"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Paura e immigrazione, il contesto e qualche interrogativo.
Barchette

L'intervento di Antonio Rapanà alla bella serata di presentazione del libro “Sicurezza” a Trento

di Antonio Rapanà

(14 luglio 2018) Permettetemi, innanzitutto, di ringraziare Michele e Mauro, per aver offerto a me e a tante altre persone l’opportunità di uscire dall’indignazione individuale, dall’afasia generata dal nostro sgomento, per farne un momento collettivo, sia pure embrionale, di riflessione. Li ringrazio, in particolare, per non averci comunicato pensieri e parole semplicistici e rassicuranti, tipo “a da passà ‘a nuttata”. Michele e Mauro ci sollecitano, piuttosto, a rivedere i ragionamenti, le modalità e le relazioni dell’accogliere.

Come tanti ho avvertito scoramento e spaesamento di fronte alla ferocia e all’aggressività della nuova classe politica e di un’opinione pubblica impoverita ed impaurita. Ho vissuto anch’io la paura e avverto il bisogno che essa sia capita e rispettata; ho imparato, quindi, a capire e rispettare le paure degli altri. Le paure degli stranieri in primo luogo ma, anche, le paure dei miei connazionali. La mia grande paura è che questa fase tormentata e confusa possa inghiottire anche il futuro.

 

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Ecco perché il nazionalismo è una stronzata
Il portiere croato Subasic

 

Le parate di Danijel Subaši hanno portato la Croazia alle semifinali del Campionato del mondo. E smontato inesorabilmente le logiche e la retorica nazionalista. Un editoriale

di Ante Tomic *

Gli uomini delle Alpi Dinariche. Sono loro ad averci rovinati, ogni nostra disgrazia è dovuta a loro: padri emotivamente bloccati da impietosi sentimenti per ciò che è appropriato o meno, sempre attenti a ciò che la gente dirà, nella permanente paura che qualcuno al bar o alle partite si metta a ridere. Succede di tanto in tanto che capiti un pazzo figlio omossessuale o che la figlia si innamori di un serbo e che il padre - quel figlio o quella figlia - lo sbatta fuori di casa e, come si dice, ci metta per sempre una croce sopra. E anche se in seguito di solito tutto prosegue al meglio e quel figlio omosessuale diventa un riconosciuto medico o un famoso musicista, o il genero serbo risulti essere persona di valore e responsabile, marito fedele e padre gentile di tre meravigliosi bambini, il vecchio comunque continua a non parlare con loro. L'animale tace e soffre per il suo terribile fardello. Un immenso e duro ammasso d’iroso, ostinato, triste e vacillante, disperato amore gli grava sul petto come un’enorme pietra. Per anni gli ha compresso le costole e alla fine l’ha schiacciato del tutto. Muore quell’uomo di stupidità, solo con se stesso, senza nessuno dei suoi accanto, solo perché ha avuto paura dell’altrui cattiveria e scherno.

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«Sicurezza». Oggi (Café de la Paix, ore 20.00) la presentazione del nuovo lavoro di Mauro Cereghini e Michele Nardelli
L'immagine scelta per la presentazione di questa sera

 

Viene presentato oggi, venerdì 13 luglio 2018, alle ore 20.00 a Trento presso il Café de la Paix (Passaggio Teatro Osele), il volume "Sicurezza", il nuovo lavoro di Mauro Cereghini e Michele Nardelli, uscito nei giorni scorsi nella collana "Parole allo specchio" delle Edizioni Messaggero di Padova.

Più che un nuovo saggio sul tema, questo libricino (o "librone", come l'ha definito ieri sera Paul Renner nel corso della presentazione a Bolzano) è un "discorso politico" nella sua accezione più genuina, ovvero la trattazione politica di un argomento di particolare attualità, nel tentativo di sottrarre questa parola a chi la sta usando per incutere paura e di declinarla invece in maniera diversa, nel senso del "prendersi cura" delle tante facce dell'insicurezza.

A parlarne con gli autori questa sera saranno Lucia Fronza Crepaz e Antonio Rapanà, figure che con il loro impegono sociale e politico hanno testimoniato nel tempo la gioia e la fatica del prendersi cura.

La recensione di Paolo Ghezzi

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La tempesta Vaia. Appunti di viaggio.
Val Visdende

 

