"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Europa e Mediterraneo

Unione europea: il crollo
Europa e fango

Viviamo giorni drammatici, che ricordano i tempi del 1989, quando tutto cambiò con estrema rapidità. E vi sono inquietanti similitudini con il crollo della Jugoslavia. Un commento del corrispondente da Capodistria di Ossrevatorio Balcani Caucaso (www.balcanicaucaso.org)

(28 gennaio 2016) La sensazione di essere arrivati al capolinea oramai è netta. Le cose corrono veloci. Non accadevano con tanta rapidità dal 1989, quando a crollare era stato il muro di Berlino. Troppo inquietanti le similitudini con la caduta di un altro impero, quello jugoslavo, per evocarle. Ma l’inefficienza delle istituzioni europee, l’incapacità di prendere decisioni rapide e di gestire la crisi fanno tirare un sin troppo facile parallelo con la presidenza collegiale e il governo della federazione jugoslava.

Voglia di muri

Intanto, non senza un certo entusiasmo e con un ampio consenso popolare, cresce in tutto il continente la voglia di sicurezza e di barriere protettive. Chiudersi per difendersi da immani pericoli che potrebbero sconvolgere per sempre la tranquilla vita di ogni giorno. Una nuova cortina di ferro sta nascendo e si fa strada la consapevolezza che se il filo spinato dovesse essere sostituito da una struttura di cemento armato con tanto di torrette di guardia, nessuno si lamenterebbe più di tanto.

Se solo un anno fa  qualcuno avesse ipotizzato che un reticolo sarebbe stata eretto ai confini o che sarebbero stati ripristinati i controlli di frontiera tra i paesi dell’Unione sarebbe stato preso per pazzo. Oppure nessuno avrebbe potuto credere che governi democratici  avrebbero preso seriamente in considerazione l’ipotesi di sequestrare i beni dei profughi per pagare le loro spese di mantenimento.

Istanbul, il giorno dopo la bomba
Foto di Mattia Panciroli

Nel cuore di Istanbul, dove la norma è vitale caos, il giorno dopo l'attentato a Sultanahmet regna un silenzio inquietante. Le conseguenze della bomba nel racconto del corrispondente di Osservatorio Balcani Caucaso

di Dimitri Bettoni *

(14 gennaio 2016) Camminare per le strade di Istanbul, lungo il lastricato di Sultanahmet, il giorno dopo. Vedere la città che cerca di ricominciare, pur ancora stordita, confusa, impaurita. Istanbul è mescolanza di odori, voci e colori, qui caos significa casa. Il vuoto ed il silenzio, invece, inquietano.

Mancano le code davanti a Santa Sofia e alla Basilica Cisterna, il frenetico andirivieni dei camerieri nei locali, manca persino l'assalto dei proprietari dei ristoranti, lo ammetto, solitamente quasi molesto, che provano a trascinarti ai loro tavoli. L'invito, se arriva, è apatico, sono molto di più gli occhi puntati verso le strade semivuote, le mani incrociate dietro la schiena, gli sguardi al cielo plumbeo che rotola sul Bosforo che ribolle.

Il rispetto del voto e del ruolo della politica
Pablo Picasso, Guernica (particolare)

Dalla Spagna un messaggio a favore di politiche coalizionali

di Alessandro Branz

(24 dicembre 2015) I vari commenti che in questi giorni si sono susseguiti sulle elezioni spagnole hanno sottolineato l’affermazione di due forze nuove come “Podemos” e “Ciudadanos” e la (forse non temporanea) fine del bipartitismo che ha retto la Spagna negli ultimi decenni. Soprattutto Podemos merita attenzione, non solo per la novità in sé, ma perché si tratta di un fenomeno rivelatore di una linea di tendenza che, per lo più, soprattutto in Italia, viene ignorata o non presa nella dovuta considerazione.

Podemos, infatti, nonostante le sue origini movimentiste e profondamente critiche nei confronti della classe politica, ha poco o nulla a che vedere con il populismo “anti-politico” di talune forze anche italiane (si veda il Movimento 5 Stelle), né si propone come alternativa totalizzante al sistema dei partiti, ma anzi si sta dimostrando (perlomeno per ora) una forza disponibile ad entrare nel gioco politico-istituzionale e ad appoggiare, anche a livello governativo e pur a certe precise condizioni, una fase di “compromesso” finalizzata a guidare la Spagna in una fase di difficile transizione.

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Una nuova tappa per la Spagna
Tabella elezioni politiche spagna, dicembre 2015

Un'attenta analisi dell'esito delle elezioni politiche in Spagna. Grazie Steven.

