"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Raffaello Cortina Editore, 1999
Ritrovare l’immagine dello specchio per descrivere il rapporto fra l’Europa (o meglio, quel mezzo continente che così si è autodefinito) e i Balcani (ovvero il sud est Europa) negli scritti di Rada Ivekovic, è stato emozionante. Una metafora che ho cominciato ad usare qualche anno fa, nei primi accenni di riflessione dopo l’immersione in quella moderna tragedia, e con l’andare del tempo questa immagine è divenuta via via sempre più nitida, quand’anche incompresa dai molti che hanno continuato a mantene-re verso ciò che stava avvenendo oltre l’uscio di casa un atteggiamento di rimozione oppure (o insieme) di natura emergenziale, tanto nell’intervento (diplomatico e militare) quanto nell’azione umanitaria. “Autopsia dei Balcani”, un saggio di psico-politica come lo definisce l’autrice, è un ritratto geniale del nostro tempo, di noi e del nostro rapporto con l’altro, quando ci rispecchiamo nel nostro contrario, in questo caso da una parte all’altra del mare Adriatico.
Quinto Antonelli
Storia intima della grande guerra
Lettere, diari e memorie dei soldati al fronte
Donzelli Editore, 2014
Con il dvd del film di Enrico Verra "Scemi di guerra"
Questo libro non è per noi. Siamo degli intrusi noi che oggi sbirciamo tra le lettere e i diari dei soldati. I loro testi erano infatti parte di una comunicazione intima, chiusa all'interno della cerchia famigliare. Se gli ufficiali colti, quando scrivono alla famiglia, scrivono un po' anche per i posteri, chi scrive queste pagine è per lo più un soldato subalterno (che prima di essere chiamato alla guerra faceva l'operaio, il contadino, l'artigiano), con l'unica ambizione di rivolgersi ai suoi famigliari, per difendere quel ponte comunicativo che il conflitto rischia di interrmpere: «Ti raccomando di scrivermi presto onde potermi rallegrare un poco, perché la mia vita di trincea è peggiore a quella dei nostri porci».
Si tratta di una ricchissima documentazione (che quasi sempre si sttrae alle norme ortografiche e sintattiche, e per questo può sembrare ingovernabile) raccolta presso il Museo storico del Trentino, e a lungo esclusa dal racconto nazionale, in quanto considerata marginale, se non conflittuale: gli autori sono infatti "tutti" gli italiani, anche quelli che un secolo fa erano sudditi dell'Austria: trentini, giuliani, triestini.
Aleksandar Hemon
Il progetto Lazarus
Einaudi, 2010
In ogni luogo, fuori posto
di Michele Nardelli
Era lì, su uno scaffale. Attendeva che trovassi il tempo per prenderlo fra le mani. Ogni libro è per me un oggetto animato, che chiede rispetto, che cambia nel tempo perché diversi sono i tuoi occhi, che si arricchisce dei tuoi appunti e diviene - ben oltre l'acquisto in libreria, dettato in questo caso dal richiamo balcanico - qualcosa di tuo. Quando ancora questa relazione non è cominciata, rimane lì, in attesa di appartenere a qualcuno. Poi accade che in un locale pubblico della mia città, venga fuori il nome di Aleksandar Hemon come possibile testimone di un incrocio di sensibilità, fra vecchie migrazioni austroungariche e moderni sguardi balcanici. E allora quel libro inizia la sua nuova vita.
Natasha Radoji-Kane
Ritorno a casa
Adelphi, 2003
Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una battuta di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio – i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo – ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele – risulta più difficile. L'unica soluzione sarà rischiare tutto in un'estenuante partita a carte, fra puttane adolescenti e violinisti impazziti, contro l'avversario più temibile, il re degli zingari locali. Il ritorno a casa di Halid si consuma così in tre giorni freddi, fangosi e febbrili, che in questo suo primo, straordinario libro Natasha Radoji-Kane racconta attenendosi rigorosamente ai fatti e lasciando che dai gesti, dalle parole e dai silenzi dei personaggi si sprigioni il fantasma di un paesaggio – la Bosnia consumata dall'odio e da una guerra inesauribile – molto più vicino a noi di quanto vorremmo ammettere.
A cura di Roberto Biorcio, Ida Farè, Joan Haim, Maria Grazia Longoni
Massimo Gorla, un gentiluomo comunista
Sinnos editrice, 2005
«Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. Perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché era solo una forza, un sogno, un volo, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto quello slancio, ognuno era... come più di se stesso. Era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e, dall'altra, il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo e cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare... come dei gabbiani ipotetici».
Qualcuno era comunista, Giorgio Gaber
Micaela Bertoldi
Intrecci. Stralci di narrazioni familiari sullo sfondo della "piccola" Europa
Fondazione Museo Storico del Trentino, 2014
Protagonisti di questo volume sono solo alcune della piccole "comparse" che hanno animato il grande scenario della storia del Novecento: donne e uomini confusi e dispersi nella grande folla dell'umanità, schiacciati e trasportati dagli eventi come un fiume in piena, ma al tempo stesso ricettori e trasmettitori attenti di quanto intorno a loro stava accadendo. Ed è quanto viene proposto dall'autrice che, in uno stile proprio più alla letteratura che alla storiografia, con un'attenta scelta di espressioni, citazioni e ricordi recupera e collega fra loro non solo i tasselli di tante "microstorie" familiari, ma i tratti fondamentali di quell'universo d'intense emozioni che si celano nel passato di tutta la "gente comune". Ne scaturisce una rappresentazione che, al pari di quella offerta da ben più illustri personaggi, appare il completamento di un mosaico altrimenti povero di sfumature.
Peter Manseau
Ballata per la figlia del macellaio
Fazi Editore, 2009
"Una fiaba ironica e lieve sul valore della vita e della letteratura"
«Ho capito che il fanatismo e la terra si nutrono a vicenda. Prima avevamo la Terra Promessa, la desideravamo ardentemente; quando la ottenemmo, lottammo per tenercela. Non avrei mai creduto che avrei detto una cosa simile, ma dopo aver combattuto per essa, e dopo averla lasciata, non credo che la desidererò più. Mi sembra quasi che starne lontani sia la cura per quella particolare forma di pazzia».