"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Il Festival dell'economia compie dieci anni
di Michele Nardelli
(30 maggio 2015) Il festival dell'economia è giunto alla sua decima edizione e non c'è dubbio che si sia trattato di una manifestazione di successo per le decine o forse centinaia di migliaia di persone coinvolte, per la qualità degli interlocutori coinvolti, per l'immagine di questa terra ed infine anche per l'indotto che ne è venuto attraverso il turismo culturale che rappresenta oggi uno dei segmenti più interessanti dell'economia locale.
Pensiamo al valore prodotto nel corso degli anni dalle proposte museali, dal Mart al Castello del Buonconsiglio, dal Museo storico del Trentino a Castel Thun, dal Filmfestival internazionale della Montagna al Festival dell'economia, per arrivare all'esplosione (di visitatori e di idee) in questo primo anno del Muse. Potremmo affermare che grazie alla cultura (e agli investimenti che l'autonomia le ha saputo riservare) il Trentino ha saputo reggere la sfida del tempo e dei cambiamenti di fondo che chiamiamo crisi.
Nel delirio del fare, emerge il valore della parola, della conoscenza, della relazione. Anche quando, le parole faticano a delineare nuovi pensieri e scenari. Vorrei dire che se in questi dieci anni di festival dell'economia qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto è proprio questo aspetto, peraltro non marginale: la capacità di visione.
Tempi interessanti 16
(12 maggio 2015) L'esito del voto di domenica 10 maggio offre motivi di riflessione per tutti, sempre che di riflettere se ne abbia la volontà. A cominciare dal fatto che un cittadino su due non abbia esercitato il proprio diritto di voto, il che ci parla non solo della scarsa attrazione della politica (al di là delle percentuali, andrebbero analizzate le perdite di voti in assoluto come ci invita a fare Simone Casalini sul Corriere del Trentino), ma anche della solitudine con la quale ci si rapporta al difficile mestiere di vivere e all’incertezza del futuro. Una doppia sconfitta per chi crede nella politica come costruzione collettiva di senso.
di Michele Nardelli
(9 maggio 2015) Domenica 10 maggio si vota in buona parte del Trentino per il rinnovo dei Consigli Comunali. Capita che in questi giorni qualcuno mi chieda come votare ed è forse la prima volta che, in una consultazione elettorale che investe il mio territorio, la mia risposta non riesca a nascondere l'imbarazzo per la fatica che provo nel riconoscermi in un partito.
In oltre quarant'anni di impegno politico, la dimensione dell'agire e del pensare collettivo ha rappresentato il tratto per me essenziale, nel quale l'esercizio del voto era sì un momento importante ma non certo esaustivo di tale impegno. Corrispondeva ad un progetto di cambiamento profondo della società, che non poteva che essere collettivo.
Ora non solo questa parola - collettivo - risulta desueta ma anche la politica ha assunto connotati diversi, un po' come è accaduto per altre parole finite nel tritacarne della banalizzazione di un tempo che non sa fare i conti con la storia e che fatica ad esprimere nuovi paradigmi. “Non più e non ancora”, questo è l'aforisma per descrivere il presente.
In questa cornice di incertezza vivo – per la prima volta da quando a diciassette anni decisi di iscrivermi ad un partito – la condizione di “non appartenenza”. Conosco per la verità la solitudine che da sempre accompagna il pensiero critico, ma anche quando non mi sono (meglio sarebbe dire "non ci siamo") più riconosciuto nelle proposte politiche esistenti, non ho (non abbiamo) esitato a costruirne di nuove, immaginando la progettualità politica come capacità di “pensare da sé” (per usare la bella espressione di Hannah Arendt), della ricerca originale, dell'“ebbrezza della creazione politica” di cui parlava Altiero Spinelli dopo il confino a Ventotene. Anche a costo di non essere compresi.
Tempi interessanti (15)
(3 maggio 2015) Il parlamento, la politica e il paese si dividono sulla nuova legge elettorale. Schieramenti in frantumi, ponti abbattuti, minacce di referendum. Ancora una volta lasciatemi dire che non mi riconosco in questa dialettica, figlia di questo tempo e di una crisi della politica le cui ragioni sono ben più profonde.
Tempi interessanti (14)
(23 aprile 2015) Se vogliamo ricordare, fuor di retorica, le vittime dell'emigrazione è necessario alzare lo sguardo verso l'insostenibilità del modello di sviluppo e di consumi seguito alla contesa novecentesca. Ed interrogarsi non solo su come affrontare l'emergenza del momento, ma anche su come riqualificare e redistribuire le risorse limitate che gli ecosistemi del nostro pianeta riescono a produrre. Se non lo faremo sarà la guerra di tutti contro tutti, la cui possibilità sta già entrando nell'immaginario collettivo.
... Vent'anni di anomalia politica vengono cancellati con una rapidità sorprendente. Che ciò avvenga non con un cambio politico espressione del voto popolare, ma con la stessa coalizione che in maniera ferma si era sin qui opposta al completamento della Valdastico, contraddicendo lo stesso programma del centrosinistra autonomista, richiederebbe l'apertura di una crisi politica...
Tempi interessanti (13)
(9 aprile 2015) Ci si interroga in questi giorni sulla qualità delle liste dei candidati presentate per le elezioni comunali in Trentino. E, prima ancora, sulle coalizioni di cui sono espressione i candidati sindaci. Quello su cui ci si interroga meno (o per nulla) è quel che sta accadendo nelle nostre città e nelle nostre borgate, come tengono i tessuti sociali, come si governano i processi economici, come interagire con una Provincia che ha scelto di non cedere poteri. Con il rischio concreto che, nel vuoto politico, siano gli interessi più forti a dettare le agende delle amministrazioni locali.