"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Conosco abbastanza bene Giulio Marcon per sapere che se ha deciso di metterci la faccia la proposta di cui si fa portatore in questo editoriale (e che riprende l'appello di qualche giorno fa con il quale Barbara Spinelli e altri hanno lanciato la candidatura di Alexis Tsipras per la presidenza della Commissione Europea) potrebbe anche essere diversa dall'ennesima trovata elettorale.
E ciò nonostante quello che viene proposto è uno schema che abbiamo già conosciuto, ovvero l'idea di un cantiere unitario della sinistra che non si riconosce nel PD. Quasi che il problema fosse l'incapacità della sinistra radicale di trovare un comun denominatore o non invece - a monte - di una cultura politica con la quale la sinistra (non solo quella italiana) non ha saputo ancora fare i conti. E non parlo solo della sinistra politica, parlo anche di quella sinistra diffusa fatta di movimenti che a guardar bene non è meno malata di quella dei partiti.
Non lo dico per sostenere la causa del PD, partito che ancora guarda all'Europa come al luogo dove difendere gli interessi italiani, ben lontano da quella visione europea che ci dovrebbe portare a ragionare dell'Europa come di una casa comune sopra le nazioni.
Ma in entrambi i casi lo schema è ancora quello dei partiti (o aggregazioni) nazionali, proposte che si affermano (o si sgretolano) nell'arco di una scadenza, specie se è per una scadenza che vengono immaginati.
Lo ripeto. Ho un rapporto di stima per Giulio (e per altri amici che sostengono questa proposta) troppo forte per non pensare che non siano sufficientemente accorti per non ripetere cose già viste. Per questo alzo il telefono e gli dico quel che penso. Mi ribatte che ancorare la sinistra diffusa ad un'idea europeista, in un contesto di "caccia all'Europa", sarebbe già un bel risultato. Il tragico è che a questo siamo.
Quanto è ancora lontano un pensiero europeo capace di comprendere l'Europa nelle espressioni sociali e culturali di una regione che va dagli Urali all'Atlantico e capace di fare del Mediterraneo il contesto d'incontro fra oriente e occidente.
Se non capiamo che i temi del lavoro, del welfare, dell'ambiente, delle comunicazioni, della formazione, della cittadinanza... non possono essere affrontati se non a partire da un approccio sovranazionale, il progetto europeo è finito. Se non capiamo che in questa cornice la difesa di stili di vita insostenibili ma che consideriamo "non negoziabili" significa guerra...
Un progetto europeo davvero nuovo deve porsi il tema dell'austerità, della riconsiderazione dei consumi e del lavoro, del ritorno alla terra e all'unicità dei territori per contrastare i processi di finanziarizzazione dell'economia, dell'abolizione degli eserciti nazionali... solo per dire le prime tre o quattro cose che mi vengono in mente.
Ma tutto questo presuppone un cambiamento di sguardo che ancora non c'è. E che non vedo nemmeno nelle parole che pure sento vicine di Giulio...
(21 gennaio 2014) Leggo e rileggo la proposta di riforma del sistema elettorale che il segretario Matteo Renzi ha sottoposto alla direzione del Partito Democratico (vedi scheda in allegato).
Mentre continuo a pensare che il problema non abiti qui, ma piuttosto nel racconto che la politica riesce a fare del nostro tempo, non posso che prendere atto di come la cultura maggioritaria e centralistica sia diventata il tratto di omologazione di grande parte del sistema politico italiano.
A rischio di sembrare naïf, continuo a pensare che il sistema proporzionale sia il migliore fra quelli fin qui sperimentati, che il ruolo della politica sia quello di costruire le alleanze di governo anche sulla base dell'esito del voto, che l'elezione diretta del premier (e dei presidenti) comporti un pericoloso accentramento dei poteri in chiave plebiscitaria, che i premi di maggioranza falsino l'espressione del voto popolare, che le preferenze siano uno strumento tutto sommato utile (anche se non l'unico) nella selezione delle candidature, che le minoranze politiche (ma anche quelle nazionali) debbano trovare rappresentazione istituzionale, che il ruolo di elettore e di iscritto siano diversi e che, pertanto, le primarie siano le negazione del ruolo dei corpi intermedi e a guardar bene della politica.
(marzo 2014) Presentato a Trento presso il Café de la Paix il programma di iniziative "Afghanistan 2014". Quattro gli appuntamenti nel mese di marzo su altrettanti spaccati di un paese - l'Afghanistan - in guerra da quarant'anni ma ...che non ha mai smesso di immaginare un futuro diverso. Un film, la presentazione dell'Atlante delle guerre, il festeggiamenti per il Nowruz ed un confronto su quel che potrà accadere in Afghanistan nel 2014, con le elezioni e il ritiro del contingente internazionale.
S'intitola "Terra madre. Filiere corte, fondi rustici, animazione territoriale, certificazione di qualità nell'azione legislativa di Michele Nardelli".
E' una sorta di rapporto sul lavoro svolto sul tema dell'agricoltura nella legislatura che si è appena conclusa, ma insieme una proposta per mettere al centro dell'azione del futuro governo del Trentino il territorio, le sue vocazioni e la qualità delle sue produzioni.
Tornare alla terra, un progetto politico.
Augusto Graziani è venuto a mancare il 5 gennaio, a 80 anni. Aveva insegnato alle Università di Catania, alla "Federico II" di Napoli e alla Sapienza di Roma, ed era stato senatore del Pds nel 1992-94. È stato un punto di riferimento importante per la cultura economica di sinistra e un protagonista del dibattito politico a partire dagli anni '70. Molto del suo lavoro di ricerca è stato dedicato a sviluppare la teoria del circuito monetario (The monetary theory of production, Cambridge University Press, 2003). Il suo libro sull'economia italiana (nell'ultima versione apparso da Bollati Boringhieri nel 2000 col titolo "Lo sviluppo dell'economia italiana") è stato essenziale per capire i problemi economici del paese. Ricordiamo Augusto Graziani ripubblicando qui alcune parti della Premessa di quel volume.
di Augusto Graziani
Rievocare le vicende dell'economia italiana nel corso della seconda metà del Novecento significa ripercorrere modificazioni profonde che hanno investito la struttura economica del paese e la sua collocazione internazionale. (1)
(26 dicembre 2013) L’ennesima protesta estrema messa in atto ieri da 8 migranti detenuti nel Cie di Ponte Galeria è su tutte le prime pagine dei quotidiani. Le centinaia di visite svolte da associazioni, parlamentari e operatori degli organi di informazione hanno ormai portato alla luce molto bene la disumanità di strutture che limitano la libertà personale di persone che non hanno commesso alcun reato.
Un appello per la chiususra dei centri CIE (Centri di identificazione ed espulsione)
La vite e il paesaggio
Un libro fotografico e una mostra alle Gallerie di Piedicastello
di Luca Paolazzi, Tommaso Iori, Daniele Carli
Il paesaggio, sosteneva Eugenio Turri, “racconta in due modi diversi la storia degli uomini”. Da un lato il racconto “del vivere storico degli individui e dei gruppi sociali in un certo ambito territoriale, visto come paesaggio, trasformato in paesaggio”; dall’altro, il racconto della “sua formazione, del suo costituirsi attraverso il tempo”, intendendo in questo secondo caso il paesaggio come una “successione di momenti e modi diversi delle società umane di rapportarsi con il territorio che le ospita, di viverlo e trasformarlo secondo le proprie esigenze vitali”[1].