"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Archivio articoli

La debolezza della carne
Val di Vizze

di Lorenzo Berlendis *

 

Da predati a predatori

(28 luglio 2021) La frequentazione della carne, per usi alimentari, affonda nelle remote origini ed abitudini del genere Homo. Probabilmente i primi australopitecini, i consimili della Lucy di D. Johanson per intenderci, all’incirca 3 milioni e mezzo di anni fa, cominciarono a contendersi con gli altri spazzini della savana, iene, sciacalli e avvoltoi, le carcasse degli animali spolpate dai carnivori.

Discesi per cause facilmente legate al diradamento degli alberi nell’Africa orientale, loro abituale dimora, iniziarono, insieme alla postura eretta, un cambio di dieta imposto dalle mutate condizioni ambientali. Un cibo sicuramente tenuto in grande considerazione fu il midollo osseo, miracolosa riserva proteica custodita all’interno delle ossa. Memorabile, a questo proposito, la sequenza di “2001, odissea nello spazio” del maestro Stanley Kubrick.

Il passaggio verso la predazione e la macellazione di animali ottenuti dalla pratica della caccia, parimenti dalla pesca, fu inevitabile acquisizione successiva, ancorché occorsa in tempi lunghissimi rispetto alla nostra capacità di comprensione del succedersi delle fasi evolutive del genere Homo. Così le abitudini nomadi e le migrazioni che portarono i nostri lontani antenati a colonizzare altre terre furono dovute, probabilmente, oltre che ai cambi progressivi di clima, anche alla necessità di seguire gli spostamenti delle mandrie degli animali cacciati. Così come all’esaurimento di semi e vegetali oggetto di raccolta e all’aumento dei componenti delle comunità paleolitiche.

» continua...

leggi | 1 commenti - commenta | leggi i commenti
Il discredito sul IPCC. Un film già visto mezzo secolo fa.
Mare d'Aral

 

Queste note sono state scritte in due momenti diversi. La prima è nata in risposta ad una serie di articoli che “Il Foglio” ha pubblicato in questi giorni. Complice la calura estiva, la lettura ha subito innalzato la temperatura corporea oltre il livello di sopportazione. E cosi ho preso carta e penna e ho scritto al Direttore. Sono gesti di reazione che si fanno, pur sapendo che il direttore del Foglio mai pubblicherà una riga di quanto ho scritto.

Alla prima è seguita, il giorno dopo, la seconda nota dove faccio alcune considerazioni per analizzare le "ragioni dell'avversario", considerazioni che non mi sentivo di condividere con Cerasa. Ma con questo blog, sì. (a.m.)

 

di Alessandro Mengoli


Egregio Direttore,

scrivo in risposta all’articolo pubblicato in prima pagina a firma di Maurizio Crippa, pubblicato sull’edizione del Foglio del 12 agosto 2021, con il titolo: Il Cuomo dell’IPCC scriveva balle ma vinceva il Nobel.

Riporto dal testo: “…Ma il clima è cambiato, sì. Fosse stato lo stesso nel 2007 – quando un vecchio marrazzone di nome Rajendra Pachuari, che guidava l’Ipcc come un satrapo, fu costretto a dimettersi per molestie sessuali – assieme a lui avrebbero coperto di merda anche il suo istituto. Invece, siccome era a capo di un comitato alla moda, gli studi sul clima, in quel 2007 gli diedero pure il Nobel per la Pace. Incuranti che Pachuari quello stesso anno avesse diffuso un report che annunciava, sbagliando, lo scioglimento dell’Himalaya nel 2035.Ora siamo nel 2021 e tutti, tranne Franco Prodi e pochi altri prodi, pensano che i report Ipcc siano vangelo. Che clima ”.

 

 

» continua...

Per una Politica che si prende cura del mondo
da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini *

(7 luglio 2021) Dal marciapiede al cielo. E’ questo lo slogan scelto da Giovanni Caudo per presentarsi alle primarie del centro-sinistra a Roma. Lo sa bene, da presidente del terzo municipio della Capitale (quasi 100 kmq di estensione e oltre 200.000 abitanti), che va cercato con ostinazione il punto di equilibrio tra pragmatismo amministrativo e visione politica, tra attenzione per la prossimità e comprensione del contesto globale.

Certo serve prendersi il tempo di indugiare sulle cose, avere piena consapevolezza della fluidità e complessità del “grande teatro del mondo” e della necessità – per usare le parole del titolo della rivista Il Mulino nel settantesimo anniversario della sua fondazione – di lavorare per “guarire le nostre democrazie”, colpite da una sindemia che è prodotta dall’intreccio di crisi sanitaria, crisi economiche e sociali (al plurale), crisi culturale e di senso comune.

Guasto è il mondo. Lo scriveva anni fa Tony Judt riferendosi alle fragilità dello scenario geopolitico scaturito dalla caduta del Muro di Berlino e dalla cosiddetta “fine della storia”. La storia – è fatto pienamente emerso di fronte ai nostri occhi – non si è conclusa ma si è ulteriormente ingarbugliata, fuoriuscendo dai binari apparentemente senza alternative del capitalismo occidentale e dell’ottimismo progressista.

» continua...

