"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Sebastiano Vassalli
Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia
Rizzoli, 2015
di Federico Zappini
Qualche mese fa – appena letto dell’imminente uscita – scrissi alla casa editrice Rizzoli per poter organizzare a Trento una presentazione con Sebastiano Vassalli del suo “Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia.” (Rizzoli, 2015, 16,50 euro). Non ricevetti risposta. Qualche tempo dopo Vassalli se ne è andato – il 26 luglio scorso – e con lui la possibilità di coinvolgerlo in una chiacchierata attorno alla sua preziosa inchiesta sull’Alto Adige. Il tema rimane però di assoluta attualità. Anche in queste giornate agostane, “riscaldate” ancor più dalle polemiche esplose dopo la decisione degli Schutzen di piantare – nell’anno del Centenario della Prima guerra mondiale – una serie di croci su quello che un tempo fu il confine meridionale dell’Impero austro-ungarico. Qualcuno parlerà di folklore, altri di provocazione politica, altri ancora minimizzeranno in nome di un fascino pangermanista che fa capolino – marginalmente – anche in provincia di Trento.
Quella che segue è una delle due post-fazioni all'ultimo lavoro di Micaela Bertoldi "Intrecci. Stralci di narrazioni familiari sullo sfondo della 'piccola' Europa", edito dalla Fondazione Museo Storico del Trentino e presentato nei giorni scorsi di fronte ad un folto pubblico alla Biblioteca comunale di Trento. S'intitola "La piccola Europa”, nell'intento di ricostruire la cornice storica e, perché no?, geografica che faceva da sfondo alle "piccole" storie di vita di cui racconta Micaela nel suo prezioso libro.
di Michele Nardelli
«Questo non ha nulla a che vedere con la religione degli austriaci, caro il mio muderis-efendija, è piuttosto una questione di interessi. Loro non scherzano e non perdono tempo nemmeno quando dormono,sono sempre attenti ai loro affari. Adesso non è ancora tutto chiaro ma lo sarà tra un mese o un anno. Diceva bene il defunto Šemsi-bey Branković: “Le mine degli austriaci hanno una lunga miccia”. La numerazione delle case e il censimento degli uomini servono, almeno a me così sembra, per mettere nuove imposte o richiamare gli uomini per qualche corvée o per la guerra; magari per tutte e due le ragioni...».
Ali-hodža, il vecchio imam di Visegrad nel romanzo di Ivo Andrić “Il ponte sulla Drina”[1]
Alcune delle pagine più belle di Ivo Andrić nel romanzo “Il ponte sulla Drina” sono quelle in cui il premio Nobel per la letteratura 1961 narra lo stupore degli abitanti della cittadina di Visegrad, lungo il confine che separava già allora la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, nel vedere all'opera gli austriaci che avevano da poco sottratto quel territorio alla dominazione ottomana. Gli abitanti della cittadina bosniaca a grande maggioranza musulmana proprio non capivano il significato del lavoro con il quale i funzionari austroungarici numeravano sistematicamente ogni cosa, le case e le persone in primo luogo, pur intuendone i cattivi presagi. Immagini che ci aiutano a comprendere lo spirito del tempo, quel fervore modernizzante che caratterizzava l'impero asburgico, un territorio multinazionale che si estendeva attraverso l'Europa e il cui nome ufficiale era “Die im Reichsrat vertretenen Königreiche und Länder und die Länder der heiligen ungarischen Stephanskrone”, ovvero “I regni e le terre rappresentate nel concilio imperiale e le terre della corona di Santo Stefano”.
Di nuovo lo sferragliare dei carri armati in Europa. E' lo scorrere della "moviola balcanica" che ancora non abbiamo elaborato. Figuriamoci quella del 1914 di cui celebriamo, senza averne imparato nulla, il centenario. O quella dei campi della morte, mentre rinascono ovunque nuovi fascismi e permangono vecchie rimozioni. Come per l'inferno del gelo, quei gulag sui quali ancora oggi, in Russia e altrove, è ritenuto sconveniente parlare. I fantasmi del Novecento, le immagini di guerra che ci giungono dall'Ucraina, il libro di Paolo Rumiz.
