"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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«The Last 20», il summit per guardare il mondo dal basso
Il logo dell'iniziativa

Come ha scritto recentemente Alessandro Di Bussolo di Vatican News, “nell’anno che vede l’Italia nel ruolo di presidente del G20, il forum internazionale dei Paesi più ricchi e potenti del mondo, nasce dal sud della Penisola “The Last 20”, il primo summit “dal basso” per guardare il mondo con lo sguardo degli ultimi”.

Mentre in Italia andavano avanti gli incontri dei G20, dei venti Grandi della terra, dal mese di febbraio si è costituito un comitato denominato “The Last 20”, che ha riunito gli “L20”, i venti Paesi più “impoveriti” del nostro pianeta, in base alle statistiche internazionali sui principali indicatori socio-economici e ambientali. Sono i Paesi che più soffrono della iniqua distribuzione delle risorse, dell’impatto del mutamento climatico, delle guerre intestine, spesso alimentate dai G20.

L’evento “The Last 20” è partito da Reggio Calabria il 22 luglio scorso, con l’intitolazione di un ponte, che unisce la città al suo porto, all’Ambasciatore Luca Attanasio e alla sua scorta, morti in un agguato in Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021. Un ponte che ha un valore simbolico perché unisce l’ultimo lembo della penisola italiana con il mare che ci porta nel Continente africano. Un legame che vogliamo riprendere e rilanciare. Alla cerimonia erano presenti i familiari dell’Ambasciatore e del carabiniere Iacovacci, nonché le massime autorità locali.

 

Preparare il terreno fertile. Alimentare l’ecosistema vitale.
dal blog https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini

Prima premessa. Fine agosto, tardo pomeriggio. Neppure l’ultima birra delle vacanze, vista laguna veneziana, si salva dal dibattito sulla irrisolvibile litigiosità del centro-sinistra italiano, con declinazioni territoriali che ognuno di noi ha potuto almeno una volta vivere e/o subire. Il mio interlocutore è pessimista di fronte alla possibilità che nel prossimo futuro la situazione possa migliorare. Da parte mia ho maggiore fiducia, a patto che davvero ci sia il desiderio di mettersi in gioco con coraggio e generosità, consapevoli che non esistono per nessuno rendite di posizione comode e sicure e che a richiedere un deciso salto di qualità è il contesto complesso e mutato che ci troviamo ad affrontare, nell’intersezione e nell’interferenza tra contesto globale e locale.

Seconda premessa. Piazza Dante, Trento. Serata di cinema all’aperto. La storia che viene proiettata è quella di due giovani, John e Molly, che lasciata la città decidono di dedicarsi all’agricoltura acquistando un ampio appezzamento da anni in stato di abbandono. Prima di raccogliere i frutti del loro lavoro dovranno affrontare un variegato campionario di errori e difficoltà utili per comprendere che le premesse a una buona stagione, non solo agricola, sono la predisposizione di un terreno fertile e curato, dentro e sopra il quale sviluppare il massimo livello di biodiversità possibile, intesa come disordine armonico in un ecosistema vario, vitale e collaborativo. Bignami per la costruzione dell’orto e metafora per l’attivazione di processi politici.

Da mesi in diversi segnalano la necessità di rigenerare dalle basi l’alleanza di centrosinistra trentina, avendo chiaro che ciò che è successo in questi tre anni (con l’aggiunta di incertezza prodotta dalla pandemia) non è frutto esclusivamente di una passeggera crisi di consenso o di un deficit comunicativo di una compagine politica in salute.

 

Clima e cambiamento
Port Bou, l'omaggio geniale a Walter Benjamin

di Ugo Morelli

Clima

“Come scienziata del clima, voglio che lo sappiate: io non ho speranza”, così si è espressa Kate Marvel, una delle più importanti studiose del clima a proposito del sesto rapporto sul cambiamento climatico appena pubblicato dall’IPCC, il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico (https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/). La rilevanza dei dati per le aree locali è più evidente che mai. Non si tratta solo di innalzamento della temperatura. Il cambiamento climatico sta portando molteplici cambiamenti diversi in molte regioni – che aumenteranno con l’ulteriore riscaldamento. Questi includono modifiche all’umidità e siccità, venti, neve e ghiaccio, zone costiere e oceani. Il cambiamento climatico sta intensificando il ciclo dell’acqua. Questo porta precipitazioni più intense e inondazioni associate, nonché siccità più intensa in molte regioni. Negli ultimi trent’anni, sostiene il rapporto, i governi centrali e locali sono stati messi a conoscenza dei cambiamenti e della gravissima crisi in atto, ma non hanno fatto quasi nulla per intervenire in modo effettivo.

In base al rapporto, il cambiamento climatico è molto diffuso, rapido e in corso di intensificazione. Secondo gli scienziati che stanno osservando i cambiamenti del clima terrestre in ogni regione e in tutto il sistema climatico, molti dei cambiamenti osservati sono senza precedenti da migliaia, se non da centinaia di migliaia di anni, e alcuni dei cambiamenti già messi in moto, come il continuo innalzamento del livello del mare, sono irreversibili per centinaia di migliaia di anni. Tuttavia, forti e durature riduzioni delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas serra limiterebbero il cambiamento climatico. Mentre i benefici per la qualità dell’aria arriverebbero rapidamente, e potrebbero volerci 20-30 anni per vedere stabilizzare le temperature globali, secondo il rapporto approvato venerdì da 195 membri rappresentanti dei governi coinvolti nell’IPCC. Per le aree alpine rilevante è anche che un ulteriore riscaldamento amplificherà lo scongelamento del permafrost e la perdita del manto nevoso stagionale, con scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali e perdita del ghiaccio marino artico estivo.

