"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
(8 settembre 2013) "Un'altra via è possibile" dice con fermezza Papa Francesco rivolto alle migliaia di persone riunite in Piazza S.Pietro. Un appello per la pace raccolto in ogni angolo della terra, ma che il G20 non ha saputo ascoltare. Perché la pace nel mondo è ancora lo spazio fra una guerra e l'altra. Talvolta anche per il pacifismo. Ne ho scritto una riflessione per il Corriere del Trentino oggi in edicola.
di Michele Nardelli
Damasco
Ci sono luoghi che appartengono più di altri alla storia dell'umanità. Verso i quali dovremmo avere rispetto e riconoscenza, non bombardarli. Non solo perché Damasco viene considerata dagli studiosi - insieme a Gerico - la città più antica del mondo, ma perché è grazie a questa città, conosciuta nell'antichità per la sua straordinaria bellezza architettonica, le sue sorgenti d'acqua, i suoi giardini, e all'incontro che lì avvenne fra la cultura bizantina, araba, ebraica, indiana e persiana che il pensiero europeo ha preso forma. In questa città, fra il VII e VIII secolo prese il via quel "movimento delle traduzioni" che portò alla divulgazione della filosofia, della matematica, dell'astronomia e dell'alchimia non solo nel vicino Oriente ma, attraverso il Mediterraneo, nell'Andalusia e progressivamente in quell'Europa che non a caso prese il nome, secondo la mitologia, dalla bella figlia di Agenore, re dell'antica Fenicia.
Voglio dire che non possiamo prescindere da una comunità di destino mediterraneo in cui affondiamo le nostre profonde radici culturali. Non solo per le conoscenze scientifiche, ma perché anche nelle culture materiali il Mediterraneo è stata la piattaforma attraverso la quale è avvenuto lo scambio del sapere, delle arti e della musica, del navigare e del commerciare, delle spezie e del pane.
Come non capire che i bagliori di fuoco che la CNN e al Jazeera fra qualche giorno ci mostreranno hanno dunque a che fare con la nostra storia?
L'appuntamento lunedì 9 settembre (ore 20.00) al Café de la Paix (Passaggio Teatro Osele) a Trento
"Esiste sempre una soluzione semplice ai problemi complessi: quella sbagliata". Sono parole di Mark Twain e fotografano bene ciò che sta accadendo in Siria in queste ore.
La questione non è di facile lettura e coinvolge tutto il Medio Oriente. Rischia di avere ripercussioni gravissime per un'area che va dall'Afghanistan fino a tutto il Nord Africa, colpendo in pieno l'intera area mediterranea.
La soluzione semplice - e molto più che sbagliata - è quella di un intervento militare, sia esso iniziativa unilaterale degli Stati Uniti oppure di una coalizione di paesi.
Nelle parole di Papa Francesco, pronunciate nei giorni scorsi durante l'Angelus domenicale, si può leggere tutta la preoccupazione rispetto ad una guerra che è difficile immaginare limitata, breve, locale; come se queste caratteristiche la rendessero più accettabile e meno pericolosa di altre. Il suo appello alla mobilitazione, alla veglia e al digiuno - proposto per il prossimo 7 settembre - richiama alla necessità di immaginare, in Siria e in qualunque altro angolo del mondo, un'alternativa ai conflitti armati.
Come Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani aderiamo convintamene all'invito di Papa Francesco e proponiamo per lunedì 9 settembre alle ore 20.00 presso il Cafè de la Paix (in passaggio Teatro Osele a Trento) un momento di discussione pubblica sulla situazione siriana.
Un'occasione per provare ad affrontare la complessità di un tema che ci interroga fortemente sulla pace e sulla guerra, all'interno di un contesto mondiale mutato rispetto a quello che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni che fatica a trovare un nuovo equilibrio.
Invitiamo tutti coloro che abbiano voglia di portare il proprio contributo.
Michele Nardelli
Presidente del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
(4 settembre 2013) I senatori SVP Karl Zeller e Hans Berger hanno presentato nei mesi scorsi un Disegno di legge costituzionale che si proone di modificare lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige - Südtirol nella direzione dell'attribuzione dell'autonomia integrale alle Province Autonome di Trento e di Bolzano.
In aula in Consiglio Provinciale arriva la richiesta di parere di modificazione dello Statuto, parere che viene espresso in forma negativa da gran parte dell'Assemblea. Un voto contrario almeno per una parte cospicua dei consiglieri non per il merito della proposta (anche se il taglio dato dai due senatori è poco europeista), bensì per il metodo unilaterale usato nel presentare come SVP una proposta di intervento tanto delicata. Per quanto mi riguarda il mio voto è stato di astensione motivato con l'intervento che riporto di seguito.
"Intervengo volentieri dopo il consigliere Morandini, perché lo considero sempre molto attento alle questioni della Regione e anche perché nel suo intervento ha chiamato in causa la presunta incoerenza del centrosinistra autonomista ed in particolare del PD in relazione all'istituzione regionale.