 

di Steven Forti

(22 dicembre 2015) Le elezioni spagnole del 20 dicembre hanno segnato l’inizio di una nuova tappa politica per il paese iberico. È finito il tempo delle maggioranze assolute, dei governi monocolore e del bipartitismo imperfetto. Vince il Partido Popular di Mariano Rajoy, mentre il PSOE di Pedro Sánchez mantiene il secondo posto, ma entrambi perdono moltissimi voti e seggi. Entrano con forza nelle Cortes di Madrid Ciudadanos e soprattutto Podemos, il vincitore morale di questo appuntamento elettorale. Ora inizia un tempo nuovo e incerto. Gli scenari possibili sono tre: un’alleanza di sinistra ampliata sullo stile portoghese, una grosse koalition alla tedesca o nuove elezioni.

Tracollo di Rajoy, rimonta di Podemos

Come nel vicino Portogallo, la destra che ha governato la Spagna negli ultimi quattro anni, applicando dure politiche di austerity, si è mantenuta primo partito in un appuntamento elettorale che ha visto crescere la partecipazione (73,2%) rispetto al 2011 e diminuire l’astensionismo (26,8%). Ma ancor più di Passos Coelho, i popolari di Rajoy, con il 28,7% dei voti e 123 deputati, hanno subito un tracollo considerevole, perdendo oltre 3,6 milioni di voti e ben 63 deputati. I socialisti guidati da Pedro Sánchez hanno tenuto meglio del previsto: 22% e 90 deputati, perdendo comunque 1,5 milioni di voti e 20 deputati. È il loro peggior risultato dalla fine della dittatura franchista. Ma è il bipartitismo nel suo complesso ad essere in crisi: se nel 2011 PP e PSOE sommavano il 73% dei voti (296 seggi), ora superano di pochissimo il 50% (213 seggi). Non è un crollo, questo è certo, ma è una caduta che pare non aver toccato fondo, iniziata con le elezioni europee del 2014 e continuata con le amministrative di maggio e le regionali catalane di settembre.

L’ultimo Europeo? Calcio d’inizio...
Ultimo europeo

Un modo diverso per seguire gli europei

https://ultimoeuropeo.wordpress.com/

 

«La vita che ci circonda è priva di concetti ordinatori. I fatti del passato, i fatti delle singole scienze, i fatti della vita ci sovrastano disordinatamente. La filosofia comune e le discussioni giornaliere o si accontentano di frasette liberali di una fede infondata nella ragione e nel progresso oppure si inventano il famoso feticismo dell’epoca, della nazione, della razza, del cattolicesimo, dell’uomo d’intuito, il cui comune elemento negativo è una critica emotiva contro l’intelletto e l’elemento comune positivo è il bisogno di un supporto, di gigantesche ossature fantomatiche, a cui si possono appendere le impressioni, l’unica cosa di cui siamo ancora costituiti».

Robert Musil, “Europa inerme”, 1921

di Federico Zappini

E’ dentro uno scenario paragonabile a quello che Robert Musil descriveva all’inizio del secolo scorso che ci stiamo muovendo. “E’ come nuotare sott’acqua in un mare di realismo, trattenendo il respiro, ostinatamente, ancora un po’ più a lungo: semplicemente con il pericolo che il nuotatore non riemerga più.” Non abbiamo alle spalle una guerra mondiale (anche se scenari di guerra non mancano a ogni latitudine) ma siamo in una fase storica di transizione caotica e spesso violenta. 

Elezioni in Francia. Se vince il nazionalismo...
La grandeur

 

(7 dicembre 2015) Quando lo capiremo che innalzare le bandiere nazionali in un contesto che richiede visione globale e territoriale è una grande sciocchezza? Che il nazionalismo è stato il delirio del Novecento, ovvero del secolo degli assassini, nel quale sono morti in guerra un numero di persone tre volte maggiore che nei 19 secoli precedenti? Che rispondere con la Marsigliese al terrorismo significa guardare ad un contesto nuovo con lo sguardo rivolto ad un passato che ha lasciato una inquietante eredità? Che la “grandeur” è l'opposto del progetto europeo? Che la logica delle armi ha prodotto immani disastri nel mondo intero di cui oggi paghiamo le conseguenze? Che la sinistra guerrafondaia degli Holland e dei Blair (come del resto quella dei Chavez e dei Maduro) è parte del problema? ...

Grecia, dal risultato elettorale una grande opportunità
Grecia, Europa

(20 settembre 2015) A spoglio elettorale in Grecia ancora in corso il risultato appare comunque inequivocabile, Syriza ha nettamente vinto le elezioni. Nonostante l'intransigenza di un'Europa che si è dimostrata subalterna agli interessi degli stati nazionali, la sfiducia crescente di un paese che è andato alle urne per tre volte in nove mesi, una crisi che impatta una società già ampiamente provata sul piano economico e sociale (e che ha conosciuto per settimane la chiusura delle banche), la scissione della parte più radicale del partito, nonostante infine l'esito di una estenuante trattativa in sede europea che ha imposto ai greci nuovi sacrifici, Syriza ottiene praticamente gli stessi voti in percentuale del gennaio scorso portando il partito di Tsipras a pochissimi seggi dalla maggioranza assoluta in Parlamento.