Per la prima volta, il sesto rapporto di valutazione fornisce una valutazione regionale più dettagliata di cambiamento climatico, compresa un’attenzione alle informazioni utili che possono informare la valutazione del rischio, l’adattamento, e altri processi decisionali. Dal rapporto emerge un nuovo quadro che può aiutare a tradurre i cambiamenti fisici nel clima nelle conseguenze per gli ecosistemi locali. Sarebbe importante vedere finalmente emergere scelte precise e profonde per organizzare la speranza.

 

 

La crisi del M5S e noi
dal blog di Sequs https://sostenibilitaequitasolidarieta.it

«La maledizione di vivere tempi interessanti» (116)

La crisi del M5S è irreversibile? Staremo a vedere, certo è che ergersi a giudicare piuttosto che analizzare non ci aiuta. Si può giudicare il comportamento elettorale di un terzo dell’elettorato? Comprendere dovremmo, per cercare risposte. Non prendere atto – quasi con soddisfazione – che quel movimento aveva effettivamente i piedi di argilla. Perché oltre tutto sbaglieremmo nel pensare di poterne beneficiare...

... Anziché celebrare l'ennesimo funerale di un movimento che voleva essere di cambiamento, quello che resta delle intelligenze di questo paese dovrebbe interrogarsi sui bisogni sociali inespressi, inascoltati, privi di corrispondenze organizzate sul piano del servizio e della rappresentanza che rischiano di alimentare la dissoluzione sociale...

Una riflessione di Michele Nardelli e Walter Nicoletti proposta per il blog di Sequs (Sostenibilità - Equità - Solidarietà)

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Per una Politica che si prende cura del mondo
da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini *

(7 luglio 2021) Dal marciapiede al cielo. E’ questo lo slogan scelto da Giovanni Caudo per presentarsi alle primarie del centro-sinistra a Roma. Lo sa bene, da presidente del terzo municipio della Capitale (quasi 100 kmq di estensione e oltre 200.000 abitanti), che va cercato con ostinazione il punto di equilibrio tra pragmatismo amministrativo e visione politica, tra attenzione per la prossimità e comprensione del contesto globale.

Certo serve prendersi il tempo di indugiare sulle cose, avere piena consapevolezza della fluidità e complessità del “grande teatro del mondo” e della necessità – per usare le parole del titolo della rivista Il Mulino nel settantesimo anniversario della sua fondazione – di lavorare per “guarire le nostre democrazie”, colpite da una sindemia che è prodotta dall’intreccio di crisi sanitaria, crisi economiche e sociali (al plurale), crisi culturale e di senso comune.

Guasto è il mondo. Lo scriveva anni fa Tony Judt riferendosi alle fragilità dello scenario geopolitico scaturito dalla caduta del Muro di Berlino e dalla cosiddetta “fine della storia”. La storia – è fatto pienamente emerso di fronte ai nostri occhi – non si è conclusa ma si è ulteriormente ingarbugliata, fuoriuscendo dai binari apparentemente senza alternative del capitalismo occidentale e dell’ottimismo progressista.

Gli ecosistemi non seguono i confini degli umani
Durante il mio intervento a Genova

Quello che segue è l'intervento che ho svolto al X congresso di Slow Food Italia per illustrare la mozione “Pensarsi e agire come Comunità, per la Slow Food degli ecosistemi”, approvata a larga maggioranza e che trovate nell'allegato.


Nel nostro dibattito congressuale abbiamo posto il tema cruciale del cambio di paradigmi. La sindemia, l'intreccio delle crisi ambientale, sanitaria, climatica demografica, migratoria, economica e sociale (che sappiamo anche politica e culturale), ha evidenziato ed accelerato l'urgenza di questo cambiamento.

Cambiare i paradigmi, però, non è così facile come può sembrare. Si tratta di approcci consolidati e mettere in discussione trecento anni di magnifiche sorti progressive richiede una rivoluzione copernicana. Non basta un voto congressuale per cambiare il nostro sguardo sul mondo.

Occorre un percorso e per questo, nei mesi scorsi, abbiamo immaginato un ambito di sperimentazione culturale e politica qual è stato Terra Madre.

Ci siamo detti: proviamo a leggere il pianeta (e il nostro tempo) con occhiali diversi, attraverso l'idea di nuove geografie. Ne è venuta la Terra Madre degli ecosistemi, non la vecchia geopolitica ma uno sguardo capace di comprendere che le grandi questioni si misurano sul terreno dell'interdipendenza globale e dei territori in cui viviamo: le terre alte, le terre metropolitane, le terre d'acqua, le terre di pianura. Gli ecosistemi non seguono i confini degli umani.

Resilienza o cambiamento?
Mar di Marmara

«Tempi interessanti» (115)

... Resilienza viene dal latino resilire ovvero rimbalzare, la capacità di un materiale di assorbire un urto. Nell'accezione assunta nel gergo internazionale significa adattamento, la capacità di un individuo di superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Ora, la scelta e l'uso delle parole non è mai casuale, né tanto meno neutrale. Adattamento significa riconoscere l'ineluttabilità di una condizione considerata oggettiva, rispetto alla quale l'umano agire può ben poco, che si tratti dei processi di esclusione prodotti dal modello dominante o degli effetti della crisi climatica/ambientale non fa differenza. Imparare ad essere resilienti significa allora adeguarsi, abdicare all'azione di contrasto, rinunciare al cambiamento. Credo sia proprio questo il nodo che il concetto di resilienza ci pone, non nuovo per la verità, ma che nell'accelerazione dei processi che stiamo conoscendo assume tutta la propria valenza mistificatoria di anestetico culturale e sociale...

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