"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Lettere

Dov'è il fascismo
Nazione

È stato fuorviante il dibattito protrattosi per giorni e giorni sul fascismo della signora Meloni. Esso non consiste nel beneplacito al saluto romano, ma nella cultura fascista che la determina nella sua azione di governo. Se ne possono fare solo alcuni esempi. Il primo è quello di riferirsi sempre all’Italia come alla “Nazione”, per marcare un’identità, non per vezzo di linguaggio. Ma l’Italia, secondo la Costituzione, è una Repubblica, non è una Nazione, ed è la Repubblica, cioè il diritto, non sono le viscere, a fare il cittadino. Altrimenti si fa lo Stato etnico, e se arrivano altri si grida alla sostituzione etnica, si sogna il blocco navale, si chiudono i porti oppure, arrivati, li si imprigiona, li si segrega e li si deporta, fuori dalla vista, fuori dai confini, in Albania o in Tunisia, magari a pagamento. È quanto accade con lo Stato di Israele, che la discriminazione etnica l’ha messa addirittura in una legge di rango costituzionale che definisce Israele come lo “Stato nazione del popolo ebraico”, e solo a questo, “esclusivamente” riserva “il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale”, che vuol dire negare agli altri la partecipazione alla sovranità, i diritti politici e perfino, come pretende il generale Effi Eitam, leader del partito religioso, il porto d’armi; e questo è il fascismo che porta al genocidio, come oggi a Gaza e che i palestinesi li vuole mandare nel deserto, in Egitto, in Congo, o tenerli in prigioni a cielo aperto (lo “Stato” palestinese della soluzione a due Stati, raccomandata, ma solo ora, da Biden) ...

La politica come riconoscimento della complessità. In ricordo dell'amico Massimo
Massimo Gorla in un momento di convivialità con Emilio Molinari

Sono vent'anni da quando Massimo Gorla ci ha lasciati. 

di Emilio Molinari e Michele Nardelli

Chissà come Massimo avrebbe vissuto questi anni “maledettamente interessanti”. Intanto forse avrebbe avuto da ridire su questo aggettivo, interessanti. O comunque avrebbe messo l'accento sull'avverbio, quel “maledettamente” che già segnava il tempo del suo mettersi di lato, quella “nuttata” che già nell'ultimo decennio del secolo scorso lasciava intravedere quel che ci saremmo dovuti aspettare nei decenni a venire.

Per non sbagliarsi, Massimo Gorla pensò di lasciarci il 20 gennaio 2004, alla soglia del suo settantunesimo compleanno. Per chi non ha avuto il privilegio di conoscerlo, Massimo è stato un protagonista nella storia della nuova sinistra in Italia e in Europa, parlamentare italiano per due legislature, responsabile esteri di Democrazia Proletaria e tanto altro ancora, ma in primo luogo un caro amico con il quale abbiamo condiviso un tratto importante delle nostre vite, pubbliche e private, quando questa distinzione era piuttosto sottile, forse fin troppo per quanto l'agire politico avvolgeva le nostre esistenze. Eppure se la gioia del vivere non ci era affatto estranea, per Massimo di certo occupava un posto speciale che faceva il paio con la sua gentilezza.

 

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«... il cambiamento profondo che si richiede». Una lettera di Raniero La Valle
Leviatano

