"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
«…resta pure sempre valido il monito espresso dall’immagine della ninfea che raddoppia quotidianamente le sue dimensioni, di modo che, il giorno che precede la copertura dell’intera superficie dello stagno la metà ne resta ancora scoperta, per cui quasi nessuno, alla vista di tanto spazio libero, è portato intimamente a credere all’imminenza della catastrofe.» Remo Bodei, Limite
di Roberto Burdese *
(28 maggio 2020) Ognuno di noi ha letto, nei mesi del lockdown, un gran numero di articoli e libri per cercare di comprendere questa pandemia: da dove viene, quali segni lascerà nelle nostre vite, come ne usciremo, che insegnamenti possiamo trarne.
In queste pagine digitali, nelle scorse settimane, vi abbiamo parlato di alcune di queste letture, cercando di metterle in relazione con l’esperienza di Slow Food, nel tentativo di comprendere meglio il cammino che ci attende, con l’auspicio di affrontarlo con il giusto atteggiamento. Io le pagine più utili a comprendere quanto ci è accaduto le ho lette poco prima del fatale 21 febbraio. Naturalmente quando mi sono capitate tra le mani non potevo immaginare che mi avrebbero guidato nella comprensione di quanto avremmo vissuto di lì a pochi giorni, tanto più che non parlano di virus influenzali. Ma andiamo per ordine.
Il monito della ninfea è un libro pubblicato a fine gennaio 2020: quando l’ho ricevuto, fresco di stampa, il virus sembrava circolare liberamente solo in Cina e pochi altri Paesi dell’estremo Oriente, mentre il resto del mondo si illudeva di poterne restare immune. Michele Nardelli, che lo ha scritto assieme al sociologo Diego Cason, è un Consigliere nazionale di Slow Food Italia con un ricchissimo curriculum nella politica delle istituzioni e in quella della società civile. Il libro mi era stato anticipato da Michele con alcune telefonate, nelle quali mi raccomandava di fargli avere le mie opinioni dopo la lettura, convinto che questa potesse contribuire alle riflessioni perennemente in corso in seno alla nostra associazione. Certo nemmeno Michele immaginava, in quel momento, cosa sarebbe capitato da lì a poco…
Cambi di paradigma | 2
Venerdì 8 luglio 2016, ore 18.00
Bookique, Parco della Predara - Trento
Ne discutono
Mauro Cereghini, ricercatore e formatore sui temi della pace
Lorenzo Fazio, direttore editoriale Chiarelettere
Introduce e coordina
Federico Zappini, associazione territoriali#europei
La conversazione - intesa come una vera e propria presentazione del libro - arriva a un anno dalla morte del suo autore, Luca Rastello.
L'associazione territoriali#europei, nell'ambito del percorso "Fra il non più e il non ancora", ti invita all'incontro "Il secolo che nasce e muore a Sarajevo".
28 giugno 1914. A Sarajevo, nei pressi del Ponte Latino, Gavrilo Prinzip assassina l'erede al trono asburgico Francesco Ferdinando e la moglie Sofia. E' il pretesto che di lì a poco darà il via alla prima guerra mondiale. Sarà “il tempo degli assassini”.
5 aprile 1992, qualche mese dopo l'avvio delle ostilità che porteranno all'esplosione della Jugoslavia, iniziano la guerra in Bosnia Erzegovina e l'assedio di Sarajevo. Durerà fino a tutto il 1995, capitolo infinito di una tragedia che insanguinerà per un decennio il cuore balcanico dell'Europa.
Il Novecento è alle nostre spalle. Ma quanto abbiamo saputo elaborare il secolo nel quale il numero dei morti in guerra risulterà triplo di quelli morti in eventi bellici nei diciannove secoli precedenti? Quanto ci siamo interrogati sulle parole “Arbeit mach frei” che accoglieva l'umanità destinata a passare per i camini? Quanto abbiamo saputo trarre lezione dal delirio novecentesco degli stati-nazione? Quanto abbiamo saputo riflettere sul progresso senza limiti che ha reso questo pianeta insostenibile? E che cosa abbiamo imparato noi europei dalla lezione della “guerra dei dieci anni”?
