"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
«A vida não è de brincadeira, amigo
A vida è a arte do encontro»
Vinicius de Moraes, Samba da benção
«La vita, amico, è l'arte dell'incontro» scriveva ormai tanto tempo fa Vinicius de Moraes, poeta e cantautore, il bianco più nero del Brasile.
Nel leggere l'ultimo lavoro di Micaela Bertoldi è questa l'immagine che mi è tornata alla mente, un vecchio disco registrato alla fine degli anni '60 con le voci di Giuseppe Ungaretti, Sergio Endrigo, Toquinho e dello stesso Vinicio, uniti con Baden Powell nel folgorante Samba delle benedizioni.
Così un viaggio dentro Roma, in questo caso non nelle borgate alla ricerca del bandolo di una inestricabile governabilità, ma una rivisitazione nei luoghi classici, incrociando sguardi per riscoprire pezzi di storia, quella di cui Roma è testimonianza vivente come forse nessun'altra città ma anche personale, può trasformarsi in un racconto.
«Da una parte gli uomini, dall'altra no» scrive l'amico Francesco Picciotto (sulla home page di questo sito oppure in https://adoraincertablog.wordpress.com/2019/01/02/uomini-e-no/). Vorrei essere d'accordo con lui e probabilmente un tempo lo sarei stato. Ora non più.
Uomini e no di Elio Vittorini è stato uno dei libri importanti della mia formazione giovanile. In quel confine fra umanità e disumanità ci sono cresciuto, era la ragion d'essere, il discrimine fra il male e il bene. Cui corrispondevano le scelte di vita, non solo l'impegno politico ma, come nel romanzo di Vittorini, persino gli amori.
Eppure lo stesso Vittorini, figlio di quel tempo manicheo, nelle ultime pagine del suo romanzo apre una possibilità, quella di vedere nel soldato tedesco non solo il seguace del nazismo, ma un operaio triste che porta su di sé il dubbio e forse il dolore. E nel giovane partigiano che lo risparmia, la capacità di distinguere fra l'uomo e la sua rappresentazione... una moto in meno che, bruciata, gli offre una nuova possibilità.
Domenica 1 luglio si vota per il Presidente e per il Parlamento del Messico. Una lettera da Città del Messico.
Querido Michele
Quedaron atrás los sueños en el "luminoso futuro de la humanidad" del que hablaba el viejo Marx. Hoy a lo mucho queremos salir del oscuro túnel.
Tu sabes que estoy lejos de ser un seguidor de AMLO, pero estoy más lejos de querer que el país siga en el "despeñadero". Podemos asistir a la desintegración de la nación y no porque AMLO llegue al poder sino porque quienes sí han ejercido el poder lo han degradado, cediendo a los delincuentes en asociación participativa extensas áreas que ya están desconectadas del cuerpo de Nación. El daño es inmenso y hay que frenarlo..
Restituir la confianza es una tarea titánica que a estas alturas parece apuntar a AMLO como posible. No sé si está configuración de fuerzas a su alrededor lo logren; PERO NO VEO A OTRO. darle el poder abrumadoramente puede ser el compromiso y el cauce para volver a tener gobierno por consenso no sólo por la imposición de mecanismos de compra venta que sin duda profundizarían la desintegración. Esta es la elección que viene.
Carlos
Vincenzo Calì ha dedicato questa riflessione alla figura di Walter Micheli, a dieci anni della scomparsa
di Vincenzo Calì
(1 giugno 2018) Il miglior modo per ricordare Walter Micheli a dieci anni dalla scomparsa è quello di attualizzare il suo messaggio, dati i tempi di grave disorientamento vissuti dall’opinione pubblica.
Il nulla di fatto delle elezioni politiche generali, di quelle regionali di Lombardia e Friuli Venezia Giulia e i pronunciamenti referendari in Veneto ci dicono che per il Trentino si prospetta una nuova fase che potremmo definire di “emergenza autonomistica”.
Sovviene riprendere le intuizioni con le quali a metà anni ottanta il federalista Walter Micheli seppe rimettere in piedi un Trentino finito in ginocchio dopo la devastante vicenda di Stava. Non più la riproposizione su tavoli inconcludenti della formula del Centro Sinistra Autonomista oramai logora e stanca, bensì il lancio di una grande alleanza, una sorta di comitato di liberazione delle migliori energie, secondo le linee avanzate nel seminario “ il Trentino che verrà” fortemente voluto da Micheli e rimaste purtroppo in gran parte lettera morta.
La rievocazione storica di una adunata degli alpini. Come ai tempi della prima repubblica. In dialogo con Lorenzo Ferrari.
di Giorgio Cavallo *
E’ andata di scena a Trento la 91esima adunata nazionale degli alpini. Il “format" tiene ancora perfettamente e 300.000 persone hanno potuto gioire nel trovarsi assieme e nello sfilare marzialmente in ricordo della “vecchia” appartenenza.
Personalmente provengo dall’aviazione, ho “combattuto” con armi sofisticate dalla parte della “libertà” nella guerra fredda, e gli alpini mi davano l’idea di appartenere ad un mondo di subalterni un po’ tonti pronti ad obbedire ad ordini di cui non potevano valutare la portata.
Poi la frequentazione del Friuli mi ha permesso di capire il profondo legame tra la gente e gli alpini, per aver condiviso e sofferto i pezzi di una storia magari raccontata dalle classi dirigenti in maniera truffaldina, ma che, per chi ci aveva vissuto dentro, era piena di solidarietà e di emozioni umane che ne travalicavano la narrazione politica. Una solidarietà che si fa concreta anche dopo la naja e si trasferisce nelle comunità di provenienza.
«Tempi interessanti» (80)
Primo maggio 1968. Primo maggio 2018. Mezzo secolo, nel quale sono scorse le nostre vite, fra aspettative che ti toglievano il fiato, trasformazioni importanti delle quali ci siamo sentiti protagonisti, ma anche disincanto e sconfitte.
Con il coraggio delle proprie idee che ti portavano a navigare controcorrente, la fatica forse ancora maggiore di abitare spazi più ampi nei quali cercare di dare cittadinanza ad un pensiero laterale quando la politica diventava strumento per l'affermazione personale, il senso di solitudine quando ci si è resi conto che quel modo di intendere la politica faceva breccia anche fra chi non aveva nulla o quasi da difendere. Perché la povertà non è santa.
«Tempi interessanti» (78)
(9 aprile 2018) Verrebbe da dire “fatemi scendere”. A scorrere gli avvenimenti di cui parlano le cronache quotidiane c'è di che ritrarsi inorriditi di fronte all'ordinaria stupidità con la quale improvvisate classi dirigenti e vecchi poteri affrontano gli esiti di un passato che incombe e di un presente che delinea i tratti di un'inquietante postmodernità ... E' proprio in questa incapacità di comprendere il mondo che alberga lo smarrimento del presente, la fatica di mettere a fuoco gli avvenimenti, l'opacità nel decifrare i segni del tempo. Tanto che ogni cosa si consuma nel susseguirsi di continue emergenze che, come ho avuto modo di scrivere recentemente su questa rubrica), peraltro non sono tali. Provo dunque a mettere in fila una serie di vicende annotate che sono scomparse dalla cronaca con la stessa velocità con cui si sono imposte per qualche ora. E qualche considerazione...