"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Idee ricostruttive della sinistra interetnica
di Vincenzo Calì
(19 agosto 2017) La cartina di tornasole dei rapporti fra i vicini/lontani che abitano il bacino dell’Adige virerà in rosso se alle celebrazioni del 4 novembre 2018 si inneggerà ancora alla vittoria dagli uni e alla perdita della libertà per gli altri. Lasciare in quella data a bersaglieri tirolesi e alpini il compito di firmare, in nome della comune patria europea, le nuove “compattate”, e assumere, da parte della sinistra, la data del centenario come momento di riflessione su di una guerra che, attraversando la comunità regionale, fu così devastante da travolgere insieme agli uomini la natura stessa, come ci ricorda lo storico Diego Leoni nella sua “Guerra verticale”.
Dell’assenza politica della sinistra, su questi temi, è testimone la cronaca quotidiana: “La forza dell’Euregio? Non pervenuta. I rapporti privilegiati con l’Austria? Svaniti”. Sono le parole forti di Faustini a commento dell’intenzione austriaca di resuscitare il confine del Brennero. Quel confine, inventato da Tolomei, che nemmeno gli imperatori Augusto e Napoleone si erano sognati di tracciare, torna sulla scena, come ai tempi dell’italietta sabauda; “torniamo allo statuto!” è la parola d’ordine che la sinistra deve fare propria, riecheggiando l’implorazione sonniniana vecchia di un secolo, dove per statuto si intende non l’albertino, ma il degasperiano, quello che mise in sicurezza la convivenza fra le genti dell’alto bacino dell’Adige e che è ancora ben lungi dal compiere il secolo di vita.
«Tempi interessanti» (67)
Il nuovo presidente francese non vuole essere ricordato nel suo inizio di mandato per aver aperto i porti del paese alle navi cariche di immigrati, sfoderando ancora la ridicola e odiosa divisione fra richiedenti asilo e immigrati economici. Cominciamo col dire che se c'è un Stato europeo che ha grandi responsabilità, storiche e recenti, del flusso migratorio lungo la rotta del Mediterraneo centrale, questo è proprio la Francia. Non voglio scomodare il passato coloniale di Parigi, ognuno dovrebbe riflettere ed elaborare la propria vicenda, invece che crogiolarsi nella superiorità della propria identità e della propria “grandeur”. Ma se proprio vogliamo misurare la grandezza di qualcosa, allora si deve dire che chi ha la maggiore responsabilità nell'aver gettato nelle mani della criminalità organizzata un paese ricco come la Libia è proprio il paese transalpino...
Quella che si combatte oggi in Bosnia Erzegovina è una “guerra per la verità” fondata sulla competizione etnica, e le armi principali sono parole e narrative sul passato
di Alfredo Sasso (dal sito www.balcanicaucaso.org)
“Fa male, ogni anno fa più male. Il problema è che noi, che abbiamo vissuto là, avevamo un’idea di cosa sarebbe potuta diventare quella comunità che è stata invece distrutta. Il tempo non cura tutte le ferite”, spiega in un’intervista televisiva Emir Suljagi. Sopravvissuto al genocidio di Srebrenica quando era poco più che ventenne (su cui ha scritto lo straordinario libro Cartolina dalla fossa) Suljagi è uno dei più instancabili testimoni degli eventi del luglio 1995, quando oltre 8.000 bosniaci musulmani furono uccisi dalle forze serbo-bosniache.
In questi ultimi anni, e soprattutto in quello corrente, l’attenzione pubblica su Srebrenica si è concentrata sull’attualità, tra speculazioni della politica domestica, aiuti e pressioni internazionali.
Suljagi, invece, cerca di restituire centralità a coloro che con il passare degli anni, in questi giorni di luglio, sono sempre meno protagonisti. “Quando parlo di vittime del genocidio, parlo dei miei compagni di classe con cui sono cresciuto. E so quanto potenziale abbiamo perduto in quel crimine mostruoso”.
«Tempi interessanti» (65)
... Tanto per non dar adito ad equivoci, al ballottaggio non avrei avuto esitazioni a votare Macron. Se l'Inno alla gioia viene suonato prima della Marsigliese non lo leggo come un fatto solo simbolico, ancor meno se penso alla “grandeur” che segna la storia e la cultura politica di questo paese. Penso inoltre che Macron abbia avuto il merito di fare dell'Europa un tema cruciale della sua proposta politica senza infingimenti, avendo il coraggio di andare contro corrente, a differenza di chi le bandiere europee le ritira per esibire quelle italiane, come ci ha ricordato ieri nel suo commento il direttore di “la Repubblica” Mario Calabresi. Ciò detto, credo che il voto in Francia ci possa fornire alcuni spunti importanti di riflessione, ben oltre l'euforia di queste ore...
Il presidente turco Erdoan ha vinto il "suo" referendum con stretto margine, ma tra accuse di brogli e tensione il paese esce spaccato dall'esito del voto. Il quadro del corrispondente di Osservatorio Balcani Caucaso - Transeuropa (www.balcanicaucaso.org)
Una vittoria sul filo di lana per i sostenitori del Sì, che con il 51,7% dei voti superano il No fermo a 48,6%, con uno scarto di circa 1,3 milioni. Numeri che hanno gettato nel caos il paese, non tanto per il margine risicato con cui si stravolge l'architettura dello stato, quanto per il clamore dettato dallo svolgimento delle votazioni e l'accusa di un risultato falsato.
In ballo ci sono almeno un milione e mezzo di voti, forse due e mezzo, che le opposizioni sostengono siano stati illegalmente validati dal Consiglio elettorale supremo (in turco Yüksek Seçim Kurulu, YSK). Non annullati, come vorrebbe invece esplicitamente l'articolo 98 della legge in materia di elezioni, che considera nulli i voti le cui buste siano compromesse o prive del sigillo necessario.
Circolano online anche video di uomini che nei seggi timbrano con il sì i fogli di voti, uno dopo l'altro, apertamente, davanti alle riprese di telefonini e nonostante l'avviso di chi li sta riprendendo: “State commettendo un crimine”. E poi elettori che escono dalla cabina con i presidenti di seggio per imbucare voti multipli, arresti all'ingresso dei seggi, osservatori allontanati durante l'inizio dei conteggi.
«Tempi interessanti» (63)
... E' sufficiente leggere gli appelli a sostegno di questa o quella manifestazione per rendersene conto. Quasi tutti a immaginare che l'Europa dovrebbe essere qualcosa che ti assomiglia piuttosto che un modo diverso di pensare e di pensarsi, oltre i paradigmi (e i deliri) degli stati nazionali che hanno fatto del Novecento un immenso campo di battaglia senza ancora aver capito che quelle simbologie e quei confini rappresentavano il brodo di coltura dello “spazio vitale”, dell'“über alles”, del “non nel mio giardino”, del “prima noi”...