"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Considerazioni sull'undicesimo itinerario del Viaggio nella solitudine della politica "Roma e Bisanzio. Guardando la Mezzaluna Fertile" (27 settembre - 8 ottobre 2019)
di Michele Nardelli
Quattromilaseicentonove chilometri, sedici frontiere attraversate di undici diversi paesi europei e due fusi orari, almeno una dozzina di città dove ci siamo fermati, non meno di sette lingue ascoltate come sette sono state le monete correnti scambiate, quindici sono stati i viaggiatori (otto donne e sette uomini1) di sei diverse regioni italiane...
Potrebbero bastare questi numeri per descrivere l'undicesimo itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”, certamente anche la fatica di comprimere tutto questo in dodici giorni, talvolta appena sfiorando luoghi che avrebbero meritato ben altra attenzione. Che pure abbiamo cercato di colmare negli spazi di conversazione, nelle letture dedicate (a partire dalla nostra piccola biblioteca mobile composta di oltre quaranta volumi e di numerose schede preparate) e nelle considerazioni emerse durante i nostri spostamenti.
L'intento del viaggio dentro la faglia fra Oriente e Occidente era di metterne a fuoco la complessità, di coglierne l'attualità e di intercettare sguardi e pratiche, pur nel disincanto, per rilanciare il progetto politico europeo e mediterraneo.
Marco Revelli
Oltre il Novecento
La politica, le ideologie e le insidie del lavoro
Einaudi, 2001
Secolo della democrazia e dei totalitarismi, della violenza dispiegata in misura mai prima conosciuta e della decolonizzazione su scala globale, della società opulenta e della fame del mondo: il Novecento appare, da qualunque prospettiva lo si guardi, come “il secolo dell’ambivalenza”. Un grande libro.
di Giulia Cutello e Federico Zappini *
(12 gennaio 2021) Simon Reynolds la chiama Retromaniaed è quella tendenza – ancora molto in voga – di rifarsi nostalgicamente alla cultura pop degli anni ’80, con le sue esagerazioni nei suoni e nelle pose. In queste settimane in cui imperversa il dibattito sull’apertura dei consorzi sciistici è in assoluto una delle prime parole a venire alla mente.
Eppure della Retromania oggi non abbiamo nessun bisogno.
«Via della Spiga, Hotel Cristallo Cortina: due ore, cinquantaquattro minuti e ventisette secondi. Alboreto is nothing!». Parole del Dogui – Guido Nicheli tratta da Vacanze di Natale 1983. Abbiamo scoperto solo iniziando a scrivere questo pezzo che si trattava del remake di un altro lungometraggio del 1959, interpretato dalla coppia Alberto Sordi – Vittorio De Sica, dal titolo Vacanze d’inverno. Il tema portante è lo stesso: l’onda lunga del “miracolo economico”. C’era il boom dei consumi e l’ostentazione di un lusso che si immaginava potesse diventare popolare e diffuso, persino democratico (?) seppur limitato temporalmente alla settimana bianca trascorsa in una località esclusiva delle Alpi.
Guido Tonelli
Tempo
Il sogno di uccidere Chrónos
Feltrinelli, 2021
Mi accade sempre più frequentemente che nelle conversazioni, pubbliche o private che siano, il fattore “tempo” si proponga come cruciale.
Nell'interrogarsi su quell'intreccio di crisi che ci ha portati alla sindemia, nelle presentazioni de “Il monito della ninfea”, nel percorso congressuale di Slow Food, nel confronto con la piccola comunità di pensiero cresciuta attorno al “viaggio nella solitudine della politica” e all'urgenza di darci nuovi paradigmi per immaginare il futuro, questa parola è diventata sempre più un tema ineludibile.
In particolare, il rovesciamento del tradizionale disallineamento fra tempo storico e tempo biologico, ovvero fra processo entropico e processo evolutivo, fa sì che l'accelerazione così esponenziale degli effetti del surriscaldamento del pianeta ci ponga quotidianamente la domanda “siamo ancora in tempo?”.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano
Prof. Mario Draghi
Egr. Prof. Draghi,
Desideriamo condividere con Lei e i Ministri impegnati qualche elemento di valutazione generale e avanzare raccomandazioni e suggerimenti sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Siamo un gruppo di docenti, ricercatori ed esperti afferenti a diverse discipline accomunate dalle finalità di protezione sia degli ecosistemi e dell’ambiente in cui viviamo sia della salute umana e degli organismi viventi. Stiamo seguendo e studiando la pandemia dal suo arrivo e siamo preoccupati per il presente e per il futuro. Per questo, oltre a contribuire allo studio dei fenomeni collegati alla pandemia, siamo interessati alle elaborazioni ed alle scelte per la ripresa economica e sociale1.
