"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Editoriali

Quel che rimane...
Michele con Nina

Vorrei ringraziare con un grande abbraccio tutte le persone che ieri in occasione del mio compleanno mi hanno manifestato il loro affetto. A tutti loro e ai lettori di questo sito vorrei dedicare le parole che ho scritto qualche mese fa sul tema dell'amicizia per il libro di Paola Grott "Filìa".

Quel che rimane...

"Hannah aveva il genio dell'amicizia". Così Hans Jonas rese omaggio all'amica scomparsa nel giorno del suo funerale. Quello straordinario lavoro di tessitrice del pensiero, nell'amicizia che diviene incrocio di sguardi, era stata la sua forma di resistenza nell'attraversamento delle tragedie del Novecento. 

In effetti, se c'è un tratto che mi ha sempre affascinato di Hannah Arendt e del suo pensiero, è stata la tensione a ricomporre la Storia con l'esistenza del singolo individuo. Questo continuo indagare sul significato dell'agire umano, su quel che rimane del nostro passaggio terreno e sul valore decisivo del "pensare da sé", di guardare al mondo a partire dall'autonomia di pensiero.

Non in contrasto con il pensare e l'agire collettivo, abitando le insidie del potere che si annidano nella sfera pubblica nelle sue diverse dimensioni. Ma un terreno più sgombro, dove coltivare quello spirito critico verso di sé e il proprio tempo, che ci aiuta nell'elaborazione di un passato/presente altrimenti destinato a divenire gorgo.

Fra lo scorrere della storia e le nostre esistenze sembrano esserci distanze incolmabili. Abissi nei quali ci sentiamo soli ed inutili. Eppure in Hannah Arendt la vita si fa mondo. Questa distanza tende a svanire e il pensiero di ognuno diviene "una luce nel buio".

Nel modo con cui ciascuno di noi impara ad osservare le cose intorno a sé, nella capacità di darci quello strabismo che ci permette una diversa profondità aiutandoci a mettere a fuoco gli avvenimenti, nel valore che diamo allo sguardo degli altri, si può rintracciare il significato profondo e non banale dell'amicizia.

Srebrenica, diciott'anni dopo...
Srebrenica, il cimitero di Potocari

(11 luglio 2013) Srebrenica. Che cosa è rimasto nella coscienza collettiva dei cittadini europei di quanto accadde nel cuore dell'Europa l'11 luglio 1995? A ragion del vero è un po' l'insieme di quella tragedia che concluse il Novecento europeo che oggi appare rimossa, incasellata nella categoria di "guerra etnica", segnata dal pregiudizio dell'ignoranza e dei luoghi comuni, sterilizzata dalla falsa coscienza di un'Europa incapace di riflettere su se stessa e infine dimenticata, come se non avesse nulla di importante da dirci.

Tutto questo rende il genocidio di Srebrenica, quelle 8372 (o forse più) vite spezzate sotto gli occhi di una comunità internazionale distratta, quando non complice, se possibile, ancora più doloroso. Perché se per i famigliari delle vittime la ferita più aperta è quella di dare riconoscimento e sepoltura a quanti ancora giacciono nelle fosse comuni e, insieme, il desiderio di avere giustizia (se pensiamo che le condanne comminate per quanto accadde a Srebrenica diciott'anni or sono si contano sulle dita di due mani), l'aspetto che più in generale risulta insopportabile è rappresentato dal fatto che il nome di questa antica città non rappresenti motivo di riflessione per l'insieme della coscienza civile europea e mondiale.

La favola del giovane e della donna
Favole di Esopo

di Patrizia Caproni 

C'era una volta un paese in cui non tutti, ma tanti, parlavano di rinnovamento, giovani e donne in politica. C'era una volta un paese in cui tutto questo gran parlare di vecchio e giovane riempiva le bocche di parole e i giornali di lettere.

C'era una volta un paese in cui tutti si sentivano giudici senza appello di chi politica la faceva magari sì da molto tempo, ma ci metteva passione competenza e trasparenza. Tutti nella stessa pentola, buoni e cattivi, che in fondo tutti siamo un po' entrambi, e sembrava che solo l'anagrafe o il genere salvasse dalla gogna. I contenuti non esistevano più, o comunque passavano in secondo piano e, rimasta la forma, allora contava la singola apparenza e non più la capacità collettiva di elaborare progetti e contenuti che contenessero una visione di un mondo migliore. Narravano i cantastorie che cambiamento e innovazione potevano essere motore di un mondo più giusto ma che solo una rete tra persone disposte a mettere il proprio entusiasmo e il proprio coraggio verso una meta collettiva poteva dare significato a queste parole.