Micaela Bertoldi
"Intrecci: stralci di narrazioni familiari sullo sfondo della "piccola" Europa"
Fondazione Museo Storico del Trentino, 2014
La presentazione avverrà il 26 febbraio 2015, alle ore 17.30, presso la Biblioteca Comunale di Trento
Il libro, che fa parte della collana "'900 testimonianze" edita dalla Fondazione Museo storico del Trentino racconta la storia di uomini e donne che hanno animato la microstoria del secolo scorso, partendo dalle vicende di famiglia.
Scrive l'autrice: "(...) vado in cerca di voci altrui, leggendo narrazioni e pensieri di testimoni dell'intero secolo trascorso così da poter inquadrare il tessuto di microstorie, in cui mi trovo ad essere inserita, dentro l'ampio contesto della Storia e delle Memorie consegnate a chiunque voglia rilevare il testimone".
Con due post fazioni rispettivamente di Ugo Morelli e di Michele Nardelli
L’EUROPA IN GUERRA. TRACCE DEL SECOLO BREVE
Conversazione–dibattito
Giovedì 29 gennaio 2015, ore 18.00
Magazzino delle idee, sala conferenze
Intervengono
Laura Dal Prà, direttrice Castello del Buon Consiglio, Trento; Gianni Torrenti, assessore alla cultura Regione Friuli Venezia Giulia; Tiziano Mellarini, assessore alla cultura Provincia Autonoma di Trento; Isabella Reale, conservatrice, direttore dei Musei di Pordenone; Luciano Rivi, storico dell’arte, docente; Giuseppe Ferrandi, direttore Fondazione Museo Storico del Trentino; Sergio Germani, giornalista, critico cinematografico; Michele Nardelli, ricercatore sui temi della pace ed esperto dell'area balcanica; Franco Rotelli, consigliere regionale; Stefania Grimaldi, cooperativa La Collina
«La storia dell’arte italiana del Novecento non ha presenze consapevoli e/o apertamente contro la guerra. Se si esclude Giuseppe Scalarini e, a fine conflitto, Alberto Helios Gagliardo, non c’è un’arte della rappresentazione della guerra contro la guerra. Eppure la Grande guerra è il big-bang del secolo, lo sturm che spazza via generazioni di giovani, scardina assetti sociali, induce il crollo di quattro imperi, apre a due grandi rivoluzioni sociali.
Paolo Rumiz
Came cavalli che dormono in piedi
Feltrinelli, 20014
«Perché proprio qui e ora,
in viaggio verso l'alba,
inseguito dalla notte di novembre,
alla vigilia dei giorni dei Morti,
ritrovo la pienezza del mito di Europa,
la terra del tramonto dove i popoli
si ammassano e non esiste alternativa
fra il massacro e la coabitazione?»
Franco La Cecla
Contro l'urbanistica
Einaudi, 2015
L'urbanistica è diventata una disciplina sempre più inadeguata alla realtà delle città e del loro quotidiano farsi e disfarsi. I processi umani, economici, etnici e ambientali che si manifestano nei centri urbani sfuggono sistematicamente a piani e progetti, a mappe e logiche immobiliari. In più, l'urbanistica continua ad essere anacronisticamente legata all'architettura, con le sue ossessioni formalistiche e spettacolari. Le città, nel frattempo, crescono per spinte interne, non solo negli slums e nelle favelas, ma nel ritorno ad una richiesta di spazio pubblico che si manifesta nei grandi eventi di piazza, da Gezi Park ad Occupy Wall Street. Mai come oggi, la democrazia si gioca nello spazio pubblico, nelle strade, sui marciapiedi. Urbanistica e pianificazione sono invece ancora prigioniere di una visione anni '80, che mitizza la passività a scapito delle esigenze e tendenze del reale. Quello che serve oggi, argomenta La Cecla, è nuova scienza delle città, capace di garantire, in prima battuta, una vita dignitosa e decorosa per tutti. Un'urbanistica da rifondare, per rispondere al diritto ad una quotidianità ancora del tutto ignorata.