Marco Revelli
Non ti riconosco
Un viaggio eretico nell'Italia che cambia
Einaudi, 2016
«Nel corso di questo lungo viaggio erratico tra le pieghe di un Paese sospeso, ho incontrato un'infinità di tracce di metamorfosi istantanea. Di futuri fattisi istantaneamente anteriori. Di promesse appena immaginate e già mancate. Di progetti iniziati e non terminati. E i segni di mappe che non valgono più. Ma non riesco a considerarli simboli di un paradiso perduto».
di Federico Zappini
Riporto qui una breve traccia utile all’intervento introduttivo alla presentazione del libro “I buoni” di Luca Rastello, che si svolge a Trento l’8 luglio 2016 a un anno esatto dalla sua morte. E’ un’introduzione per me particolarmente complessa da imbastire, per tre motivi almeno.
1) Luca Rastello – che io non ho avuto il piacere di conoscere personalmente – non credo avrebbe apprezzato un ricordo retorico della sua attività di scrittore ma ci avrebbe invitato a focalizzare la nostra attenzione e il sempre troppo poco tempo a disposizione sui temi che le sue opere (solo ultima tra molte “I buoni”) continuano a sottoporci anche dopo la sua scomparsa. In maniera ruvida certo, disturbante al limite della provocazione, ma forse proprio per questo motivo con un risultato così efficace e fruttuoso. “La guerra in casa”, “La frontiera addosso”, “Piove all’insu” sono solo alcuni dei suoi lavori che ci interrogano sull’esistente nel tentativo di descrivere un futuro altro, migliore. Risvegliano la nostra sana inquietudine e ci impongono di – citando un bellissimo intervento di Goffredo Fofi – “non essere mai reduci, ma di abitare appieno il proprio tempo”. La prima domanda che dovremmo porci – e la rivolgo per primo me stesso – è se siamo grado di assumerci questo ruolo di curiosi osservatori e animatori del contesto nel quale ci muoviamo, “impegnati a non soffocare mai i dubbi, in primo luogo su noi stessi” e il nostro operato. E’ l’argomento che sottoporrò a Mauro Cereghini all’interno di questa conversazione.
di Federico Zappini
(11 giugno 2016) «La cultura è portatrice di valori universali e non può essere ridotta a un mero fenomeno commerciale. La cultura è per la qualità della vita e identifica al tempo stesso una società più libera dal bisogno economico e più aperta ai valori della solidarietà, della crescita dei beni comuni, dello sviluppo nella cooperazione e nella fiducia. Insomma la culturaper lo sviluppo non si appiattisce sui mercati e le loro regole egoistiche, ma ambisce allo sviluppo nell’equità e giustizia delle forme distributive». Così si esprime Walter Santagata nelle conclusioni del prezioso Il governo della cultura (Il Mulino, 2014). L’Amministrazione comunale di Trento dovrà prendere fortemente in considerazione questo richiamo alla valutazione dell’impatto sociale della cultura in relazione allo spazio urbano se vorrà rendere credibile e – auspicabilmente – vincente la propria candidatura a Capitale italiana della cultura per l’anno 2018.
IL VICINO MEDIO ORIENTE
Presentazione del libro di Micaela Bertoldi "Tra Turchia e Siria - Lune e mezzelune in terre di confine”
intervengono
Massimiliano Pilati, Presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani
Davide Sighele, redattore e documentarista di Osservatorio Balcani e Caucaso
Michele Nardelli, ricercatore sulle tematiche della pace e dei diritti umani.
"Tra Turchia e Siria. Lune e mezze lune in terre di confine” ci trasporta nel Vicino Medio Oriente in terre segnate dalla Storia degli scontri tra imperi, ma anche caratterizzate dall'essere punto di incontro tra culture feconde, tra fedi - ebraica, cattolica, ortodossa, islamica - e tra grandi correnti di pensiero filosofico e scientifico.