Cari amici,

con immenso dolore vi annunciamo che nessun bambino nascerà quest’anno a Betlemme per Natale. Intanto nessuna famiglia non censita o araba può spostarsi da Nazaret a Betlemme, perché tra questa città e Gerusalemme c’è un muro alto otto metri che non si può varcare senza un’attesa di ore attraversando check point presidiati da coloni agguerriti e dall’esercito. A Betlemme poi, in mancanza di albergo, non si può andare a partorire in una grotta, perché c’è il rischio che essa sia allagata da pompe capaci di trasportare migliaia di metri cubi d’acqua dal mare, come si minaccia di fare nei tunnel di Gaza per uccidere quanti vi sono riparati, liberi o ostaggi che siano. È anche un tempo non adatto per partorire, perché non si sa che futuro potrebbero avere i bambini messi alla luce, già ai primi vagiti, perché potrebbero d’improvviso spegnersi le incubatrici o dopo, perché potrebbero finire in mezzo a una strage degli innocenti, come succede a Gaza dove secondo l’organizzazione internazionale “Save the children” sono stati tolti alla vita già più di 3.257 bambini, un numero superiore a quello dei bambini uccisi in conflitti armati a livello globale in più di 20 Paesi nel corso di un intero anno; e questo rischio correrebbero anche in Israele, dove ne sono periti 29, e in Cisgiordania dove di bambini ne sono morti 33. Né si può cercare di portarli in salvo fuggendo in Egitto, perché non si può passare al valico di Rafah e l’Egitto non li vuole. E anche per gli altri bambini non si sa che futuro avranno se gli adulti maschi si uccidono a vicenda in guerre insensate, che è il primo e vero crimine del patriarcato.

 

Una canoa piena di buchi
C'è vita al campo di Jasenovac,

di Ferdinando Cotugno *

Ho aspettato un po', prima di scrivere quest'ultimo dispaccio di Areale da COP28 a Dubai. È successo tutto di mattina, in pochissimo tempo. Sono arrivato alle 8, alle 10 era già storia. Dopo trecento ore di negoziati è bastato praticamente un minuto e il Global Stocktake è stato approvato, c'è stato un lungo applauso, tutti hanno iniziato a correre, ho corso anche io, mi sono trovato davanti all'inviato cinese per il clima Xie Zhenhua che abbracciava il ministro danese dell'ambiente Dan Jørgensen, e la COP era già finita. È strano come le cose della vita durino tanto e poi finiscano all'improvviso. È andata, è finita, l'astronave del multilateralismo per affrontare i cambiamenti climatici è atterrata anche quest'anno, dopo una serie di turbolenze molto violente. Mi sono preso tempo per far scendere tutto, ho camminato un po' avanti e indietro mentre qui si smantellava tutto, poi mi hanno detto di sbrigarmi, perché tra due ore l'Expo di Dubai non sarà più suolo ONU e verrà restituito agli Emirati, quindi questo ultimo dispaccio è scritto col cuore in gola, prima di essere cacciato. Questo è l'ultimo episodio di Areale da COP28, cominciamo.

Trentaquattro parole

Tanti mi hanno chiesto: beh? Abbiamo vinto? Abbiamo perso? Io rispondo: abbiamo assistito alla storia, ed è una storia che siamo chiamati a decodificare, digerire e applicare. La conferenza sul clima più controversa ha portato al primo accordo esplicito sui combustibili fossili da quando esiste il processo multilaterale per affrontare i cambiamenti climatici. Oh. Ecco. Da oggi è un fatto condiviso, potremmo dire ufficiale, che il clima è un problema di combustibili fossili, che si risolve partendo dai combustibili fossili.

Transizioni giuste
Transizioni

di Federico Zappini

(29 novembre 2023) Lo scorso 4 ottobre Papa Francesco ha reso pubblico il documento Laudate Deum. In esso denuncia - di nuovo - il procedere non sufficientemente convinto della conversione ecologica di cui il nostro Pianeta (e noi essere umani con lui) ha bisogno per reagire agli effetti del cambiamento climatico in atto.

Ci stiamo muovendo, ma con eccessiva lentezza.

La sua esortazione - apostolica e politica insieme - trova riscontro in diverse evidenze scientifiche. Il bollettino Copernicus certifica che il mese di ottobre appena terminato è stato il più caldo nella storia della civiltà umana. L'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) segnala che il livello di concentrazione di CO2 in atmosfera continua a crescere ed è il più alto degli ultimi tre milioni di anni (!!!). Il Production Gap Report ONU conferma che nel 2030 i governi produrranno il 110% in più di quanto sostenibile per un aumento di temperature di 1.5°C, limite fissato dalla COP21 di Parigi nel 2015.

