"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Editoriali

Fra nazionalismo ereditario e fondamentalismo
Beirut, la statua dedicata a Samir Kassir

Considerazioni a margine dei tragici avvenimenti che dilaniano il vicino Oriente 

di Michele Nardelli

(16 agosto 2013) Penso che non userò più il termine "primavera", se non per raccontare di una stagione come un'altra. Per l'insidia che si cela dietro a questo termine declinato sul piano politico, capace di suscitare grandi aspettative e produrre cocenti delusioni.

Samir Kassir che della "primavera di Beirut" fu animatore e protagonista, e per questo assassinato il 2 giugno 2005, pure ci parlava dell'ambiguità di questa parola in assenza di una nuova cultura alla quale potesse corrispondere una classe dirigente capace di uscire da una dialettica schiacciata fra regimi non democratici sostenuti dall'Occidente e islamismo radicale.

Eppure a quest'ultima "primavera araba" ci avevamo creduto, per tutto ciò che la parola dignità evocava, per il protagonismo delle donne velate o meno che fossero, per il suo carattere nonviolento, per quella dimensione araba che andava oltre i confini artificiosi che il post colonialismo aveva disegnato sulla sabbia scambiati per progresso...

In un paese normale...
Un italiano

(2 agosto 2013) Come ha detto in queste ore Vittorio Zucconi, "in un paese normale Silvio Berlusconi verrebbe espulso dal Parlamento".

La condanna definitiva per aver truffato lo stato e dunque i cittadini avrebbe dovuto mettere la parola fine alla parabola politica del Cavaliere.

E invece così non è. Ieri sera attraverso tutte le reti radiotelevisive questo truffatore è di nuovo entrato nelle case degli italiani e gli italiani sono stati ad ascoltarlo come se si trattasse di un perseguitato politico.

Ovviamente spero di sbagliarmi, ma ho la sensazione che il suo consenso - nonostante i tre gradi di giudizio lo attestino come un delinquente - sia cresciuto.

Silvio Berlusconi ha vinto in questi anni perché ha saputo parlare ad un paese che gli assomigliava molto. E' stato così anche in passato, quando le piazze erano piene di gente che inneggiava alla guerra e allo spazio vitale per l'Italia. L'Italia non è un paese di creduloni, che si sbagliano a votare. Votano (o non votano) per quello che sono e che pensano.

Tutto questo ci racconta di un paese incapace di fare i conti con se stesso. E di una politica che, nel rincorrere la ricerca del consenso, non sa immaginare un paese normale.

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Oltre il profilo di quelle montagne...
Dolomiti

di Michele Nardelli

(2 agosto 2013) C'è stata una felice concomitanza fra l'approdo in Consiglio Provinciale della Legge Finanziaria 2014 e la festosa e per nulla manieristica inaugurazione del Muse nel capoluogo trentino. I due avvenimenti non sono affatto estranei fra loro perché la scelta di investire nella conoscenza ha rappresentato uno dei tratti strategici di tutte le leggi finanziarie assunte nel corso degli ultimi anni. Uno sguardo lungo che ci racconta di come, nonostante l'esplodere di una crisi di natura strutturale, la Provincia Autonoma di Trento abbia voluto considerare gli investimenti sulla conoscenza come parte integrante delle politiche di risposta alla crisi o, meglio, al nuovo contesto economico e finanziario che si ripercuote anche su questa nostra terra.

Una scelta che viene osservata con attenzione e stima anche da chi ci guarda da fuori, a testimonianza di come la nostra autonomia rappresenti un esempio virtuoso di autogoverno delle proprie risorse. Il Trentino ha saputo infatti mettere in campo in questi anni iniziative importanti che hanno attenuato, nei numeri come nella vita reale delle persone, gli effetti della crisi, cercando di attrezzare l'economia locale ad un processo di riqualificazione virtuosa verso le vocazioni territoriali, di garantire attraverso il fondo strategico regionale un accesso al credito agevolato e il sostegno ad interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio, attuando politiche concrete per salvaguardare il reddito di chi in questo momento si trova in condizioni di difficoltà. E fra queste politiche, gli investimenti nella ricerca, nell'innovazione e nella conoscenza (e la cultura fra questi) sono stati tratti caratterizzanti e originali.

