"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Ugo Morelli
Il paesaggio corpo
Quali effetti inattesi può generare la mancanza! Uno si ritrova in contatti sociali deprivati per la pandemia ed ecco che fa scoperte inaudite.
Prima di tutto ha tempo per riflettere. All’inizio ha un effetto di vertigine, si sente spaesato. Poi è forse proprio quello spaesamento che diventa produttivo.
Del resto, se non ci si spaesa è difficile riconoscere il paesaggio. Non lo sappiamo, ma è probabile che è quando lo tiri per un momento fuori che il pesce si accorge dell’acqua.
Allora un’intera stratificazione di paesaggi, come matrioske, si propone, con la pandemia. A cominciare dal paesaggio corpo.
Ci accorgiamo delle mani: non possiamo usarle liberamente; dalla loro centralità nelle nostre vite e nella nostra evoluzione, una centralità tacita e addirittura scontata, diventano fonte di rischio e pericolo: per toccare gli altri e le cose e per toccare persino se stessi. Le guardiamo e le sentiamo con una certa diffidenza. Averle rimane indispensabile ma è anche preoccupante. Ce ne dobbiamo prendere cura più del solito e persino il vecchio monito del galateo diventa una disposizione sanitaria e normativa: lavarsi e disinfettarsi le mani continuamente. Scoprendo che non basterà mai: dopo averle lavate bisogna chiudere il rubinetto! Poi bisogna aprire la porta del bagno con la maniglia, e poi…e poi… Quella che era un’indicazione di buona educazione, salutare stringendo la mano all’altro, è divenuta un’offesa da untori, da superficiali irresponsabili che non si curano del rischio di contagiare un altro. Per non parlare del respiro, altro atto costante e necessario per vivere, e dato altrettanto per scontato. Ci accorgiamo della sua importanza per vivere perché sentiamo di rischiare ad ogni inspirazione e di mettere a rischio gli altri ad ogni espirazione. E vogliamo parlare delle labbra e di un bacio?! Il paesaggio corpo si presenta a noi come se fosse la prima volta che lo viviamo.
di Michele Nardelli
Attraversare le aree colpite dalla tempesta Vaia era come realizzare un'indagine sul nostro tempo. Solo questo avevo abbastanza chiaro quando poco più di un anno fa ho chiamato Diego Cason per andare a visitare quel che rimaneva dei boschi devastati delle Dolomiti bellunesi.
Il triste spettacolo che già avevo visto sulle montagne del Lagorai e nelle Valli di Fiemme e di Fassa in Trentino si ripresentava nel Comelico, nell'Agordino o nel Cadore, con la percezione sempre più nitida che quanto stavamo osservando rappresentasse, nel suo carattere inedito nelle valli dolomitiche, una nuova frontiera di quella ricerca che andavo svolgendo da tempo nel “Viaggio nella solitudine della politica”.
Tanto da dedicarvi qualche mese più tardi un vero e proprio itinerario fra Trentino e Friuli, passando per il Sud Tirolo e la provincia di Belluno, attraverso i 42.525 ettari della devastazione dell'ottobre 2018, lungo quel limes che nel trascorrere dei mesi andava accomunando la tempesta Vaia all'acqua alta a Venezia, lo sciogliersi dei ghiacci dell'Artico o della Marmolada al fuoco che devastava (e ancora sta devastando) l'Australia, il formarsi inarrestabile di immense magalopoli e l'insorgere di insidiose patologie come il coronavirus... a pensarci, facce diverse della medesima insostenibilità.
Considerazioni attorno al libro di Diego Cason e Michele Nardelli “Il monito della ninfea”
di Stefano Semenzato
Agli inizi di novembre era prevista a Porretta Terme (Bologna) la presentazione del libro di Cason e Nardelli. Il precipitare della situazione pandemica ha costretto al rinvio. Avevo preparato degli appunti per aprire il dibattito e interloquire con Michele. Li presento qui in forma leggermente rivista.
(19 novembre 2020) Non conosco Diego Cason, ma conosco a sufficienza Miche Nardelli. So che mi trovo di fronte ad un viaggiatore, spesso viaggiatore scontento, ma che non rinuncia a percorrere i territori della esperienza materiale e quelli immateriali della mente.
La sua vita di scorribande per i territori della politica romana prima, poi per quelli dei della ex-Jugoslavia, e poi ancora i viaggi di quella che è stata chiamata “solitudine della politica” lo stanno a testimoniare.