di Diego Cason *

Fare il punto sugli effetti della tempesta Vaia non è compito semplice ma è indispensabile una riflessione su questo evento straordinario mai avvenuto prima sulle Alpi orientali e, in particolare, nel territorio dolomitico. La prima considerazione da fare riguarda il significato di evento straordinario. Esso si inserisce, in modo anomalo, in una serie di eventi catastrofici di dimensione locale che normalmente si ripetono sulle Dolomiti come in tutte le altre aree alpine quando vi sono precipitazioni (piovose e nevose) rilevanti. Per questo motivo è necessario ribadire che il territorio montano è pericoloso ed esposto regolarmente ad eventi che producono danni ambientali e ai manufatti delle comunità. La tempesta Vaia si è sviluppata tra il 27 ottobre e il 2 novembre 2018 ha interessato un’area che va da Baltico al Mediterraneo. È stato il 29 ottobre che il vortice depressionario, rinforzato da venti di scirocco e libeccio ha raggiunto la sua massima intensità. Gli effetti sui boschi si sono concentrati nell’area che va dalla provincia di Sondrio alla provincia di Udine ma ha colpito anche aree circoscritte nelle Alpi marittime e a nord del Lago Maggiore. Le intese precipitazioni, superiori a quelle registrate nell’ultima alluvione del 1966, unite alla forza dei venti, hanno prodotto gravi danni agli edifici, alla viabilità, alle reti tecnologiche e alle opere idrauliche su quasi tutti i corsi d’acqua in particolare nel bellunese, in Trentino e in provincia di Udine. Limitandoci a valutare i danni sul patrimonio boschivo essi riguardano 41.491 ha in 473 comuni e hanno prodotto circa 8,7 milioni di metri cubi di legname schiantato, per un valore di circa 440 milioni di euro. La provincia che ha assorbito il danno assoluto maggiore è il Trentino con 18.300 ha devastanti e con 3,3 milioni di m3 di legname schiantato, segue il Veneto con 12.114 ha e 2,5 milioni di m3, l’85% dei quali in provincia di Belluno.

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Questione meridionale o pensiero meridiano?
Calitri. Foto di Mauro Arnese

Interrogativi e riflessioni intorno al viaggio nelle “terre dell'osso” (maggio – giugno 2018)

di Michele Nardelli *

Nel corso del viaggio nelle “terre dell'osso”1 si è fatta largo nei miei (nostri) pensieri una domanda che è divenuta ancor più assillante dopo essere ritornati nelle asprezze di un profondo nord dove la natura non si può certo dire sia meno ostile rispetto a quella che abbiamo attraversato nel nostro itinerario fra Sannio, Irpinia e Lucania.

La domanda è la seguente: esiste (ed è mai esistita) una questione meridionale?

So bene quanto questo interrogativo possa essere insidioso, dopo che alcune delle menti più fervide del Novecento, da Gaetano Salvemini ad Antonio Gramsci, hanno fatto di tale “quistione” uno dei temi cruciali del loro agire politico.

Ma è proprio il cambio di sguardo che si propone questo nostro “Viaggio nella solitudine della politica”2, nel suo interrogarsi sui fondamentali, ad indurci domande cruciali che investono il presente, ovvero l'esito di quei paradigmi che hanno segnato il Novecento e con i quali ancora non abbiamo fatto i conti.

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Voci e sguardi fuori campo
Il ponte di Annibale

Diario di vaggio nelle "terre dell'osso".

30 maggio – 3 giugno 2018

 

di Micaela Bertoldi

 

 

Terre alte del Mezzogiorno

- Dove si situano queste terre che ci fanno sentire simili, dato che sappiamo di appartenere alle Terre alte dell’arco alpino? – mi domando. Andremo alla riscoperta di fratellanze montagnarde, dovute a secoli di vite solitarie in paesi di montagna, assai diversi per forma e condizioni, lingue, usanze e cultura.

- Forse è meglio ripescare nei libri di scuola qualche notizia: per avere consapevolezza delle distanze – nel tempo e nella geografia – in modo da poter entrare in punta di piedi in luoghi degni di ogni reverente attenzione.1

Regioni e cenni storici

La più antica ripartizione del territorio italiano risale all’imperatore romano Augusto quando, circa duemila anni fa, ripartì la penisola in undici regioni (più tre subregioni) situate nella parte continentale, e due province, la Sicilia e la Sardegna, amministrate a parte perché considerate “non romane”.

Le regioni erano numerate da I a XI, partendo ovviamente da Roma. Quindi Latium et Campania, I; Apulia et Calabria, II; Lucania et Bruttium, III; Samnium, IV; Picenum, V; Umbria, VI; Etruria, VII; Aemilia, VIII; Luguria, IX; Venetia, X; Transapadana, XI. 

Sul ponte di Annibale

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La nuova ossessione si chiama sicurezza
Insicurezza

di Paolo Ghezzi *

L’ossessione sicurezza. Mondo, Italia, condominio. In una esistenza già iper-tecnologica, iper-garantita, iper-assicurata, ci opprime la necessità psicofisica di sentirci e dirci sicuri.

Michele Nardelli e Mauro Cereghini, che di Balcani e di promozione della cultura di pace ne sanno parecchio, partono dalle false sicurezze della Bosnia 1992 per iniziare il loro viaggio in questa parola che oggi è una delle più abusate sul mercato della politica. Il libro, “Sicurezza”, collana “Parole allo specchio”, edizioni Messaggero Padova, è stato presentato a Trento venerdì scorso 13 luglio.

«Qui non accadrà» dicevano a Sarajevo 26 anni fa, mentre apprestavano le trincee. E gli autori commentano: “Vediamo solo quel che vogliamo vedere. È così anche per l’insicurezza e la paura. Si è diffuso in modo quasi virale, sotto pelle, un sentimento di precarietà esistenziale, come vivessimo una costante minaccia personale e di gruppo. I dati indicano il progressivo calo dei reati in Italia, ma non lo si vede e si continua a chiedere più sicurezza”.

 

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