"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Massimo Cacciari a "la Repubblica": la necessità di ragionare alla grande. Parole sensate fra le tante (troppe) a vanvera (e periolose) in queste ore difficili
(8 gennaio 2015)"I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente". Lo dice il filosofo Massimo Cacciari.
E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
"Negli ultimi venti-trent'anni abbiamo vissuto tutti nell'illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell'Occidente restano pesantemente irrisolti".
Risultato?
"Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l'altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi".
Tempi interessanti (4)
Faccio fatica a riconoscermi nella politica che c'è. Abbiamo provato in questi anni a sparigliare le carte nell'obiettivo di dar vita a nuove sintesi politico culturali, dovendoci al fine arrendere di fronte alle derive di una politica che ha pensato al cambiamento più come accettazione dell'ineluttabilità di un mondo segnato dalla diseguaglianza e dal potere del più forte piuttosto che nella ricerca di nuove strade di liberazione umana. Altri ci provano ancora, malgrado tutto, per non lasciare il campo libero a tali derive...
Lo sciopero generale nazionale è una forma di lotta estrema. Se non produce nulla, forse ci sarebbe di che interrogarsi. Se le politiche di sostegno all'economia e alle imprese non producono effetti, né di crescita, né di lavoro, forse un modello di sviluppo è finito e occorre cambiare approccio. Se il delirio dei consumi rende le nostre vite insostenibili, se il mercato finanziario va bene quando cresce l'inflazione e va nel panico quando il prezzo del petrolio ritorna a livelli meno insopportabili, vuol dire che siamo alla follia.
Tempi interessanti (3), pensieri in libertà.
(6 dicembre 2014) Oggi pomeriggio è previsto l'incontro promosso da Lorenzo Dellai allo scopo di aprire una nuova stagione dell'anomalia trentina. Se solo rappresentasse un sasso nello stagno di una politica ferma che ha smarrito da tempo la sua capacità di sperimentazione, sarebbe comunque un'iniziativa utile. Ne ho già scritto nei giorni scorsi e mi auguro che da lì possa prendere il via un percorso di analisi, elaborazione e proposta improntata a quella dimensione territoriale ed europea che è stata ed è al centro della riflessione del collettivo di “Politica responsabile”.
Nulla di più lontano dalla descrizione che ne fa il direttore de “L'Adige” Pierangelo Giovanetti nel suo editoriale di stamane nel rappresentare l'incontro di oggi come una sorta di Opa di Dellai sul PD del Trentino. Starà all'ex presidente della PAT rispondere con le parole e i fatti sul significato di questo appuntamento.
(dicembre 2014) L'incontro proposto da Lorenzo Dellai al Sanbapolis di Trento ha messo in luce l'inadeguatezza dell'attuale governo provinciale e ha fatto emergere le contraddizioni profonde che hanno accompagnato in particolare la scorsa legislatura fino a portarci a questo nuovo scenario. Ma soprattutto ha posto la necessità di una politica capace di rinnovare le proprie categorie per riprendere quel cammino originale che ha fatto diverso il Trentino negli anni della paura e dello spaesamento.
Un commento di Michele Nardelli.
Il Corriere del Trentino di oggi propone un editoriale del suo direttore sul tema del conflitto che ho pensato di riprendere.
di Enrico Franco *
Viviamo in una società da un lato anestetizzata, dall’altro esacerbata. Oscilliamo cioè tra l’indifferenza e la «guerra» praticata per motivi più o meno gravi se non futili. Ci si accoltella per una partita di calcio e si continua a prendere la tintarella in spiaggia a un metro dal cadavere appena riportato a riva. In Trentino gli estremi sono attutiti, tuttavia si possono cogliere ugualmente. Anche nella politica, lo ha notato pure Dellai, riscontriamo enormi contraddizioni. Troppi vagheggiano, qui come a Roma, la fine della distinzione tra destra e sinistra, ma sul riconoscimento di elementari diritti civili si scatenano battaglie campali. Altro esempio può essere il trasloco nel partito del governatore di chi, solo alla fine dell’anno scorso, si era fatta eleggere sotto il simbolo del movimento anti-sistema per eccellenza.