Quella legata al clima non è l'unica trasformazione - di portata epocale - con cui facciamo fatica a fare i conti.

Ben lontana da venire è, ad esempio, una nuova organizzazione del Mondo caratterizzata da relazioni multipolari e maggiore cooperazione internazionale, così come immaginato da Luigi Ferrajoli nei suoi studi per dar vita a una forma di governo democratico su scala planetaria. Sarebbe la direzione giusta in campo economico e tecnologico, demografico e migratorio, sanitario e culturale e chissà in quanti altri. Si innescano invece nuovi conflitti (l'Ucraina e il Medio Oriente sono gli ultimi di una lunga serie), si moltiplicano le crisi e le fratture, si allontana la possibilità di creare le condizioni per la convinzione tra le differenze in nome di una comune attenzione per la nostra casa comune, il pianeta chiamato Terra.

Ricongiungere la terra nella politica del territorio
Il fondo del Sole 24 Ore

Il Sole 24 Ore di oggi pubblica un fondo di Aldo Bonomi con un importante riferimento al libro “Inverno liquido”. Questo il testo.

di Aldo Bonomi *

(7 novembre 2023) Anche la transizione ecologica nel suo costringerci ad abbassare lo sguardo di futuro alla terra può indurre la «Retrotopia dei fondamentalismi» (Bauman).

Ad una transizione temperata ci induce il rapporto «Green Italy 2023» elaborato ogni anno da Symbola che scava nei fondamentali, altro dai fondamentalismi, dell'economia.

Raccontandoci dell'industria pesante dell'acciaio costretta alla metamorfosi ecologica passando poi al fordismo dell'automotive con i suoi balzi incerti verso l'elettrico e l'idrogeno, per poi planare nell'arcipelago del made in Italy in riconversione molecolare e diffusa. Ci dice speranzoso che sono più di mezzo milione le imprese green, con molti numeri di riconversione delle forme dei lavori in un percorso territoriale che va dal nord-ovest, culla del nostro fordismo, alla via Emilia, al nord-est e poi giù in tutto il sistema Paese.

Sotto sforzo nell'economia circolare, siamo primi in Europa nel riciclo, e nella rigenerazione urbana le imprese contaminano le multiutility in transizione tra municipalismo e mercato. Siamo ancora timidi ed arranchiamo verso le energie rinnovabili. È uno sguardo utile di numeri ed esperienze nelle terre basse dove crescono le imprese.

Alza lo sguardo alle terre alte l'inchiesta territoriale “Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine dello sci di massa” di Maurizio Dematteis e Michele Nardelli (DeriveApprodi 2023) appena insignito del Premio speciale Leggimontagna – Dolomiti Patrimonio Unesco. Libro che scava nei fondamentali economici del fordismo alpino: acqua e turismo.

 

 

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Eppure una volta eravamo fratelli.
Ali Rashid, Andalusia, 2022

di Ali Rashid

(trentamila morti fa) Corre il tempo e cambiano le idee, i concetti fondamentali e i significati. Come fosse arrivato a compimento la negazione di ogni valore! Dio è morto. Viva l’eroica morte, giusto l’annientamento del “nemico”. Dilaga il nichilismo e trionfa la tecnica.

Vivo in me i racconti di mio nonno. Andava a Safad in Galilea per comprare un fulard di seta dalla comunità ebraica sfuggita all'inquisizione in Portogallo, avevano imparato la tessitura della seta dagli arabi in Spagna.

Mi ricordo di Khaiem, socio di mio nonno in una cava vicino a Gerusalemme. Khaiem non ha potuto salvare la mia famiglia dalla pulizia etnica, ma continuò a mandare alla nostra famiglia in esilio la parte del guadagno dell'impresa finché non morì.

Non ho notizie dei figli di Khaiem, ma ho seppellito mia sorella in Norvegia, un fratello negli Stati Uniti, un mio caro e stimatissimo zio una settimana fa a New York, mentre la salma di mio nonno giace in un anonimo cimitero di Amman.

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