Un Green deal per le foreste trentine
Vaia in Primiero

Vaia, da problema ad opportunità

Venerdì 9 luglio 2021, alle ore 17.30, si svolge a Trento, presso la sede delle Acli (via Roma 57), un incontro di vari soggetti sul tema del "dopo Vaia". A partire dalla proposta di documento che qui riportiamo.

La tempesta Vaia, che meglio sarebbe definire con il suo vero nome, ovvero uragano o ciclone tropicale, è stata la prima, palese manifestazione delle ripercussioni in sede locale delle modificazioni climatiche che si stanno verificando a livello globale.

In poche ore, ma meglio sarebbe parlare di minuti, la tempesta ha abbattuto oltre 42.500 ettari di foresta, molte dei quali secolari, creando una devastazione mai vista nei boschi di cinque comunità regionali: Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

L’evento ha messo in evidenza in primo luogo la fragilità “colturale e culturale” che ha caratterizzato le politiche forestali messe in campo da diversi decenni a questa parte e che risentono dell'impostazione produttivistica di tipo austroungarico, con la diffusione di impianti monospecifici (con la prevalenza di abete rosso) e coetanei che hanno indebolito la diversità dei boschi rendendoli più vulnerabili rispetto ad eventi come quello di Vaia.

Una vulnerabilità che misuriamo anche nell' affrontare l'onda lunga di Vaia, sia per i rischi connessi alla mancata estrazione del legname schiantato, sia per effetto del bostrico tipografo che aggredisce porzioni sempre maggiori di foreste indebolite da Vaia e dagli eventi estremi come le grandi nevicate dell'inverno scorso.

 

 

» continua...

Conversioni ecologiche e grandi opere
Quando L'Adige riprese il suo vecchio corso

 

di Vincenzo Calì

In tempi in cui a sbandierate conversioni ecologiche future si accompagnano mega progetti ferroviari presenti, sarebbe utile guardare anche a visioni passate, come quelle ottocentesche del poeta dialettale Bepi Mor: “El nos Trentin l'è fat come a ventala; 'n fora, i ghe fa 'n orlo de contorno per salvarlo 'n tantin da l' “omnia mala”.

Utile esercizio, quello di ricorrere a visioni, per quanti si trovano a vario titolo investiti del compito di salvaguardare l’autonomia territoriale.

Piace pensare che a queste dichiarazioni il poeta sia giunto alla vista dell’assalto subito dal territorio ai suoi tempi: la costruzione a fini militari delle ferrovie avvennero allora senza alcun riguardo alla struttura urbanistica della città di Trento, creando secolari ferite non ancora rimarginate.

 

 

» continua...

Gli ecosistemi non seguono i confini degli umani
Durante il mio intervento a Genova

Quello che segue è l'intervento che ho svolto al X congresso di Slow Food Italia per illustrare la mozione “Pensarsi e agire come Comunità, per la Slow Food degli ecosistemi”, approvata a larga maggioranza e che trovate nell'allegato.


Nel nostro dibattito congressuale abbiamo posto il tema cruciale del cambio di paradigmi. La sindemia, l'intreccio delle crisi ambientale, sanitaria, climatica demografica, migratoria, economica e sociale (che sappiamo anche politica e culturale), ha evidenziato ed accelerato l'urgenza di questo cambiamento.

Cambiare i paradigmi, però, non è così facile come può sembrare. Si tratta di approcci consolidati e mettere in discussione trecento anni di magnifiche sorti progressive richiede una rivoluzione copernicana. Non basta un voto congressuale per cambiare il nostro sguardo sul mondo.

Occorre un percorso e per questo, nei mesi scorsi, abbiamo immaginato un ambito di sperimentazione culturale e politica qual è stato Terra Madre.

Ci siamo detti: proviamo a leggere il pianeta (e il nostro tempo) con occhiali diversi, attraverso l'idea di nuove geografie. Ne è venuta la Terra Madre degli ecosistemi, non la vecchia geopolitica ma uno sguardo capace di comprendere che le grandi questioni si misurano sul terreno dell'interdipendenza globale e dei territori in cui viviamo: le terre alte, le terre metropolitane, le terre d'acqua, le terre di pianura. Gli ecosistemi non seguono i confini degli umani.

Il testo della mozione

» continua...

Il senso del collettivo non perduto. In ricordo di Franco Calamida
1998. Festa del ventennale DP-Solidarietà a Mezzocorona. In primo piano di profilo Franco Calamida.

(19 giugno 2021) Erano passati ormai una decina d'anni da quando i nostri percorsi politici avevano preso strade diverse. Eppure, nell'incontrarsi, bastava uno sguardo fra noi per dirci in buona sostanza che le cose in fondo non erano cambiate.

In questa sorta di intesa non centrava quel che accadeva nel mondo – grandi mutamenti investivano tempi piuttosto interessanti – quanto il trattamento che veniva riservato al pensiero laterale e a chi quella sensibilità sincretica cercava di interpretare.

Così il carattere aperto, la ricerca, la mitezza venivano scambiate per moderazione e arrendevolezza. Che nelle prerogative verticali, maschili e autoritarie delle strutture (di partito e non solo) diventavano motivo di emarginazione. La forza era data dai numeri, nelle piccole appartenenze forse ancor più che in quelle più robuste.

Avevamo imparato a sorriderne, ma questo non diminuiva certo il dolore e la fatica del sentirsi inascoltati o mal sopportati.

» continua...

leggi | 3 commenti - commenta | leggi i commenti