"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Editoriali

Chi sarebbe 'schiavo di antichi tabù'?
Antichi taù

di Michele Nardelli

(5 luglio 2015) In una duplice intervista pubblicata oggi sul Corriere del Trentino, Alessandro Olivi e Franco Panizza parlano delle ipotesi di sviluppo per il Trentino dove la questione del completamento della Valdastico rappresenta una delle questioni – non solo sotto il profilo simbolico – più rilevanti. Stando al vicepresidente Olivi "in Giunta non se ne sarebbe parlato" e secondo il segretario del Patt io sarei "schiavo di antichi tabù", visto che la proposta sarebbe quella di togliere traffico dalla Valsugana. Allora, chi dei due dice la verità? Se non se ne è parlato, da dove salta fuori l'ipotesi di un nuovo tracciato dell'autostrada che uscirebbe a Trento sud?

Tanto le dichiarazioni di qualche giorno fa del presidente Rossi, come le parole di Panizza nell'intervista di ieri, riconoscono che invece l'ipotesi è sul tappeto e che da parte della Provincia Autonoma c'è un cambio di approccio rispetto alle posizioni sin qui assunte dalle precedenti amministrazioni. L'idea dello scambio con la Valsugana non è peraltro un'ipotesi nuova ma fin qui scartata per il semplice fatto che non c'è alcun legame fra le due opere, perché il Trentino negli ultimi anni ha fatto la scelta strategica della rotaia, perché le nostre competenze autonomistiche ci danno gli strumenti per disincentivare l'uso di quell'arteria qualora la superstrada (privata) della Valsugana andasse in porto e infine per il semplice fatto che il traffico sul tratto Trentino della Valsugana è oggi in larga misura generato in loco.

Le ragioni della crisi della coalizione trentina
Stelle alpine sfiorite

 

Tempi interessanti (22)

 

... il tema oggetto della ventilata crisi della maggioranza non è la questione della sanità trentina (e nemmeno quello del metodo giacobino dell'assessora Borgonovo Re), bensì la mancanza di un progetto di fondo condiviso fra i partiti del centrosinistra autonomista. Nodo, questo, trasversale alla maggioranza, aggravato da una leadership espressione di un soggetto politico che rappresenta storicamente una parte minoritaria (ed incerta, nella sua tentazione blok frei) della coalizione e che oggi sembra guardare più al Veneto che non all'Europa ...

Libia. Scenari della postmodernità
Angelus Novus, Paul Klee

di Michele Nardelli

(11 marzo 2016) Postmodernità. Ho usato spesso negli ultimi anni questa espressione per descrivere nuovi scenari e nuove guerre. A cominciare dalla consapevolezza, maturata nel tempo della mia assidua frequentazione, su quanto era accaduto nell'area balcanica e poi, via via, nelle vicende che dalla Somalia alla Libia hanno attraversato il mondo intero.

Quando pongo la necessità di oltrepassare il Novecento, ne parlavo anche nei giorni scorsi con gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto Tambosi-Battisti di Trento, mi riferisco proprio allo scarto necessario fra un tempo nuovo e per molti versi inedito e le categorie analitiche che non sono più in grado di leggerlo. “Non più e non ancora...” per richiamare un'altra espressione a me cara.

Quanto sta avvenendo in Libia rappresenta uno scenario tipico della postmodernità. Non è solo la dissoluzione di uno stato. La deregolazione è totale, il diritto naturale (la legge del più forte) ha preso il posto dello stato di diritto, il monopolio della forza non c'è più da tempo, scompare il pensiero e non ci sono più motivazioni nobili che muovono l'agire umano collettivo, la politica è ridotta a rappresentazione clanistica e interesse privato.

 

Scontro di civiltà
Ventimiglia

Ventimiglia, 16 giugno 2015

Fusioni e comunità, gli effetti della controriforma
Valle dei Laghi

Tempi interessanti (19)

(9 giugno 2015) So di andare controcorrente ma questo non sarebbe una novità. Questa volta ancor più di altre, mettiamola allora così. Di che cosa sto parlando? Mi riferisco al referendum tenutosi domenica scorsa in 55 Comuni del Trentino che ha portato a 15 fusioni. Solo 4 municipi hanno espresso un voto contrario, peraltro con motivazioni – diciamo così – non sempre apprezzabili. Per il resto si è trattato di un plebiscito a favore delle fusioni, con grande soddisfazione della politica provinciale.

Personalmente leggo questo voto popolare a favore delle fusioni come l'ultimo colpo portato all'affossamento della riforma istituzionale varata dalla Provincia nel 2006, un disegno di cambiamento profondo nella dislocazione dei poteri a favore dei territori, abolendo i Comprensori e dando vita alle Comunità di Valle, organismi ad elezione diretta e dunque dotati di autorevolezza politica verso i quali si sarebbe dovuta attuare una cessione di sovranità tanto da parte della Provincia quanto da parte dei Comuni.

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La società che emerge dal voto
solitudine

Tempi interessanti (18)

L'esito di un voto – insieme politico e amministrativo – come quello di domenica 31 maggio che tutti rivendicano a sostegno delle proprie tesi (e della propria leadership) richiederebbe al contrario una lettura capace di distacco, per comprenderne più da vicino non solo gli spostamenti elettorali, tutt'altro che insignificanti, ma quel che accade nell'orientamento culturale ancor prima che politico delle persone.

Il disegno che non c'è
Paul Klee

Tempi interessanti (17)

(26 maggio 2015) Il quadro che esce dal ballottaggio di domenica completa quello emerso dalle urne quindici giorni fa e fotografa impietosamente la crisi del centrosinistra autonomista trentino. La coalizione che governa la nostra autonomia esce dalle elezioni amministrative con una cocente sconfitta non solo per le sue divisioni interne che hanno spesso visto i partiti collocarsi in schieramenti diversi, ma per una ragione ben più profonda e grave, ovvero la mancanza di un disegno per il futuro della nostra comunità.