Le icone e la politica
La fatica della politica

di Giorgio Rigotti

(1 agosto 2013) Non è poi così complicato come sembra quel che sta succedendo nel Pd del Trentino. Una prima chiave di lettura la dà (astuzia della storia) Luca Zeni: "La politica è fatta di simboli". Non del bisogno personale di trovare risposte collettive ai problemi posti dall'ordinamento sociale. Non il lavoro quotidiano, costante, paziente: il cambiare il mondo. Il simbolo, invece, cioè il consenso. Non è una novità, è il paradigma di Berlusconi e della preminenza della comunicazione sui contenuti. Vittoria, sconfitta, immagine. Azzerare, chiede la piazza (mediatica?). Tagliare teste, sensibilità, storia, tanto che c'entrano col futuro? E, simbolicamente, sono delle icone. 

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La difficoltà di essere presenti al proprio tempo
Storie

Questa riflessione viene ospitata oggi in prima pagina sul quotidiano L'Adige 

di Michele Nardelli

(28 luglio 2013) L'esito delle primarie del centrosinistra autonomista ha fatto emergere le criticità di un percorso politico incompiuto, quello del Partito Democratico. Quei 139 voti di scarto sono stati una sorta di detonatore di contraddizioni comunque presenti e che fin qui non abbiamo saputo o voluto affrontare.

Lo stesso dibattito che ne è seguito ha evidenziato i limiti di fondo di un partito che fatica a comprendere la natura reale della sua crisi. Ho sentito critiche molto severe, l'indistinta richiesta di azzeramento degli organismi dirigenti, un monito verso il proliferare di personalismi che riducono la politica ad affare privato, un forte richiamo alla necessità di rinsaldare il rapporto con il territorio.

Tutto questo è più o meno comprensibile e, talvolta, condivisibile, ma tende ad eludere le ragioni di fondo che sono all'origine della crisi della politica e senza la risoluzione delle quali il resto appare come una sorta di anestetico o di pericolosa scorciatoia.

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Intendo esserci.
Michele Nardelli nell\'incontro con Vinicio capossela dedicato a Bekim Fehmiu
(20 luglio 2013) L'Adige di oggi mette anche il mio nome fra i consiglieri provinciali uscenti che non intendono ricandidare. Non so con chi abbia parlato l'articolista, non certo con me. Ho detto in passato che la mia candidatura non era scontata, perché per quanto mi riguarda non è mai così. In questo momento, dopo averne parlato con molte persone e fatto un bilancio positivo dell'esperienza di questi cinque anni, sono orientato ad essere della partita e dunque a candidarmi nelle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale, a maggior ragione dopo l'esito delle primarie.

Riqualificare e rimotivare
Papaveri

(ottobre 2013) In questi giorni si sono intrecciate una serie di iniziative interessanti che hanno posto il tema del modello di sviluppo nell'area alpina: la conferenza stampa con gli esponenti del Bard (Belluno Autonoma Regione Dolomiti), la presentazione dell'ultimo lavoro di Aldo Bonomi "Il capitalismo in-finito" che attraversa le regioni della crisi, l'incontro di Grenoble delle regioni e dei ministri dei paesi dell'arco alpino, l'incontro di Borgo Valsugana sulle "terre alte". La riflessione di Michele Nardelli proposta sul Corriere del Trentino.

di Michele Nardelli

Nel tempo della crisi, abbiamo parlato spesso di "Terre alte", ovvero dei territori di montagna che si sono trovati a dover far fronte a condizioni di mercato più sfavorevoli e a costi sociali maggiori. Produrre un litro di latte in montagna non è la stessa cosa di produrlo in pianura, così come garantire lavoro, scuola e servizi di qualità nello spazio alpino richiede una disponibilità di risorse maggiore che altrove.