"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Pace e diritti umani

Il Concerto di Baghdad. Un omaggio al maestro Franco Battiato
Concerto di Baghdad

Quello che qui potete vedere è il filmato del “Concerto di Baghdad” di Franco Battiato. Realizzato il 4 dicembre 1992 al Teatro nazionale di Baghdad, il concerto si svolse in prossimità della prima guerra del Golfo che fece precipitare quel paese in una condizione di profonda sofferenza. 

Il concerto era parte dell'iniziativa umanitaria per l'infanzia irachena promossa da Un ponte per Baghdad. La sua realizzazione fu possibile grazie alla mediazione di Ali Rashid, allora vice ambasciatore palestinese in Italia. Ad accompagnare Franco Battiato, l'Orchestra dei Virtuosi Italiani e dall'Orchestra Sinfonica Nazionale irachena, con la direzione di Mohammad Othman, Antonio Ballista e Giusto Pio.

https://youtu.be/otuDAwqOE20 

In solidarietà con il popolo palestinese
Manifesto dell'iniziativa

Questo è un appello urgente alla mobilitazione in solidarietà con il popolo palestinese e per l'immediata fine delle violenze che stanno ancora una volta insanguinando la Palestina.

Pace per Gerusalemme, insieme a una serie di associazioni, persone e gruppi solidali invitano ad un presidio in occasione del 73° anniversario della Nakba,

Sabato 15 maggio alle ore 16.00 in Piazza Duomo, a Trento.

Ci ritroveremo, nel rispetto delle normative anti-Covid, per chiedere a gran voce:

-la fine dei bombardamenti e delle violenze contro i civili
-l’intervento deciso del Governo italiano, dell’Unione Europea e delle istituzioni internazionali per il rispetto dei diritti umani da parte di Israele
-la fine dell’occupazione e del regime di apartheid
-lo stop alla cooperazione militare tra Italia e Israele.

Vi aspettiamo tutte e tutti.

 

§§§

In nome del nostro albero di melograno
La posa del melograno nel parco delle Predare a Trento

di Razi e Soheila Mohebi


"A volte uno non si cura dei passeri e non sente quello che hanno da dire.

A volte non si cura di sentire il suono di flauto del pastore e non distingue le voci delle pecore e degli agnelli

e non si capisce cosa vogliono dire e poi arriva anche la volta in cui non sente più i sospiri e i gemiti delle altre persone.

L'esperienza della massimizzazione , sempre al suo apice, è possibile solo per l'uomo in guerra.

"Guerra significa massimizzare tutto."

Il nostro asino nero e altre Memorie di Jaghoori

Afghanistan

 

Mi viene da dire che tutto sia andato ad una velocità atroce, ma poi mi fermo sul mio pensiero: sapevamo fin dal lontano 2011, quando siamo partiti con una equipe della FilmWork sostenuta a sua volta dal Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, per girare il primo episodio di "Afghanistan 2014 campo lungo".

Il film racconta la prospettiva della comunità internazionale dopo il loro ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Abbiamo percorso le nostre inquietudini fino al 2014 realizzando il secondo episodio "Afghanistan 2014, Insert " e attraversando l'Europa, dalla Grecia all’Italia, dalla Germania alla Svezia, abbiamo domandato della diaspora afghana in esilio, per sapere cosa pensano possa accadere con il ritiro definitivo delle forze internazionali. 

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Genova, vent'anni dopo
Genova, 2001

 

Venerdì 7 maggio, alle ore 18.00, in diretta sulla pagina FB della Libreria due punti e sulle pagine di People e Arci del Trentino, presentazione del libro "Genova, vent'anni dopo". In dialogo con l'autore Giovanni Mari ci saranno Domenico Megu Chionetti e Franz Foti.

A vent’anni dal G8 di Genova, dai gravi fatti che hanno offuscato il summit e che lo hanno reso – questi sì – una svolta definitiva nella Storia d’Italia, Giovanni Mari, giornalista genovese e testimone, ripercorre i vari fallimenti che hanno connotato quell’esperienza, rendendola unica e irreversibile: il fallimento degli otto Grandi, del governo italiano, dell’intelligence, delle forze dell’ordine, della politica italiana tutta, e poi ancora della magistratura, dei mass media e, infine, anche del movimento noglobal. Una sconfitta che pesa su tutti.

Questo libro è un sincero e amaro giudizio di valore che, a distanza, parla del bisogno di una dolorosa rielaborazione che conduca passo passo a una verità difficile. Il contributo di Mari getta una luce diversa sulla lettura di quel terribile snodo che ha verosimilmente segnato la rappresentanza politica e le dinamiche di piazza di questo Paese nel nuovo Millennio.

 

Un unico paese, dal Giordano al Mediterraneo
Disegno di Milo Manra

Nella scorsa notte è giunto finalmente il cessate il fuoco. Dopo morte e distruzione, il fatto che le armi tacciano non è certo un dettaglio. Rimangono le ferite, il dolore e le macerie. E rimane intatta l'aggressività del governo israeliano e dei coloni verso Gerusalemme est e i territori palestinesi. Non mi pare ci sia un granché da festeggiare, se non nella logica farsesca di chi si attarda a pensare che una soluzione di pace e giustizia possa essere affidata al confronto militare. Così l'esito di questi giorni terribili è l'ennesima sconfitta della politica e l'accreditamento di un nemico di comodo come Hamas. Un esito prevedibile, che sposta ancora più inditero le lancette della pace. (m.n.)

 

di Ali Rashid *

Non ci sono parole per esprimere il dolore, lo sbigottimento e l'indignazione per quanto si sta consumando nella terra dove sono nato e per i crimini contro la popolazione civile, in particolare nella striscia di Gaza. E per la complicità di una diplomazia internazionale incapace di chiedere anche semplicemente il cessate il fuoco.