Anche questo libro è un viaggio. I giorni passati ad incontrare le comunità colpite da Vaia, gli incontri per dar conto dei tanti microprogetti messi in campo per ripartire, ma anche un viaggio nel mondo delle fiabe e in quello delle religioni. Il tutto intrecciato con analisi e approfondimenti sullo stato del pianeta. Da non perdere il bellissimo capitolo in cui – a proposito dei miti della montagna - si ripercorre lo scontro tra le teorie e pratiche animiste e la forzatura delle religioni monoteiste.
Martin Pollak
Topografia della memoria
Keller editore, 2021
Letteratura: tra presente e passato.
Una riflessione a partire da Topografia della memoria, di Martin Pollack1
di Micaela Bertoldi
(16 settembre 2021) Riflettere su memoria e rimozione: un imperativo del nostro tempo. E’ ciò che ribadisce Martin Pollack con un libro la cui copertina, spiega: “Un ammonimento impressionante contro la rimozione e l’oblio”.
Pollack mette in pratica la decisione di rompere il silenzio, dare libero sfogo ai ricordi. Insieme ai ricordi sdogana domande del tutto attuali attraverso pagine accomunabili fra loro, al di là della data in cui sono state scritte e, soprattutto, al di là dell’epoca di riferimento dei fatti, poiché le domande poste con ritmo incalzante sono la cifra basilare.
Interrogativi che scaturiscono dall’ansia di voler sapere cosa sia accaduto, per quali ragioni sia stata possibile la sequenza indicibile di orrori, sia a livello di scontri interetnici, al tempo della dissoluzione dell’Impero austro-ungarico, sia durante la seconda guerra mondiale e l’adesione di massa al nazionalsocialismo.
Azra Nuhefendic
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Grazie agli amici che con la loro sensibilità e professionalità hanno permesso alla nostra idea di prendere corpo: Azra Nuhefendic, Jovan Divjak, Gigi Riva, Mario Boccia, Carlo Saletti e all'editore Bottega Errante fatto di tante anime.
Nell'ambito del progetto "Pillole di saggezza" promosso dall'associazione Tremembè in collaborazione con il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e il Collettivo Akoma, si svolgerà online il primo di quattro incontri, in questo caso dedicato al tema "Natura & Pace".
I giornalisti junior Giulia Zanicchini e Lorenzo Baduino dialogheranno in diretta con Laura Masciocchi e Michele Nardelli.
Per seguire la conversazione: https://www.tremembe.it/cittadinanza-attiva/incontri/pilloledisaggezza
di Neri Pollastri *
La particolare situazione che abbiamo vissuto in questo periodo, che ci vede attraversare un’emergenza sanitaria internazionale di proporzioni inedite almeno per l’epoca storica che stiamo vivendo, costituisce anche un’interessante occasione di studio per comprendere il modo in cui pensa e vive l’uomo del terzo millennio, immerso qual è nei propri pregiudizi culturali, preso in mezzo tra le comunicazioni dei media e le opinioni in libertà dei social media, tra la necessità razionale di orientarsi nel mondo comprendendone il funzionamento e quella emozionale di individuare al più presto le migliori strade da percorrere. Il dibattito pubblico al quale si è assistito (e spesso anche partecipato) in questi mesi è infatti stato segnato da anomalie particolarmente evidenti, eppure dai più ignorate o persino cavalcate per motivi spesso difficili da comprendere, talvolta consapevoli e talaltra inconsapevoli. Cercheremo qui di analizzarlo, riducendo al minimo i riferimenti a singoli argomenti, ma cercando invece di descrivere quale sarebbe stato un atteggiamento razionalmente adeguato alla situazione e quali invece siano state le aberrazioni di pensiero che lo hanno attraversato.
Premessa: il “negazionismo”
Prima di entrare nel tema specifico ci sembra importante spiegare le ragioni per le quali non useremo qui il termine “negazionismo” e i suoi derivati. La principale è il fatto che quel termine è troppo vago, potendo a pieno titolo indicare sia chi neghi l’esistenza del virus, sia chi sostenga che non è pericoloso, sia chi affermi che sono inutili alcune delle misure indicate per contenerne la diffusione (per esempio il confinamento o l’uso delle mascherine). Categorie, queste, troppo diverse tra loro, non tutte criticabili e comunque non sulla base dei medesimi argomenti, cosicché accomunarle sotto il titolo di “negazionisti” è solo fonte di confusione e incomprensioni. Si aggiunga a questo il fatto che il termine “negazionismo”, nato e solitamente usato per indicare il revisionismo storico riguardo lo sterminio nazista degli ebrei, è per questo pesantemente gravato da un giudizio di valore senza appello, che rende accidentato ogni confronto dialogico argomentato. Pur riconoscendo quindi a quei termini una sensata applicabilità semantica, preferiamo non farne uso in questo articolo.