"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Sicurezza, per liberare questa parola dagli stereotipi
da OBC-T

Da poco in libreria “Sicurezza”, un breve saggio che guarda al presente europeo e prende spunto dagli anni '90 nei Balcani

 

di Davide Sighele *

Non è facile scrivere di un libro scritto da persone con cui si è condiviso parte di un percorso di vita e professionale. Non è facile perché dopo viaggi, discussioni, esperienze comuni si teme di non riuscire più a meravigliarsi, a stupirsi e a sentirsi colpiti da ciò che si legge.

Michele Nardelli e Mauro Cereghini, gli autori di “Sicurezza”, uscito di recente per Edizioni Messaggero di Padova, sono tra coloro i quali hanno fatto nascere Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e lo hanno accompagnato nei primi passi. Sono stati poi affiancati nel farlo crescere e diventare un'esperienza matura qual è ora dalla nostra direttrice scientifica Luisa Chiodi e dal nostro direttore di testata Luka Zanoni.

E' bastata però la lettura delle prime pagine per dissipare i timori e per trovare stimolante il proseguire. 

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Sicurezza di chi?
Urlo-Munch

 

Negli ultimi anni la "sicurezza" (insieme a "protezione") è la parola magica delle destre. Facendo leva sulla paura e l'ansia per quello che ci succede intorno (la globalizzazione, le migrazioni, la precarietà, ecc.) l'evocazione della "sicurezza" è diventata l'architrave (e merce elettorale) di una narrazione populista e crimonogena che sfocia spesso nell'autoritarismo, nel "law and order", nella retorica retrograda del "prima noi".

Al carotaggio analitico e politico di questa parola e di questo concetto, Michele Nardelli e Mauro Cereghini hanno dedicato un prezioso volume ("Sicurezza", pubblicato dalle Edizioni Messaggero Padova), svelandone le ambiguità, i falsi miti, ma anche le cause e le possibili declinazioni in una chiave diversa: progressista, solidaristica, comunitaria.

 

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Cinquant'anni fa. Per ricordare e riflettere
Praga, 21 agosto 1968

di Michele Nardelli

(20 agosto 2018) Cinquant'anni. E' passato mezzo secolo da quella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968 in cui i carri armati fecero irruzione in Cecoslovacchia e invasero le strade di Praga.

Ne ho un ricordo nitido, malgrado fossi poco più che un bambino. Con mio fratello Carlo nella nostra stanza alle Camalghe il piccolo transistor era sintonizzato sulle frequenze di Radio Praga e fu proprio in quei momenti, passata la mezzanotte, che venne lanciato il disperato appello affinché la Primavera non venisse soffocata.

Sappiamo che la storia andò in altro modo e che dovettero passare altri vent'anni per la fine di quella dittatura. Ed ero a Praga in quel 29 dicembre 1989 quando Vaclav Havel parlò alla folla dei manifestanti dalle finestre del Forum civico che di lì a poco l'accompagnarono al Castello in veste di presidente dell'allora Cecoslovacchia.

Praga, 29 dicembre 1989

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Il sogno e il drago
Angelus Novus

Mauro Cereghini, Michele Nardelli

Sicurezza

Edizioni Messaggero, Padova, 2018

 

 

di Micaela Bertoldi

 

 

Una riflessione a due voci, intrecciate l’una nell’altra senza possibilità di distinzione.

Un tema, la sicurezza, sviluppato all’unisono, all’interno di una spinta a restituire alle parole un significato. Gli autori ne hanno indagato la portata e anche gli scivolamenti semantici imposti dalla convenienza dei tempi, dall’uso politico e stereotipato della parola che fa leva sui timori diffusi.

Un tema/problema, quello della sensazione di non sicurezza, che sembra prevalere ai nostri giorni mettendo dietro alle spalle le grandi tensioni umanitarie e le ideologie forti del secolo scorso, miranti a società più giuste, animate da cittadini all’insegna dell’uguaglianza dei diritti.

