"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Forza Tonino
Tonino Perna

L'amico Tonino Perna, compagno di tanta strada di impegno civile, colpito da un infarto. Ora va un po' meglio.

(21 maggio 2015) Leggo una notizia di agenzia che mi lascia senza fiato. «Infarto per l’assessore al Comune di Messina Tonino Perna. La notte scorsa è stato colpito da un attacco di cuore mentre si trovava nella sua abitazione di Reggio Calabria. Trasportato d’urgenza all’ospedale “Bianchi-Melacrino-Morelli”, è stato sottoposto a un intervento in cui gli è stato applicato uno stent coronario. Si trova adesso ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva dello stesso nosocomio. Le sue condizioni sono in miglioramento e non è in pericolo di vita. Nei prossimi giorni dovrebbe essere trasportato in un centro specializzato a Milano per un secondo intervento, con l’applicazione di un bypass. Dal 2009 Tonino Perna è Professore Ordinario di Sociologia Economica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Messina e di Istituzioni di Economia presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Nel novembre 2013 è stato nominato assessore della giunta comunale messinese guidata da Renato Accorinti con le deleghe alla Cultura, Sviluppo Economico e Turismo, Politiche Giovanili e Decentramento».

Tonino è per me qualcosa di più che un amico. Lui di Reggio Calabria, io di Trento, le nostre frequentazioni erano quelle del comune sguardo inquieto ed esigente sul nostro presente, di una cooperazione internazionale da ripensare, di una guerra di là del mare. Un giorno – era il giugno del 1999 – ci siamo incontrati in un bar della Giudecca, a Venezia, e ci siamo detti che non se ne poteva più di un approccio emergenziale verso quella parte di Europa che era nei nostri cuori e abbiamo deciso così di costruire l'Osservatorio sui Balcani. Qualche matto come noi ci ha dato retta e ne è nata una delle cose più belle delle nostre vite.

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24 maggio, il mio plauso ad Arno Kompatscher
Lugli

L'inizio di una guerra che ha causato morti e sofferenze non è un evento da festeggiare e mi sembra inappropriato esporre la bandiera. Accoglierò invece l'invito ad osservare un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime, per non dimenticare e per impegnarsi affinché simili eventi non si ripetano: è quanto ribadisce il presidente della Provincia Arno Kompatscher in vista del 24 maggio.

In seguito alla discussione di questi giorni in merito all'esposizione delle bandiere domenica 24 in memoria dell'entrata in guerra dell'Italia, il presidente della Provincia Arno Kompatscher puntualizza la sua posizione in una nota.

"L'inizio di una guerra - ribadisce Kompatscher - non è un evento da festeggiare. Per questo motivo mi sembra inappropriato esporre le bandiere nella giornata di domenica e ribadisco che non sarà fatto sugli edifici pubblici di mia competenza. Diverso sarebbe stato se ci avessero chiesto di esporre le bandiere a mezz'asta, in segno di lutto per le morti e le sofferenze che la Prima guerra mondiale ha causato in tutta Europa e non solo."

"Nella giornata di domenica - prosegue il Presidente - accoglierò invece l'invito ad osservare un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime dell'evento bellico e della distruzione che la guerra sempre porta con sé. Il messaggio è chiaro: ricordiamo un tempo di tragica sofferenza e ci impegniamo affinché eventi del genere non si ripetano".

I numeri della "grande guerra":

9.722.000 soldati sui vari fronti (cifra sottostimata)

Un milione di civili morti durante le operazioni militari.

6 milioni di vittime per gli effetti che oggi definiremmo cinicamente “collaterali”: carestie, epidemie, pogrom...

21 milioni di feriti.

La nota del presidente dell'Alto Adige - Sud Tirolo ha generato una ridda di proteste e indignazioni. E' la testimonianza di quanto questo nostro tempo sia ancora pregno di cultura nazionalista e di quanto poco si sia elaborato sulla prima guerra mondiale. Basterebbe dare uno sguardo alle cifre della prima guerra mondiale per comprendere questa tragedia ma la retorica del centenario tende a nasconderle.

