco nero” di quel decennio senza paura di sporcarsele, senza celebrarlo né rinnegarlo, raccontando una generazione e un pezzo di storia dal di dentro, quasi in presa diretta, e allo stesso tempo in un serrato corpo a corpo con la memoria, propria e altrui.
Fatema Mernissi
Vita nell’harem
Giunti, 2005
L’harem di Fez dove la piccola Fatema cresce è un luogo in cui le donne sono sottomesse a precise regole, prima fra tutte quella di non varcare i “sacri confini” delle mura domestiche. La terrazza più alta della casa diventa così il luogo proibito e segreto dove fantasticare evasioni, praticare rituali segreti, complottare trasgressioni contro le regole del costume familiare e sociale.
La verità è spesso dolorosa e stamane, nel materializzarsi di quel che già nei giorni scorsi immaginavo sarebbe accaduto nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti d'America, non ci resta che prendere atto di come sta andando questo mondo sempre più appannato e aggressivo, dove prevalgono gli umori e il rancore, il pensiero è deriso e la dialettica politica sembra ridotta fra poteri finanziari e barbarie.
Ci sarà tempo, per chi vorrà, di rifletterci. “Vetri appannati d'America” è un canto straziante di Vinicio Capossela che racconta del “grande silenzio americano”, del suo sogno trasformato in un grande magazzino che tutto mercifica e dove ai poveri non resta che mangiare “pollo in cartone” e votare per i ricchi. Il che ci parla anche di noi.
Vetri appannati d'America (2008)
Vetri appannati d'America
e tutti se ne sono già andati
restano i bar vuoti, i cani e le strade
gli sgabelli, le corse e le puntate
lontano, lontano, lontano
vi scrivo da molto lontano
tra carni cadenti, stelle cadute e stellette
del cielo in terra e per terra
nel silenzio d'America