"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Steven Forti *
(2 febbraio 2015) Oltre 300 mila persone, secondo gli organizzatori, hanno invaso pacificamente Madrid sabato scorso al grido di “Sí se puede” e del “Pueblo unido jamás será vencido”. Moltissime le bandiere repubblicane spagnole e non poche quelle greche, accanto a quelle viola di Podemos, tra la plaza de Cibeles e la Puerta del Sol, la piazza resa famosa internazionalmente dalla acampada del movimento del 15-M nel maggio 2011.
La Marcha por el cambio, ossia la “marcia per il cambiamento”, convocata da Podemos è stata un successo, al di là della solita divergenza sul numero reale dei partecipanti (la polizia ne ha contati 100 mila e El País 158 mila). I dirigenti di Podemos hanno lanciato un messaggio chiaro: non siamo qui per protestare, ma per vincere le elezioni e cambiare la Spagna.
Nei discorsi dei dirigenti Luis Alegre, Carolina Bescansa, Juan Carlos Monedero, Iñigo Errejón e soprattutto Pablo Iglesias [qui il suo discorso] – acclamato al grido di “Presidente! Presidente!” – c’è stato quel mix di Laclau e di Gramsci adattato al contesto spagnolo: la costruzione di un discorso politico che unisce i concetti di egemonia e di nazional-popolare a quello di populismo, figlio delle esperienze progressiste latinoamericane. Molti i richiami ad un passato vicino e lontano a cui guardare (la Spagna repubblicana, l’antifranchismo, il movimento del 15-M: il DNA di Podemos, secondo Iglesias), molti i debiti contratti con tanti movimenti e lotte in corso, moltissimi i cenni ad un futuro da conquistare da parte di un popolo che si è finalmente risvegliato. Monedero è stato esplicito a questo riguardo, citando i versi di Federico García Lorca e León Felipe.
di Michele Nardelli
(19 gennaio 2015) Domenica prossima 25 gennaio la Grecia torna al voto dopo lo scioglimento anticipato del Parlamento. Le previsioni danno tutte nettamente in testa il partito Syriza, formazione della sinistra nata qualche anno fa nel contesto dei movimenti che hanno dato vita ai forum sulla globalizzazione e che ben presto ha fatto diventare ferri vecchi non solo i tradizionali partiti comunisti ma anche il Pasok, il partito socialista che nelle elezioni politiche del 2009 ancora poteva contare sul 43% dei suffragi.
Quello che è in seguito accaduto è storia recente: alla crisi finanziaria globale si è sommata l'esplosione del debito pubblico greco, portando questo paese (che, non va dimenticato, è al 29° posto nell'ISU, l'indice di sviluppo umano) sul baratro della bancarotta. La cura da cavallo imposta dalla BCE e dal FMI ha forse evitato il fallimento, ma con costi sociali disastrosi che hanno gravato sulla condizione di vita delle famiglie e dei settori sociali più vulnerabili.
Intorno alla condanna di Mladic e al suicidio di Praljak
(questa riflessione è stata pubblicata contemporaneamente anche su www.balcanicaucaso.org)
di Michele Nardelli
(5 dicembre 2017) Spenti i riflettori sulla condanna all'ergastolo di Ratko Mladic tutto sembrava riprendere a scorrere nella “normale” indifferenza con cui si guarda a questa parte d'Europa che ci ostiniamo a non considerare tale. E a non capire, alternando reazioni all'emergenza e superficialità.
Non è stato infatti diverso nemmeno in larga parte dei commenti sulla condanna di quello che un tempo era il capo militare dei serbo-bosniaci, immortalato sul banco degli imputati all'Aja nei panni di un vecchio livido di rancore che – giustamente – finirà i suoi anni dietro le sbarre. Commenti in genere improntati a descriverlo come l'incarnazione del male, il malvagio della carezza al bambino di Srebrenica prima della mattanza o, per altri versi, ad indicarlo come il primo combattente contro lo stato islamico in Europa. Commenti che hanno sottolineato che prima o poi i responsabili sono chiamati a pagare per i loro crimini, in virtù del fatto che la storia la scrivono i vincitori. Ma se non fosse così?