 

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Ciao Enrico, amico fragile
Enrico Levati

(10 maggio 2015) Enrico se n'é andato nei giorni scorsi. Con Enrico Levati non ho mai avuto modo di coltivare l'amicizia, né di costruire insieme un particolare sodalizio, se non qualche breve percorso balcanico insieme agli amici di Ivrea o per l'attenzione verso l'amata Palestina. Anche nel tragitto comune di ICS (il Consorzio Italiano di Solidarietà), la mia frequentazione più intensa iniziò quando Enrico, per alcuni anni presidente, si era fatto da parte.

Eppure verso Enrico provavo una particolare tenerezza. Nelle ore seguite alla notizia della sua morte, mi sono chiesto da dove venisse questo sentimento, trovando forse qualche risposta. In primo luogo la sua fragilità, o almeno quella che io avvertivo come tale. Nel suo accostarsi ai problemi, nella curisosità con la quale si avvicinava ad un bicchiere di vino che non conosceva, nello stupore che provava di fronte ad una bella idea, c'era sempre in Enrico una particolare delicatezza che ora voglio associare alla bellezza delle cose fragili.

Quella stessa delicatezza con la quale Enrico si rapportava alle persone. Nelle poche occasioni che abbiamo avuto di stare insieme ho avvertito un'attenzione non comune. Non so se questo aveva a che fare con il suo lavoro che lo portava a stare in mezzo alle disgrazie degli altri, ma il suo chiederti “come va” non era mai di circostanza. Enrico ti scrutava, senza per questo metterti a disagio. Come a voler farsi carico, forse per trovare reciprocità.

A pensarci bene non so che cosa mi porta a scrivere queste parole, le nostre frequentazioni così rare, il nostro modo di essere così diverso, le nostre storie così dissonanti. Semplicemente voglio rendere omaggio ad una persona bella, che di rado incontri nel tuo cammino.

Michele

Il mio voto al valore delle persone
Alzare lo sguardo

di Michele Nardelli

(9 maggio 2015) Domenica 10 maggio si vota in buona parte del Trentino per il rinnovo dei Consigli Comunali. Capita che in questi giorni qualcuno mi chieda come votare ed è forse la prima volta che, in una consultazione elettorale che investe il mio territorio, la mia risposta non riesca a nascondere l'imbarazzo per la fatica che provo nel riconoscermi in un partito.

In oltre quarant'anni di impegno politico, la dimensione dell'agire e del pensare collettivo ha rappresentato il tratto per me essenziale, nel quale l'esercizio del voto era sì un momento importante ma non certo esaustivo di tale impegno. Corrispondeva ad un progetto di cambiamento profondo della società, che non poteva che essere collettivo.

Ora non solo questa parola - collettivo - risulta desueta ma anche la politica ha assunto connotati diversi, un po' come è accaduto per altre parole finite nel tritacarne della banalizzazione di un tempo che non sa fare i conti con la storia e che fatica ad esprimere nuovi paradigmi. “Non più e non ancora”, questo è l'aforisma per descrivere il presente.

In questa cornice di incertezza vivo – per la prima volta da quando a diciassette anni decisi di iscrivermi ad un partito – la condizione di “non appartenenza”. Conosco per la verità la solitudine che da sempre accompagna il pensiero critico, ma anche quando non mi sono (meglio sarebbe dire "non ci siamo") più riconosciuto nelle proposte politiche esistenti, non ho (non abbiamo) esitato a costruirne di nuove, immaginando la progettualità politica come capacità di “pensare da sé” (per usare la bella espressione di Hannah Arendt), della ricerca originale, dell'“ebbrezza della creazione politica” di cui parlava Altiero Spinelli dopo il confino a Ventotene. Anche a costo di non essere compresi.

