"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Un reportage dal confine greco macedone di Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli
28 gennaio/25 febbraio 2017 orari di apertura: sabato dalle 16.00 alle 19.00 / domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.00 - Paggeriarte Piazzale della Rosa Sassuolo
Sabato 28 gennaio ore 18.00: inaugurazione mostra e presentazione del volume “Dal libro dell’Esodo” (Piemme edizioni)
Interverranno Luigi Ottani, Roberta Biagiarelli e Michele Nardelli (ricercatore sui temi della pace, fondatore Osservatorio Balcani Caucaso)
Venerdì 10 febbraio ore 21.00: “Immigrazione, analfabetismo, semplificazione”.
Interverranno Massimo Tesei (Fondatore di Forlì Città Aperta), Asmae Dachan (giornalista italo-siriana) e Roberta Biagiarelli.
Egidio Ivetic
Un confine nel Mediterraneo
L'Adritico orientale tra Italia e Slavia (1300-1900)
Viella libreria editrice, 2014
«Sullo sfondo di una riflessione storiografica transnazionale e con lo sguardo non circoscritto alle periodizzazioni tradizionali, il libro ripercorre le convivenze e le divisioni tra popolazioni, decostruisce l'idea stessa di confine, andando oltre i canoni delle storiografie coinvolte e le separazioni cultrali ancora vive in queste terre mediterranee».
Giuseppe De Rita
Dappertutto e rasoterra
Cinquant'anni di storia della società italiana
Mondadori, 2017
L'Italia di De Rita dal boom allo storytelling
di Aldo Bonomi
Giuseppe De Rita, fondatore e animatore del Censis, ci invita a un ricordare il futuro oltre il presentismo. Ha pubblicato un ponderoso tomo “Dappertutto e rasoterra” cinquant'anni di storia della società italiana (Mondadori). Un affresco, una icona, per dirla con il Cacciari del “Pensare per immagini” a cui De Rita ci ha abituati con il suo denominare il divenire sociale con metafore interroganti. Mi evoca il quadro di Carlo Levi che dopo il suo “Cristo si è fermato a Eboli” dipinse anche la storia sociale della Basilicata, per Italia '61 che celebrava i suoi cento anni rappresentando il secondo popolo, sempre raccontato dal primo. Il dipinto oggi sta lì a Matera nel museo che si affaccia sui Sassi, icona allora degli invisibili da includere e oggi ipermoderna immagine di un'incerta cultura europea alla ricerca di radici e storia.
Donatella Di Cesare
Stranieri residenti
Bollati Boringhieri, 2017
L’approccio alle migrazioni di Donatella Di Cesare alla prova dell’Italia del rancore
(12 febbraio 2018) Parlare di immigrazione a pochi giorni dall’attacco di matrice razzista di Macerata rischia di far prendere a ogni considerazione una deriva retorica che allontana dalla piena comprensione di ciò che sta accadendo. Ecco perché, iniziando a raccontare la conversazione con Donatella Di Cesare a proposito del suo ultimo libro “Stranieri residenti” (2017, Bollati Boringhieri), faccio riferimento ad alcune riflessioni che – rovistando nel marasma non proprio edificante dell’informazione e nel profondo degli abissi del web – aiutano a orientarsi dentro il tempo che stiamo vivendo e ci impongono un punto di vista più articolato rispetto a temi e fenomeni che non toccano incidentalmente le nostre vite ma ne fanno parte – non da ieri, non in forma emergenziale – e ne faranno parte ancora per lungo tempo, mettendoci alla prova. Questioni decisive – la relazione con l’altro, la giustizia sociale, il rapporto ambiguo con l’identità e la debolezza dello Stato Nazione – perché potenzialmente fondative di un modo diverso di addentrarci nel futuro.
E' uscito in questi giorni il n.113 di “Protagonisti”, la rivista storica dell'Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Questo numero monografico è dedicato al rapporto fra centri e periferie.
Come potete vedere nel sommario che segue, si tratta di un numero della rivista particolarmente ricco di spunti di riflessione attorno alla grande questione del futuro delle autonomie e della Regione Dolomitica. Fra i contributi anche una mia riflessione sulla questione “Interdipendenza e autogoverno” che verrà proposta nei prossimi giorni su questo blog.
Sono trascorsi diciotto anni da quel giorno pieno di neve quando, mentre salivo per la val di Non per un incontro con gi studenti di Cles, arrivò alla radio la notizia che non avrei mai voluto ascoltare. Il fatto è che Faber era presente al proprio tempo come solo i poeti sanno essere. Si era presa questa responsabilità, aiutando ciascuno di noi ad alzare lo sguardo, ed ogni volta sapeva stupire. Per questo avverto la sua mancanza, anche se le sue parole ancora mi scaldano il cuore come la prima volta che le ho ascoltate.
di Riccardo Mazzeo *
Zygmunt Bauman non era soltanto un pensatore immenso, ma anche, e direi più ancora, un maestro di vita. Personalmente, se nel 1992 non avessi letto Modernità e olocausto, sarei rimasto invischiato in prospettive proustiane e lacaniane fertili, senza dubbio, ma monche, prive di quell’interdipendenza che è condicio sine qua non del nostro essere nel mondo.
Conobbi Bauman, dopo aver letto una quantità di suoi libri, nel 2006 al Festival dell’Economia di Trento. Con la Erickson avevo pubblicato un libro di Keith Tester, Il pensiero di Zygmunt Bauman, che andai a consegnargli sul palco dopo la fine della conferenza. Lui vide la sua faccia sulla copertina del libro, lesse, soprattutto, il nome del suo allievo talentuoso che aveva scritto il testo, e mi diede immediatamente telefono e indirizzo e-mail che diedero la stura alla nostra conversazione durata per tutti questi anni. Poiché l’editore Laterza, avendo tradotto quasi tutti i suoi libri, aveva il diritto di prelazione sulle opere che lui avesse pubblicato per Polity, il suo editore inglese, Bauman nel 2007 mi spedì il testo di quattro conferenze che aveva tenuto e mi disse che, se lo avessi voluto, avrei potuto realizzarne un libro. Uscì così per Erickson Homo Consumens.