Il dubbio si insinua dopo la vicenda che all'Aja ha visto per protagonista Slobodan Praljak. Quest'ultimo era meno noto del suo collega di mattanze con il quale – pur su un altro fronte – aveva in comune il delirio nazionalistico (in questo caso la “grande Croazia”), l'odio verso i bosgnacchi musulmani (partì da lui l'ordine della distruzione del “vecchio”, il ponte di Mostar) e le pratiche esoteriche e i riti cavallereschi come fu la fedeltà nibelungica per il Terzo Reich (in fondo il richiamo ai popoli celesti o le apparizioni di Medjugorje non sono poi tanto diversi). Il suo gesto di fronte alla condanna1 è l'epilogo di un rituale che lo vorrebbe consacrare come martire ed eroe.
Resta però difficile pensare a Mladic o Praljak nella parte dei vincitori. Proviamo allora a seguire un racconto diverso, fuori dal coro. Partendo da una semplice domanda: chi ha vinto nella “guerra dei dieci anni”? Se guardassimo con un po' di attenzione quel che è accaduto in quegli anni e nel dopoguerra, tanto in Bosnia come altrove (nei Balcani e non solo), la risposta appare piuttosto chiara. Hanno vinto loro, i criminali.
La Società Dante Alighieri promuove una conferenza dibattito su un tema di particolare attualità: «L'Europa, il Mediterraneo e lo “scontro di civiltà”». A discuterne con il pubblico, Michele Nardelli, formatore ed esperto sull'area mediterranea e balcanica.
di Steven Forti
(24 novembre 2014) Negli ultimi tempi della questione catalana ne abbiamo parlato in diverse occasioni. E non senza ragioni. Dal settembre del 2012 la Catalogna è uno dei nervi scoperti della crisi spagnola: cinque manifestazioni a Barcellona con una partecipazione sempre superiore al milione di persone negli ultimi quattro anni e mezzo (la manifestazione del luglio 2010 contro la sentenza del Tribunale Costituzionale riguardo al nuovo Statuto d’Autonomia, le tre Diades dell’11 settembre del 2012, del 2013 e del 2014 e la consultazione non vincolante sull’indipendenza dello scorso 9 novembre) non sono cosa da poco. Quest’ultima doveva essere il momento clou e così, in un certo senso, è stato. Momento clou, ma non quello “definitivo”.
Lo scandalo EULEX che sta scuotendo l'Unione europea e il Kosovo ha colpito al cuore la credibilità della più grande missione estera dell'Unione.
(6 novembre 2014) L’escalation di accuse di corruzione che ha coinvolto ufficiali di primo livello della missione EULEX in Kosovo ha mobilitato le nuove strutture dell’Unione europea nel tentativo di salvare la credibilità della sua più grande missione all’estero. Sotto pressione sin dal primo giorno del suo insediamento come Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini ha promesso la nomina di un esperto legale indipendente per le necessarie indagini. “La questione è tra le priorità della mia agenda. Intendo nominare con urgenza un esperto legale riconosciuto ed indipendente per valutare lo stato di implementazione della missione rivolgendo un'attenzione particolare alla accuse di corruzione”, ha dichiarato Mogherini.
Storie, luoghi e itinerari dell'Europa di mezzo
Per festeggiare i dieci anni di attività l'associazione Viaggiare i Balcani ha deciso di pubblicare un libro-guida destinato a tutti coloro che vogliano mettersi in viaggio verso il Sud-Est Europa. Duecentocinquanta pagine dense di suggestioni e sguardi "altri" rispetto alle tradizionali narrazioni (anche turistiche) su questi territori, a comporre un imprescindibile strumento di conoscenza da mettere nello zaino al momento della partenza.
Il libro-guida per un turismo responsabile nei Balcani verrà presentato nel mese di aprile a Milano (13 aprile), Scandicci (14 aprile), Biella (15 aprile), Trento (16 aprile, ore 18.30 Caffé Bookique) e Trieste (17 aprile) in altrettante serate promosse da Slow Food e Viaggiare i Balcani.
"... Seduti al fresco di un grande tiglio o dell'acqua che scorre, prendete un caffè. Non l'espresso, simbolo delle nostre vite di corsa, ma la kafa, turca, bosanska o domaca che sia. Quel rito lento di cui abbiamo bisogno per riconnetterci con lo scoorrere del tempo" dalla prefazione di Michele Nardelli
Disponibile su ordinazione mandando una mail a info@viaggiareibalcani.net