Investire sulla coalizione
Giovanni Segantini, Ritorno dal bosco

(16 giugno 2013) C'è ancora incertezza sul candidato del centrosinistra autonomista per le elezioni di autunno in Trentino e sulle primarie di coalizione che - in assenza di una figura condivisa da tutti - dovrebbero esprimerlo.

Errori sin qui ce ne sono stati, primo fra tutti quello di non aver investito abbastanza in questi anni su una cultura coalizionale. Ma ora è necessario avere pazienza, perché l'unità della coalizione è un bene prezioso che ci ha permesso in questi quindici anni di ancorare il Trentino ad una prospettiva politica diversa da quella che ha pesantemente segnato tutto l'arco alpino. Lo abbiamo visto a Pergine Valsugana che cosa significa andare divisi, anche se in quel caso - venendo da un'esperienza amministrativa non certo positiva - una lezione ci stava e si potrebbe rivelare anche salutare.

Roma, Brescia, Treviso... il riscatto delle città
Valigie

(10 giugno 2013) Nelle sedici città capoluogo interessate al ballottaggio vince ovunque il centrosinistra. Fra queste Roma, con oltre il 63% dei voti espressi, Marino mette fine al governo della destra. E anche Treviso, storica roccaforte della Lega, passa al centrosinistra, così come Ancona, Brescia, Imperia, Viterbo... 

Rimane la necessità di riflettere sul forte calo del numero degli elettori, nel ballottaggio al di sotto del 50%. Una disaffezione che fotografa una crescente distanza dei cittadini dalla politica.

Al tempo stesso si afferma una proposta più radicata nel territorio rispetto ad una proposta di tipo plebiscitario insita nei partiti ad immagine e somiglianza del loro capo.

http://www.repubblica.it/static/speciale/2013/elezioni/comunali/index.html?ref=dbelezioni

 

Apprendimento permanente
Non è mai troppo tardi

Quello che segue è l'editoriale del professor Ugo Morelli apparso giovedì sul Corriere del Trentino e di cui ringrazio per la sensibilità. 

di Ugo Morelli

(21 giugno 2013) Le cose stanno cambiando. Sono molte le indicazioni che segnalano un'inedita sensibilità nel campo della domanda di sapere e conoscenza, oggi. Interessante è che ciò si combini con un altrettanto evidente scarto fra la sensibilità e l'indifferenza, fra i problemi e la partecipazione civile per affrontarli. Un segno ulteriore, se ce ne fosse bisogno, della differenza che corre tra informazione, comunicazione e conoscenza. Eppure si insiste a trattare queste tre questioni come se fossero una sola. Non solo non lo sono, ma si combinano con una quarta azione necessaria, più urgente che mai: l'educazione nell'intero arco della vita.

A questo tende a rispondere il disegno di legge provinciale presentato da Michele Nardelli e da altri consiglieri. Oltre all'apprendimento permanente la proposta di legge si riferisce anche alla certificazione delle competenze.

Viviamo in un tempo in cui il sapere e la conoscenza sono alla base di ogni scelta, azione e decisione. Si stenta a capirlo perché la conoscenza è intangibile, ma ognuno se ne rende conto quando deve fare una scelta, prendere una decisione, fare un lavoro o semplicemente orientarsi nel mondo in cui viviamo. Parlare di analfabetismo di secondo livello sarà pure esagerato ma corrisponde in buona misura alla realtà dei fatti. Non conoscenza vuol dire esclusione e assenza di possibilità di partecipazione attiva. Vuol dire subire le scelte e non decidere di cose essenziali che riguardano la nostra vita: si pensi alla bioetica o alle scelte riguardanti l'ambiente e l'alimentazione o, semplicemente, si fa per dire, decidere quale scuola scegliere per i nostri figli. 

Un progetto per il Trentino
Fortunato Depero (particolare)

La carta d'intenti sottoscritta dalla coalizione del centrosinistra autonomisita

(19 giugno 2013) Il Centrosinistra autonomista trentino ha rappresentato un'anomalia nel panorama politico del Nord Italia, nel quale il modello dominante è stato quello di una destra leghista e populista. Un'anomalia che ha garantito al Trentino riforme, stabilità, attenzione ai diritti e al lavoro, equità e che ha valorizzato le caratteristiche "migliori" della società trentina, quali la solidarietà, la cultura dell'autogoverno, del rapporto virtuoso con il territorio, del limite. Si è promossa un'idea di società aperta e attenta a valorizzare le differenze.

Nel nostro tessuto sociale è vivo e forte l'interesse per la comunità, ma questa diversità va coltivata per non essere cancellata dal pensiero dominante che, richiamandosi al liberismo e all'individualismo, subordina la politica all'economia,la società all'interesse privato.