Siamo consapevoli della necessità di affrontare la sfida di una ripartenza che non sia basata sugli stessi modelli che hanno determinato la grave situazione in cui ci troviamo. Per imboccare una traiettoria diversa c’è bisogno di un cambio di paradigma del modello di sviluppo e di consumo oggi prevalente, ed è necessario che molte scelte siano fatte con immediatezza. Trattandosi di una profonda crisi sanitaria, sociale, economica, perfino esistenziale, un piano di ripresa post-pandemica deve necessariamente confrontarsi con una miriade di problemi, come illustrato dal Green Deal europeo. Osserviamo con grande interesse l’evoluzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ed apprezziamo gli sforzi fatti in molte direzioni, seguendo le indicazioni di quello europeo.
Nella cornice della "Scuola degli spiazzi" (Percorsi collettivi di approfondimento e conoscenza), venerdì 15 gennaio 2021 alle ore 18.00, pagina FB della libreria "Due Punti", ci sarà la presentazione del libro di Mauro Ceruti e Francesco Bellusci "Abitare la complessità", Mimesis, 2020, attraverso un dialogo a più voci con uno degli autori Mauro Ceruti.
«L’uomo odierno si trova in una crisi cognitiva, che concerne il rapporto che intrattiene con sé stesso e con la realtà. È una condizione paradossale. Viviamo in un mondo sempre più complesso, nel quale tutto è connesso. E all’interno del quale, tuttavia, si producono drammatiche disgregazioni.
Domina un paradigma di “semplificazione”, che ci separa illusoriamente dalla natura, ci rinchiude nei confini nazionali, frammenta i saperi, irrigidisce le identità. Il successo di tale modello accresce le tendenze regressive e il rischio di catastrofi future.
Cambiare paradigma per apprendere ad abitare la complessità è la sfida del XXI secolo. Raccogliere questa sfida significa ripensare le attività umane fondamentali: la cura, l’educazione, il governo».
di Ugo Morelli
Il paesaggio corpo
Quali effetti inattesi può generare la mancanza! Uno si ritrova in contatti sociali deprivati per la pandemia ed ecco che fa scoperte inaudite.
Prima di tutto ha tempo per riflettere. All’inizio ha un effetto di vertigine, si sente spaesato. Poi è forse proprio quello spaesamento che diventa produttivo.
Del resto, se non ci si spaesa è difficile riconoscere il paesaggio. Non lo sappiamo, ma è probabile che è quando lo tiri per un momento fuori che il pesce si accorge dell’acqua.
Allora un’intera stratificazione di paesaggi, come matrioske, si propone, con la pandemia. A cominciare dal paesaggio corpo.
Ci accorgiamo delle mani: non possiamo usarle liberamente; dalla loro centralità nelle nostre vite e nella nostra evoluzione, una centralità tacita e addirittura scontata, diventano fonte di rischio e pericolo: per toccare gli altri e le cose e per toccare persino se stessi. Le guardiamo e le sentiamo con una certa diffidenza. Averle rimane indispensabile ma è anche preoccupante. Ce ne dobbiamo prendere cura più del solito e persino il vecchio monito del galateo diventa una disposizione sanitaria e normativa: lavarsi e disinfettarsi le mani continuamente. Scoprendo che non basterà mai: dopo averle lavate bisogna chiudere il rubinetto! Poi bisogna aprire la porta del bagno con la maniglia, e poi…e poi… Quella che era un’indicazione di buona educazione, salutare stringendo la mano all’altro, è divenuta un’offesa da untori, da superficiali irresponsabili che non si curano del rischio di contagiare un altro. Per non parlare del respiro, altro atto costante e necessario per vivere, e dato altrettanto per scontato. Ci accorgiamo della sua importanza per vivere perché sentiamo di rischiare ad ogni inspirazione e di mettere a rischio gli altri ad ogni espirazione. E vogliamo parlare delle labbra e di un bacio?! Il paesaggio corpo si presenta a noi come se fosse la prima volta che lo viviamo.