Colpisce nel capitolo 3, a proposito di passato che non passa, la sottolineatura del peso dell’orgoglio bianco dei sostenitori di Donald Trump, maggioritari negli stessi Stati che nel 1861 videro la Guerra di Secessione, gli Stati di un’America profonda che si opponeva all’abolizione dello schiavismo. Oggi pare che le popolazioni di quei paesi si riconnettano allo stesso clima conservatore e razzista di quel tempo, decisi a non rinunciare all’uso incondizionato delle armi per ‘difesa’ di interessi privati. Armi che stanno generando vittime in continuazione, accrescendo l’insicurezza anziché garantire tranquillità.

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Lo storytelling del rancore prodotto dalla crisi politica
Solitudini

 

di Aldo Bonomi *

(4 agosto 2018) Il salto d’epoca, il salto di paradigma, l’epoca dei flussi, muta profondamente le culture, le società e le economie dei luoghi e scompagina la composizione sociale. Lasciando sul territorio tanti che subiscono il cambiamento in un’anomia che altro non è che l’incapacità di tradurre la modernità in valori socialmente condivisi per ri-costruire comunità.

Nella composizione sociale prende corpo una moltitudine che altro non è che la dimensione di massa senza più il sistema ordinatorio delle classi, nella crisi del welfare senza ascensore sociale o conflitto per cambiare, nell’epoca dell’individualismo compiuto e dell’egologia dove «uno vale uno».

Un sociologo ben più autorevole di me l’ha definita la «società liquida». Direi oggi liquidità al mercurio, simbolo chimico del rancore sfuggente e molecolare, visti i tempi che attraversiamo. A questa dimensione pre-politica occorre guardare per capire la crisi della politica, delle rappresentanze e della forma partito nate nel secolo breve. Forme sostituite nell’agone del consenso più che dalla visione della società che viene, dall’Adattivismo. Ci si adatta acriticamente al rancore spalmandosi come benzina propedeutica del consenso, troppo spesso, a proposito di Salvini, con il cerino in mano per mobilitarlo contro l’altro da sé o agendo sulle paure di diventare ultimi, senza porre la questione del come risalire nella scala delle disuguaglianze.

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«Sicurezza», spunti di riflessione e nuovi desiderabili scenari
rotta balcanica
Un'intervista dal giornale online http://franzmagazine.com/
 
Le Edizioni Messaggero di Padova, hanno recentemente dato alle stampe "Sicurezza", di Michele Nardelli e Mauro Cereghini. Del tema e del libro parliamo con gli autori...

Il libricino in questione (agile nelle dimensioni, ma non “poco” nel contenuto) si presenta con un titolo che nel nostro tempo risuona ad ogni angolo e in ogni contesto: “Sicurezza”. Parola usata e abusata, essa richiama questioni che, per com’è e per come ce la vogliono fare intendere, ci toccano senz’altro da vicino e con urgenza. Per capire se questo sia vero, e in quale misura, gli autori Mauro Cereghini e Michele Nardelli ci offrono interessanti approfondimenti e spunti di riflessione.

L’immediatezza dello stile e le abbondanti “illustrazioni letterarie” rendono la lettura particolarmente gradevole, anche sotto l’ombrellone. Se da bambini, al ritorno del mare, ci sentivamo dire “Guarda come sei cresciuto!”, la lettura di questo saggio ci darà l’occasione per irrobustire la nostra consapevolezza di abitanti del pianeta…

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«Sicurezza», la presentazione di Vita Trentina
La pagina di Vt

«Pubblicato nella collana "Paole allo specchio" per i tipi delle Edizioni Messaggero Padova, il volumento appare agile, ma è invece, come l'ha definito con sintesi efficace Paul Renner, "un librone, un libro pesante". Perché propone un cambio di paradigma, un nuovo umanesimo capace di far propria la cultura del limite e la forza della nonviolenza».

Così scrive il settimanale "Vita Trentina" del libro "Sicurezza" nell'ampia cronaca della presentazione di venerdì scorso a Trento e che dedica agli autori Mauro Cereghini e Michele Nardelli un'intervista dal titolo "Impariamo a riprendere in mano le parole".

Il libro uscito la scorsa settimana - scrive il settimanale diocesiano - "arriva salutare", uno scossone in una società che "ha demandato la sicurezza nelle nostre città alle telecamere".

L'ampio articolo di Vita Trentina