Sono stanco di indignarmi e di piangere. L'intero arco della mia vita è andato così. Un dolore che la mia generazione si è portata appresso per settantatre anni, da quando con la proclamazione dello Stato d’Israele senza nemmeno chiedere alle popolazioni che abitavano quelle terre cosa ne pensassero, venne cancellata la Palestina dalle carte geografiche.

Ma si può cancellare un nome e un popolo che affondano le loro radici nel cammino della storia, delle religioni e delle civiltà del Mediterraneo? Fu davvero una catastrofe (la Nakba come diciamo noi), come altre del resto. L'ordine internazionale scaturito dalla fine della prima e della seconda guerra mondiale venne disegnato dalle potenze occidentali in base ai loro interessi coloniali. Per la nostra gente fu l'occupazione militare della maggiore parte del territorio storico della Palestina, l'espulsione di due terzi della popolazione (un crimine chiamato “pulizia etnica”), la distruzione di più di 480 villaggi palestinesi, l’insediamento di immigrati europei di religione ebraica nelle loro case, l'uso della forza per attuarlo. Per il diritto internazionale sono crimini di guerra che solo la falsa coscienza dell'Occidente ha permesso ad Israele di violare impunemente.

Non c'è pace. Crisi ed evoluzione del movimento pacifista
La prima di copertina del libro

Mercoledì 14 aprile 2021, alle ore 18.00, presentazione del libro di Romina Perni e Roberto VicarPeopleetti Non c'è pace. Crisi ed evoluzione del movimento pacifista (People edizioni)

 

In un mondo ancora attraversato da violenze, conflitti, guerre spesso dimenticate o nascoste, il movimento pacifista fatica a trovare spazi. La stagione della grande mobilitazione d'inizio millennio appare lontana anni luce. Cosa è cambiato rispetto a quando il movimento arcobaleno era capace di riempire piazze e di spingere gli italiani a esporre la bandiera della pace alla finestra? Molto meno di vent'anni dopo, la cronaca descrive un paesaggio assai diverso. Il linguaggio della pace non è più pop. Eppure una mobilitazione, soprattutto tra i più giovani, sta crescendo: quella che impone l'ambientalismo come tema globale, irrinunciabile per l'agenda politica. E dalla crisi del movimento pacifista quale lezione può trarre chi oggi scende in piazza contro il cambiamento climatico? Insieme a professori, studiosi, attivisti, politici, abbiamo indagato le possibili cause esterne e interne che hanno contribuito alla "mutazione arcobaleno". Riflettere su questo potrebbe aiutarci anche a comprendere la portata della nuova ondata di partecipazione e, magari, a non commettere gli stessi errori del passato.

 

 

Il Papa in Iraq
Foto da Avvenire

di Adel Jabbar

La decisione del Papa di compiere una visita in terra mesopotamica richiede un’analisi attenta vista la complessità delle dinamiche geopolitiche del Vicino e Medio Oriente.

Il Pontefice si è recato in un’area che è teatro di scontro geopolitico, in cui sono presenti eserciti di potenze straniere invisi alle popolazioni locali, in cui il terrorismo di matrice transnazionale è all’ordine del giorno, i duri scontri tra diverse fazioni sono spesso sostenuti da attori internazionali grandi, medi, piccoli e piccolissimi. Nonostante tutto ciò ilcapo dello Stato Vaticano ha compiuto questa visita importante.

Dopo l’euforia mediatica e dopo che sono state dette molte cose e sono stati fatti molti commenti riguardo al viaggio del Sommo Pontefice vorrei richiamare l’attenzione su un aspetto relativo ai pronunciamenti del Papa durante le diverse tappe del suo viaggio.

Esso è di natura politica e riguarda la critica alla pratica della guerra, in quanto causa principale delle gravi condizioni in cui vivono molte delle popolazioni del mondo. Il Papa ha più volte sottolineato come la guerra sia un atto di sopraffazione. Ciò trova una dimostrazione chiara e drammatica in Iraq. Un paese strategico ricco non solo di materie prime bensì anche di risorse umane e di un immenso patrimonio storico culturale che ha subito due guerre scatenate in base a delle eclatanti e ignobili bugie quali la storia dei neonati nelle incubatrici gettati a terra dai soldati iracheni in Kuwait nel 1991. Episodio raccontato da una presunta infermiera, rivelatasi successivamente la figlia quindicenne dell’ambasciatore del Kuwait negli Stati Uniti, addestrata da un’agenzia americana di pubbliche relazioni. Anche per la guerra del 2003 si è fatto di nuovo ricorso ad una menzogna ovvero la storia delle armi di sterminio di massa, riportato con tanto di provetta tenuta in mano dall’allora segretario di stato Colin Powell. Queste sì che possono essere definite la madre delle fake-news. Tali bugie sono ormai ammesse perfino da diversi esponenti delle Nazioni Unite coinvolti nei fatti dell’epoca quali Denis Halliday, coordinatore degli aiuti umanitari ONU e Hans von Sponeck, coordinatore del piano sanitario ONU in Iraq. Il risultato di tale disinformazione è stato da un lato l’appoggio di alcuni settori dell’opinione pubblica mondiale all’intervento militare e dall’altra la popolazione irachena terrorizzata e brutalmente devastata. I responsabili di questi crimini di guerra, non solo rimangono fino ad oggi impuniti, bensì continuano a diffondere le loro menzogne e i loro successori proseguono perpetuando le medesime azioni distruttrici in altri contesti.

 

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