Certamente avremo modo di parlarne in maniera più approfondita anche la prossima settimana in Consiglio regionale e certamente doverlo fare in una "zona Cesarini" della legislatura ci dice che è più un esercizio di confronto che non l'occasione vera e propria per mettere mano allo Statuto di autonomia. E' peraltro vero che il tema dell'autonomia integrale non è affatto nuovo, ne abbiamo parlato attorno all'accordo di Milano e credo pertanto che sia arrivato il tempo di affrontare in maniera serie la questione che fa da sfondo al nostro assetto autonomistico, ovvero il terzo statuto di autonomia.
di Michele Nardelli
(2 settembre 2013) Forse gli strateghi occidentali che in queste ore spingono per un intervento militare contro la Siria nemmeno lo sanno. O forse è proprio per questo. Damasco è considerata la città più antica del mondo. Non l'insediamento umano, ma il contesto urbano più antico, del quale si parla in antiche tavole risalenti al 2500 a.C.
Ci fu un tempo nel quale Damasco era il centro del mondo, nell'intrecciarsi attorno ai suoi meravigliosi giardini della cultura bizantina, araba, persiana e indiana. La lingua colta che vi si parlava era il greco e proprio in quella città nacque fra la fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo il grande "movimento delle traduzioni" che portò - grazie alla trascrizione in arabo - alla conoscenza della filosofia di Aristotele e di Platone, della matematica di Euclide, Archimede e Tolomeo, dell'astronomia di Aristarco e dell'alchimia di Jābir ibn Hayyān altrimenti conosciuto come "Geber l'alchimnista", considerato il padre della moderna medicina.
Una giornata di riflessione in ricordo di un amico.
(Ottobre 2016) Sabato scorso si è tenuta al Castello vescovile di Albiano nei pressi di Ivrea una giornata di testimonianze e di pensiero in ricordo di Enrico Levati, un caro amico con il quale abbiamo condiviso innumerevoli iniziative di solidarietà e di cooperazione internazionale a partire dal comune impegno verso la tragedia che negli anni '90 sconvolse la Jugoslavia.
Enrico era uno straordinario tessitore di relazioni, in quella sfera nella quale riusciva ad includere con naturalezza la vita pubblica come quella privata. Uno spazio nel quale potevano trovare cittadinanza le tragedie del nostro tempo ma anche l'interesse per la vita delle persone che incontrava.
Ho conosciuto Enrico lungo le strade della solidarietà, nella reciprocità che impone di rispecchiarsi nell'altro, non un dare per ricevere ma quell'essere parte di un comune destino che ci inchioda alle nostre responsabilità. I ponti costruiti con le diverse sponde del Mediterraneo – che richiedevano attenzione e visione ben prima che la disperazione trasformasse questo mare nel cimitero che oggi conosciamo e che la paura e l'ossessione identitaria trasformassero la culla del nostro sapere nell'incubo dello “scontro di civiltà” – erano l'esito di una cooperazione diversa che non divideva il mondo fra donatori e beneficiari, ma che partiva dalla ricchezza dei territori, dalle persone e dalle loro esperienze di vita.
Ringrazio Paolo per questo intervento. Ho sollevato più volte in sede consiliare il tema della nostra impronta ecologica ed ho insistito affinché questo concetto venisse assunto nel programma del centrosinistra autonomista. L'obiettivo però non può limitarsi al passo di un documento programmatico, bensì che diventi cultura politica della coalizione.
di Paolo Rosà *
Ho letto con molto interesse le conclusioni della ricerca sull'Impronta Ecologica (IE) e la biocapacità promossa dalla Comunità della Val di Sole.
L'EI misura la quantità di territorio necessaria a soddisfare i consumi e assorbire le emissioni e i rifiuti della popolazione di un determinato territorio. Essa viene calcolata in base ai consumi alimentari, al riscaldamento, alle dimensioni delle abitazioni, all'offerta e alla fruizione di beni e servizi, ai trasporti, alle infrastutture, ecc. I dati rilevati indicano che l'IE dei residenti della Val di Sole è di 216.200 gha (ettari globali) cioè 4,64 ettari procapite, mentre quella dei turisti è di 13,67 ettari procapite.
di Ugo Morelli
(31 agosto 2013) Chi intende cambiare qualcosa è spinto, di solito, dalla propria convinzione. Lo è al punto che spesso non vede la differenza fra quella che può essere anche una buona intuizione e la creazione delle condizioni per realizzarla.
Chiunque debba impegnarsi in un cambiamento tende a commettere questo errore. Si rinchiude in un'identità, si allea con i "duecento intelligenti che hanno capito tutto e si oppongono agli alieni", e parte lancia in resta per cambiare il mondo. Così facendo di solito ha perso la partita. Il lavoro lento e difficile della costruzione del cambiamento, delle condizioni anche minime per realizzarlo, è quello che è richiesto dalla creazione di un nuovo modello di sviluppo nelle comunità locali. In particolare ciò vale per una
questione tra le più difficili e impegnative: il rapporto tra le forme dello sviluppo e il paesaggio, l'ambiente e il territorio.