"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
«Tempi interessanti» (72)
Le cronache politiche ragionali ci raccontano di un ordine del giorno contro lo jus soli (temperato, nella forma in discussione in sede parlamentare) approvato nei giorni scorsi dal Consiglio Regionale del Trentino – Alto Adige / Südtirol con un voto trasversale SVP / centrodestra / M5S e con l'astensione del PATT.
Ma che maggioranza è mai quella che nemmeno su una questione di civiltà come lo jus soli “temperato” (odiosa formulazione per indicare che si tratta di un annacquamento del principio in base al quale quello in cui si nasce è il proprio paese) riesce a mostrare un po' di coesione?
di Ali Rashid
(20 maggio 2018) Inutile cercare buone notizie provenienti dalla Palestina. Ogni giorno si allunga l’elenco dei soprusi e ogni giorno i soprusi acquistano maggiore legittimità. Vano il tentativo di raccontare settant'anni di inesorabile annientamento di un popolo, la sua terra e la sua storia di fronte alla prepotenza e al trionfo dei coloni conquistatori. Le immagini che arrivano dalla Palestina mettono davanti gli occhi di chi vuole vedere il contrasto radicale tra due realtà, due storie, nonché condizioni, angosce e prospettive.
Sulla parte preponderante dello schermo appare uno Stato trionfante e sicuro di sé, che si è fatto forza in tutti questi anni dell’immagine della vittima per eccellenza della persecuzione e della vessazione di un tragico passato. Arrogante e soddisfatto delle sue conquiste, incurante e impermeabile alla sofferenza che ha inflitto e infligge, circondato e sostenuto dal peggio di ciò che la cultura occidentale ha prodotto, animato da un delirio di superiorità e di dominio che nasconde a malapena l'angoscia latente che il meccanismo di potere si possa inceppare...
«Tempi interessanti» (70)
Fincantieri e sovranismi, produzioni civili e militari, migranti e codici di comportamento stabiliti dai governi per le organizzazioni non governative ... Un'inversione morale che racconta di un tempo smarrito, dove il genocidio che si consuma nel Mediterraneo viene scambiato per un problema di ordine pubblico o tutt'al più come emergenza umanitaria. Dove la politica rincorre il consenso. Nel quale l'ignoranza e la paura devastano le coscienze, creando un terreno diffuso di guerra fra poveri, a difesa di quel che si ha. E dove – tragica beffa di questo tempo – inclusi ed esclusi a guardar bene la pensano allo stesso modo.
Un primissimo bilancio del nostro «Viaggio nella solitudine della politica»
di Michele Nardelli
(settembre 2017) Il “Viaggio nella solitudine della politica” dopo una breve pausa agostana si avvia alla sua quarta tappa lungo l'itinerario che percorre il “limes” del nordest italiano, fra Venezia e Goli Otok, l'isola nuda tristemente celebre per aver ospitato il gulag del regime titino nel secondo dopoguerra.
Nel riprendere ora questo cammino alla ricerca di nuovi paradigmi per leggere il presente ed immaginare il futuro, vorrei provare a condividere con voi un primo bilancio, dal “prologo trentino” agli itinerari che hanno attraversato la “Regione Dolomiti”, le Terre Alte dell'Arco Alpino occidentale, Roma e le sue città.
di Silvano Falocco
(11 settembre 2017) Non li riconosciamo, i migranti ambientali. Se da una parte sono giovani africani provenienti da zone oggi desertiche, dall’altra sono americani che si affrettano a raggiungere i bunker per salvarsi da uragani sempre più devastanti oppure haitiani, già poveri, e ora stremati. Anche i nostri morti da alluvioni, tracimazioni, smottamenti, incendi hanno la stessa origine.
Clima che diventa più estremo, tanto caldo e tanta pioggia, con fenomeni di breve durata ma eccezionale intensità. Caos climatico, degrado degli ecosistemi, dissesto idrogeologico, riduzione della biodiversità sono le cause profonde. Anche se la concentrazione della CO2 in atmosfera e l’estrazione delle risorse sono le principali di queste cause.
«Tempi interessanti» (69)
Emergenza acqua, emergenza immigrati, emergenza incendi, emergenza terrorismo, emergenza vaccini, emergenza agricoltura, emergenza lavoro, emergenza terremoto, emergenza neve, emergenza inquinamento, emergenza Africa... ora anche l'orso diventa suo malgrado emergenza.
Se ogni cosa ormai è diventata emergenza significa una cosa sola: che non si sanno affrontare i problemi prima che si presentino in forma acuta. In altre parole, l'incapacità di dare risposte di sistema ai nodi del nostro tempo. Se ci pensate, è come se ogni ambito di crisi ci cogliesse impreparati, portandoci ad occuparcene tardivamente, quando i buoi sono scappati e il danno si è consumato. L'esito è una continua rincorsa dei problemi, l'incapacità di politiche di prevenzione, risposte raffazzonate e costi di gran lunga superiori a quelli che si sarebbero avuti investendo sul futuro...
di Michele Nardelli
(9 gennaio 2018) L'Iran è un paese cruciale. Lo è per la sua vastità (più di cinque volte l'Italia) e per collocazione geografica (fra mondo arabo e lontano oriente), per la ricchezza del suo territorio e per le sue risorse naturali. Lo è infine per la sua storia che affonda le radici nell'antica Persia e per la cultura che tradizionalmente ha saputo esprimere. Aspetti che, malgrado colonialismo, dittature e guerre, fanno di questo paese un riferimento che va anche oltre lo scacchiere mediorientale.
A ben vedere è dalla rivoluzione del 1979 che depose lo Scià Reza Pahlavi, uno dei peggiori dittatori che la storia moderna abbia conosciuto, che l'Iran è al centro di strategie di destabilizzazione a carattere internazionale. Perché quella rivoluzione rappresentò – dopo la sconfitta del Vietnam – il secondo grande scacco alla politica nordamericana e coloniale nella regione. Tanto da armare l'Iraq in una guerra d'aggressione che durerà nove anni (1980 – 1988) nella quale complessivamente persero la vita un milione e mezzo di persone, con l'unico esito di militarizzare entrambi i paesi e favorire così la formazione di due blocchi di potere che avranno in Saddam Hussein e Mahmud Ahmadinejad la loro espressione. Il primo, da alleato fantoccio diverrà il satrapo da abbattere con due guerre a carattere globale quali furono la prima e la seconda guerra del Golfo. Il secondo, un conservatore fanatico sostenitore del radicalismo religioso da contrapporre al corso riformatore della Repubblica islamica proposto da Kathami e Rafsanjani.