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Un Forum delle città e della società civile del Mediterraneo. L'appello di Messina
Un momento della Conferenza

(10 giugno 2015) A conclusione di quattro giorni di celebrazioni, confronti e sessioni di lavoro nell'ambito della manifestazione intitolata "Messina, Europa, Mediterraneo" svoltasi nella città dello stretto per ricordare il sessantesimo anniversario della Conferenza di Messina ed alla quale hanno partecipato delegazioni provenienti da paesi delle diverse sponde del Mediterraneo, il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente della Commissione Esteri del Senato Pierferdinando Casini, è stato approvato un documento indicato come "Appello di Messina 2015" che potete trovare in allegato. Nei prossimi giorni potrete leggere anche il mio intervento nella Conferenza.

L'appello di Messina 2015

Don Guetti e Raiffeisen si rivoltano nella tomba!
Una storia trentina

(13 febbraio 2016) Riprendo questo commento di Luciano Imperadori pubblicato qualche settimana fa dal Corriere del Trentino sulla Riforma delle Banche di Credito Cooperativo. Il decreto emanato in questi giorni dal governo italiano risulta più grave di quanto si potesse immaginare, sopprattutto nella parte che apre la possibilità di privatizzare un patrimonio che in quanto cooperativo andrebbe considerato indivisibile. Sembrano esserci margini di modifica prima della conversione in sede parlamentare, ma per questo è necessaria una forte mobilitazione per evitare lo snaturamento di un patrimonio culturale prima ancora che economico.

di Luciano Imperadori *

La cosiddetta riforma delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali, rischia di distruggere in un solo colpo 130 anni di storia. Una riforma che finora è stata trattata solo nelle stanze romane senza il coinvolgimento dei soci. Non c'è da stare allegri. Sull'onda degli "scandali" di Banca Etruria e altre si rischia che passi questa controriforma in nome della stabilità, ma i pericoli invece rischiano di aumentare.

 

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Città e territori, un necessario spazio comune di riflessione
spaesamento

Quello che segue è il documento che il collettivo di territoriali#europei ha presentato ieri sera a Trento, al circolo degli Alpini. Un lavoro in progress arricchito dai numerosi interventi che ci auguriamo possa divenire un contributo utile in una campagna elettorale piuttosto avara di idee.

 

a cura di territoriali#europei

 

(24 aprile 2015) Tempo di elezioni amministrative e di conseguenza tempo di proposte di aspiranti sindaci, assessori o semplici consiglieri. Governare lo spazio pubblico - che si tratti di una metropoli o di un piccolo paesino di montagna - è espressione basilare e fondamentale dell'agire politico, laddove rappresenta il contesto di maggiore prossimità e contatto tra rappresentanti e rappresentati. La figura del Sindaco, al netto di trasposizioni caricaturali sul piano nazionale, è quella più "alla portata" del cittadino che – spesso indignato, a volte onestamente interessato al bene comune – cerca i responsabili del malfunzionamento (vero o presunto, poco cambia) della macchina amministrativa. La crisi della politica – morale da un lato, di funzione dall'altro – non ha risparmiato neppure i corpi intermedi fino a poco tempo prima ritenuti i punti più saldi di un'architettura istituzionale già traballante.

Poi c'è stata Tangentopoli e quel 1992 che in queste settimane viene narrato in un'efficace e cruda serie tv ambientata nella Milano di una ventina d'anni fa. Inchieste, arresti, affari per nulla trasparenti, bilanci dissestati, giunte sciolte e commissari straordinari. Questo lo sfondo dentro il quale si sarebbe dovuta dispiegare l'ordinaria amministrazione (non sempre garantita) e si sarebbe dovuto agire per la scrittura di uno spartito utile al futuro, spesso risultato stonato o peggio inesistente. E' quello il periodo in cui è venuto meno – fino ad oggi senza una soluzione – il patto di fiducia che lega il politico, e la sua azione, ai cittadini. La deresponsabilizzazione generale e la fuga di fronte all'impegno per la buona amministrazione creano terreno fertile per la corruzione – materiale e intellettuale – che sta alla base dello sgretolamento delle comunità. (1)

 

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