«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani». "Manifesto di Ventotene"
(ottobre 2013) In questi giorni si sono intrecciate una serie di iniziative interessanti che hanno posto il tema del modello di sviluppo nell'area alpina: la conferenza stampa con gli esponenti del Bard (Belluno Autonoma Regione Dolomiti), la presentazione dell'ultimo lavoro di Aldo Bonomi "Il capitalismo in-finito" che attraversa le regioni della crisi, l'incontro di Grenoble delle regioni e dei ministri dei paesi dell'arco alpino, l'incontro di Borgo Valsugana sulle "terre alte". La riflessione di Michele Nardelli proposta sul Corriere del Trentino.
di Michele Nardelli
Nel tempo della crisi, abbiamo parlato spesso di "Terre alte", ovvero dei territori di montagna che si sono trovati a dover far fronte a condizioni di mercato più sfavorevoli e a costi sociali maggiori. Produrre un litro di latte in montagna non è la stessa cosa di produrlo in pianura, così come garantire lavoro, scuola e servizi di qualità nello spazio alpino richiede una disponibilità di risorse maggiore che altrove.
Un'interrogazione a risposta immediata presentata dal consigliere provinciale Michele Nardelli sulla vicenda dell'Accademia Laba.
(11 luglio 2013) L'avvio di una nuova campagna di promozione dei corsi LABA per l'Anno Accademico 2013/2014 è suffragata dalle necessarie autorizzazioni? Nella comunicazione del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca del 28 gennaio c.a., la Direzione generale Afam affermava di non aver "mai concesso alcuna autorizzazione alla cosiddetta Accademia Laba Trentino che non risulta inserita nell'elenco delle istituzioni Afam", facendo presente che l'apertura di nuove sedi laboratoriali a Torbole (ma anche l'attivazione di corsi decentrati o campus) da parte di "LABA" Brescia avrebbe richiesto autorizzazione della medesima Direzione.
Ambedue appartengono a quello che considero il mio album della mia esperienza politica e del mio impegno civile. Ho avuto più occasioni per incontrarli e cogliere, nella diversità delle personalità e della loro collocazione, quello straordinario sentire comune costituito da convinzioni, concezioni del mondo, idee della politica. A costo di apparire un po' retrò e sicuramente démodé rivendico che quel sentire comune è anche il mio. Immagino che qualcuno scomoderà la logora categoria del catto/comunismo. Io, ovviamente, preferisco riferirmi al grande spessore etico dal quale scaturivano e si alimentavano quelle esperienze politiche organizzate. Preferisco riferirmi a quello che ho sempre ritenuto l'intuizione iniziale che ha dato vita al Partito Democratico, soggetto potenzialmente capace di fare sintesi tra le culture politiche del popolarismo, del movimento operaio e riformista, del liberalismo. Preferisco, in nome di Ugo e di Enrico, che l'autonomismo e il riferimento ai nostri territori non sia estraneo all'idea del Trentino laboratorio politico originale.
È morto a 93 anni, aveva fondato l'Anpi e anche l'Alleanza Contadina. Il suo impegno politico per l'autonomia nelle file del Partito Comunista
di Enrico Paissan
Proprio nei minuti in cui le istituzioni dell'autonomia e i suoi compagni partigiani ricordavano il sacrificio di Gian Antonio Manci ci ha lasciati a 93 anni Ugo Tartarotti, uno degli ultimi esponenti storici della sinistra trentina. Parlare della sua vicenda umana significa ripercorrere le battaglie e le aspettative delle componenti più umili della nostra gente, quella gente per la quale Ugo ha speso tutta la sua esistenza.
(5 luglio 2013) Colpo di Stato militare o risveglio della rivoluzione tradita? I fatti che nelle ultime ore hanno riportato le piazze egiziane al centro dell'attenzione mondiale non sono probabilmente sintetizzabili in questa domanda.
Adel Jabbar ci conduce dentro la complessità di Piazza Tahrir e dell'evolversi del dopo Morsi. Lo fa descrivendo il fallimento dei Fratelli Musulmani e interrogandosi sull'incerto futuro, non solo politico, dell'Egitto. Naturalmente su www.politicaresponsabile.it
(3 luglio 2013) Il leader riformista Mohamed El Baradei, il gran imam della moschea e università islamica di Al-Azhar e il papa copto hanno incontrato il generale Abdel-Fattah el-Sissi, capo dell'esercito, che in precedenza aveva incontrato gli alti vertici militari. Il tema era la road map politica per l'Egitto. Lo ha annunciato Khaled Daoud, portavoce del Fronte di salvezza nazionale, principale partito di opposizione egiziano di cui El Baradei è alla guida.
Quello che si profila in queste ore per l'Egitto è uno strano golpe. L'apparizione delle massime autorità morali del paese alla TV di Stato avrebbe dunque il sapore di una sorta di ampia legittimazione popolare dell'intervento dell'esercito nel presidiare i nodi strategici della capitale egiziana.
Piazza Tahrir è colma di milioni di persone che nei fatti hanno tolto il consenso assegnato solo un anno fa ai Fratelli Mussulmani, dimostratisi in questi mesi largamente incapaci di costruire un progetto di coesione nazionale e politica.
Sono tempi strani. Quello che accade in Turchia, in Brasile e ora in Egitto ha qualcosa in comune e non credo facilmente inquadrabile negli schemi precedenti. In fondo non così estraneo alle forme di espressione che abbiamo conosciuto in Occidente a fronte di una politica che fatica a dare rappresentazione ad un tempo nuovo, ferma com'è alle categorie nel secolo scorso.
Vorrei ringraziare con un grande abbraccio tutte le persone che ieri in occasione del mio compleanno mi hanno manifestato il loro affetto. A tutti loro e ai lettori di questo sito vorrei dedicare le parole che ho scritto qualche mese fa sul tema dell'amicizia per il libro di Paola Grott "Filìa".
Quel che rimane...
"Hannah aveva il genio dell'amicizia". Così Hans Jonas rese omaggio all'amica scomparsa nel giorno del suo funerale. Quello straordinario lavoro di tessitrice del pensiero, nell'amicizia che diviene incrocio di sguardi, era stata la sua forma di resistenza nell'attraversamento delle tragedie del Novecento.
In effetti, se c'è un tratto che mi ha sempre affascinato di Hannah Arendt e del suo pensiero, è stata la tensione a ricomporre la Storia con l'esistenza del singolo individuo. Questo continuo indagare sul significato dell'agire umano, su quel che rimane del nostro passaggio terreno e sul valore decisivo del "pensare da sé", di guardare al mondo a partire dall'autonomia di pensiero.
Non in contrasto con il pensare e l'agire collettivo, abitando le insidie del potere che si annidano nella sfera pubblica nelle sue diverse dimensioni. Ma un terreno più sgombro, dove coltivare quello spirito critico verso di sé e il proprio tempo, che ci aiuta nell'elaborazione di un passato/presente altrimenti destinato a divenire gorgo.
Fra lo scorrere della storia e le nostre esistenze sembrano esserci distanze incolmabili. Abissi nei quali ci sentiamo soli ed inutili. Eppure in Hannah Arendt la vita si fa mondo. Questa distanza tende a svanire e il pensiero di ognuno diviene "una luce nel buio".
Nel modo con cui ciascuno di noi impara ad osservare le cose intorno a sé, nella capacità di darci quello strabismo che ci permette una diversa profondità aiutandoci a mettere a fuoco gli avvenimenti, nel valore che diamo allo sguardo degli altri, si può rintracciare il significato profondo e non banale dell'amicizia.