"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Editoriali

Un interprete di questo tempo
tunnel

di Michele Nardelli

(5 aprile 2012) Dopo Berlusconi, anche Bossi è costretto a farsi da parte. La sua vicenda sembra finire nel peggiore dei modi, vittima di quella stessa questione morale che negli anni '90 ne aveva favorito l'ascesa.

Umberto Bossi, al di là delle apparenze, non è stato affatto un fenomeno da baraccone. Grazie proprio all'intuizione del suo padre padrone, la Lega ha rappresentato in questi anni un fatto politico moderno, capace di interpretare forse più di ogni altro questo improvvido tempo.

Il tempo dello spaesamento, il tempo della solitudine sociale, il tempo del rancore, il tempo dell'egoismo, il tempo del disprezzo verso la cultura. La Lega ha saputo parlare alla pancia di una società che andava perdendo rapidamente i propri riferimenti sociali e culturali, in piena sintonia con la "locanda" delle volgarità e dell'invidia. Chi votava Lega era in larga parte la povera gente.

Il velo strappato
Gian Maria Volontè in \

di Massimo Giannini, da www.repubblica.it

(21 marzo 2012) "Niente birra e panini al numero 10 di Downing Street", era il motto di Margareth Thatcher ai tempi della storica vertenza con i minatori inglesi. Nella Gran Bretagna di Iron Lady con i sindacati non si trattava. Trent'anni dopo, nell'Italia di Mario Monti le porte di Palazzo Chigi sono aperte: con le parti sociali si tratta, e si è trattato a lungo in questi giorni e in queste settimane. Ma il risultato pratico è lo stesso.

Se i "corpi intermedi" della società condividono le scelte, tanto meglio. In caso contrario, il governo va avanti comunque. Lo strappo si è dunque compiuto. Il presidente del Consiglio ha deciso di scrivere la sua riforma del mercato del lavoro sacrificando la Cgil. Un sacrificio pesante, e gravido di conseguenze. È ancora una volta l'articolo 18 a segnare un decisivo cambio di fase, che modifica strutturalmente non solo le relazioni industriali, ma anche le consuetudini politiche del Paese.

L'ossessione della crescita
sviluppo
di Michele Nardelli

Questo intervento viene pubblicato oggi dal quotidiano "Trentino" come commento in prima pagina.

(25 aprile 2012) Nel marzo 1968, tre mesi prima di essere assassinato, Robert Kennedy pronunciava, presso l'Università del Kansas, un discorso rimasto memorabile nel quale evidenziava - tra l'altro - l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere degli stati.

«... Il PIL - affermava Kennedy - comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari ... Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta ...».

http://www.youtube.com/watch?v=grJNlxQsqtE&feature=player_detailpage 

Da quella lontana primavera sono passati quarantaquattro anni e nel frattempo il mondo è profondamente cambiato, ma quelle parole mantengono intatte la forza di un messaggio profetico. Per la semplice ragione che il PIL è diventato una sorta di ossessione delle economie nazionali, tanto da diventare impropriamente lo strumento di misurazione del benessere collettivo.

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Nel giorno del ricordo, una riflessione
L\'esodo

di Michele Nardelli

(10 febbraio 2012) Ci siamo detti più volte che per uscire davvero dal Novecento è necessario elaborare le sue tragedie. Chiediamoci serenamente: l'abbiamo fatto? Siamo stati capaci di indagare a fondo la Shoah, il Gulag ed Hiroshima?

Se oggi l'Europa è percorsa dall'inquietante rinascere di forme di estrema destra che si richiamano al nazismo e attraversata da populismi ben più estesi innervati di xenofobia e razzismo, significa che quelle pagine tragiche si sono chiuse senza indagarne l'origine, chiudendo gli occhi sulla colpa politica e morale, accettando la falsa coscienza di chi ha detto "non sapevo", evitando una riflessione collettiva sulla "banalità del male", nel difficile riconoscere che il criminale alberga in ognuno di noi.  

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Spese militari, la fine di un tabù
Charlie Chaplin

Quello che segue è il commento di prima pagina proposto nell'edizione odierna del quotidiano "l'Adige"

di Michele Nardelli

(7 gennaio 2012) Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dalla sala conferenze del Pentagono come nelle grandi occasioni, non annuncia una nuova guerra. Al contrario indica una svolta nella strategia politico militare del suo paese, mettendo fine all'idea degli Usa come gendarme del mondo ed annunciando che non ci saranno mai più interventi al di fuori di un mandato delle Nazioni Unite. E, nel contempo, vara un piano di taglio delle spese militari degli Stati Uniti senza precedenti, a cominciare dagli armamenti nucleari e dal programma di acquisto dei cacciabombardieri F35.

Pensiamoci.
Eduardo De Filippo
(1 gennaio 2012) Quel che ci porterà il 2012 non lo sappiamo. Certo è che l'anno che viene non si presenta sotto i migliori auspici, almeno se consideriamo le prospettive economiche e sociali. La crisi è conclamata e la recessione porterà con sé, in Italia e in buona parte dell'Europa, un calo dell'occupazione e dei redditi, con effetti ancora non completamente calcolabili sul piano delle condizioni di vita delle persone, se è vero che solo l'effetto dei provvedimenti per raggiungere il pareggio di bilancio sul piano nazionale graverà per almeno 2 mila euro su ogni famiglia.

Se dovessimo basare le previsioni sui dati strutturali della crisi, ci sarebbe davvero motivo di essere preoccupati. Preoccupazione che cresce se dalla crisi economico-finanziaria dovessimo alzare lo sguardo sullo stato ambientale del pianeta o sulla crisi morale che l'attraversa.

Ciò nonostante, in queste prime ore del nuovo anno, vorrei formulare un augurio che è anche un auspicio. Che la crisi sia l'occasione per pensarci su, per riflettere sul significato di quel che facciamo, sulla sostenibilità dei nostri stili di vita, sul modo con il quale ci rapportiamo alle risorse che la madre terra ci consegna, sul senso che diamo alle nostre relazioni con le altre persone e con la comunità in cui viviamo, quella con cui condividiamo il nostro piccolo spazio di vita, come quella più ampia che ci accomuna nell'interdipendenza  di un unico destino terrestre.

Nel riflettere, nel sentirsi meno soli, nel cercare soluzioni per uscire dall'insostenibile spirale di una crescita senza qualità, si svolge lo spazio della politica. Forse non della politica che rincorre gli avvenimenti o che si preoccupa solo della ricerca del consenso, ma di quella vera, che prova a guardare oltre. Oltre il proprio giardino e oltre ogni visione particolare. Lo spazio di una politica che mi piace pensare territoriale ed oltre ogni confine.

Buon anno.

Milena Demozzi, una perdita per il Trentino
Milena Demozzi
A 52 anni, dopo una lunga malattia, si è spenta nella sua casa di Ravina l'ex segretaria della Fiom. Era membro della segreteria confederale della Cgil. Una perdita per il sindacato, la sinistra e tutto il Trentino.

(3 dicembre 2011) All'alba di venerdì 2 dicembre si è spenta Milena Demozzi, membro della segreteria confederale della Cgil del Trentino. Originaria di Sardagna, era nata a Trento il 10 febbraio 1959 e, giovanissima, aveva mosso i primi passi nel sindacato. Nel 1980 cominciò a lavorare infatti come funzionaria amministrativa per la Federazione unitaria dei metalmeccanici, la Flm.