"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Oltre il referendum
Partecipazione in crisi

Andare oltre il referendum. Esistono infatti procedure altrettanto efficaci, capaci di coinvolgere i cittadini in maniera più completa ed esaustiva.

di Alessandro Branz *

(24 aprile 2016) L'istituto del referendum è sempre stato oggetto di strumentalizzazioni, anche a causa della sua natura rigorosamente binaria (o Si o No). Ne abbiamo avuto conferma in occasione della consultazione referendaria di domenica 17 aprile, caratterizzata dalla caduta di stile e dall’atteggiamento pesantemente diseducativo di coloro che, pur ricoprendo ruoli istituzionali di primo piano, hanno invitato i cittadini (purtroppo con successo) a non recarsi alle urne, salvo poi menar vanto di un risultato così poco edificante.

Per fortuna le cose non sono andate sempre cosi. Ricordo, ad esempio, il dibattito argomentato e competente che circa due anni fa si è aperto sulle colonne del Corriere del Trentino a proposito delle definizioni da attribuire al termine «democrazia» (fra cui anche quella «diretta»).

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Lo spazio neutro di negoziazione
National Geografik

di Francesco Picciotto*

(5 aprile 2016) Credo che sia venuto il momento per introdurre un elemento di relazione fra tutti i post che ho scritto in queste ultime settimane relativamente alle attività di cooperazione che porto avanti in Africa e in Asia con la mia associazione (“L’Acqua non è uguale per tutti“, “Udzungwa Heroes“, “Tessere relazioni“, “Dare credito“) . Si tratta di uno dei principi fondamentali del nostro agire, uno di quelli che abbiamo posto come valore di riferimento per una nuova forma di cooperazione che abbiamo chiamato “di comunità” ed è anche il titolo di una delle sezioni di questo blog: lo spazio neutro di negoziazione.

E’ difficile capire veramente in cosa consiste il nostro lavoro (nella sua forma e nella sua sostanza) senza fornire una chiave e di lettura importante come questa (anche se non unica in questa nostra nuova idea di cooperazione). E mentre molti degli altri principi li dobbiamo alla nostra diretta esperienza sul campo o alla riflessione fondamentale che ci ha offerto Michele Nardelli nel suo libro “Darsi il tempo”, questo invece scaturisce (almeno nel nome) da un incontro della mia associazione con un’altra persona che seppure brevemente ha avuto un ruolo fondamentale nella nostra crescita associativa. Questa persona è uno dei più significativi (almeno a mio avviso) ed innovativi (oltre che provocatori) antropologi italiani e si chiama Alberto Salsa.

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Idomeni, frammenti di vita dal campo
Idomeni

Al confine tra Grecia e Macedonia più di diecimila rifugiati e migranti sperano ancora che il confine venga aperto. Le loro storie si intrecciano come in un caleidoscopio nel racconto del nostro inviato (da www.balcanicaucaso.org)

di Francesco Martino

(aprile 2016) “Buone notizie”, dice Ahmad. Siamo all'ingresso del tendone numero tre, da cui un flusso costante di persone continua ad entrare e ad uscire ininterrotto. Comincia ad imbrunire, un vento leggero, ma freddo e pungente soffia testardo sulla linea di confine. Nel tendone centinaia di donne, uomini e bambini si preparano alla notte: sui bassi letti a castello a due piani, di tela rigida, si dispiegano coperte grigie, tutte uguali. In molti le usano come tenda improvvisata, alla ricerca del lusso di un po' di intimità. “Ho buone notizie, mio figlio, il mio primogenito, è ancora vivo”. Ahmad parla con calma, senza scomporsi. La sua è una gioia tormentata, che brilla solo a tratti negli occhi scuri. Non chiedo niente, aspetto che sia lui a parlare ancora. “Non lo vedo da venti mesi, da venti mesi è nelle mani dei servizi segreti di Bashar al-Assad. Ma ora so che è ancora vivo: ne ho avuto conferma da un amico di un amico, che ha influenza a Damasco”. Ancora una lunga pausa. Difficile fare domande. Aspetto ancora. “L'hanno catturato a pochi giorni dalla maturità e dal suo compleanno, il diciassettesimo. Qualcuno ha fatto il suo nome, l'ha accusato di far parte dell'Esercito Siriano Libero, anche se non si è mai occupato di politica. Poi è sparito, anzi è diventato un numero. E' così che funziona: nessuno sa chi sei, nemmeno i tuoi compagni di cella”. Il racconto si interrompe: uno dei figli minori di Ahmad, che accompagna il padre nel viaggio verso l'Europa, si avvicina e parla brevemente col padre, poi sparisce di nuovo nel ventre caldo del tendone. “E' ancora vivo. Per farmelo sapere c'è chi ha rischiato grosso, a Damasco. Venti mesi...ma è vivo, è ancora vivo”.[…]

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La partita del referendum del 17 aprile.
Petrolio

 

La vittoria del SÌ al referendum del 17 aprile potrebbe dare una spallata ad un castello di bugie e mostrare che la strada verso la democrazia energetica, verso una promozione sostenibile dei talenti sani dei nostri territori (paesaggio, cultura, turismo, pesca e agricoltura sostenibili, eccellenze agro-alimentari) è segnata e che non si torna più indietro.

di Annalisa Corrado*

(31 marzo 2016) Pensavo fosse incompetenza o mancanza di visione. Fresca di laurea, folgorata sulla via dell’energia come “madre di tutte le battaglie” da combattere (contro le crisi internazionali, i ricatti dei potenti detentori delle risorse, contro le crisi sociale, ambientale e poi anche economica), ero ingegneristicamente innamorata dell’idea che sole, vento, biomassa, maree e calore della Terra, assieme alle intelligenti evoluzioni della tecnologia, avrebbero mostrato di lì a poco la via per costruire una nuova “democrazia energetica” e, ingenuamente, pensavo il freno fosse causato “solo” dalla manifesta incapacità strategica di un apparato politico/burocratico stanco, cinico e clientelare. invece sbagliavo di grosso.

 

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Sans-papiers o sans droit?
1 aprile 2016, la manifestazione in via Brennero a Trento

Una possibile lettura della protesta dei richiedenti asilo in via Brennero

di Soheila Mohebi, Razi Mohebi e Nicole Valentini

(4 aprile 2016) Il primo aprile alcuni richiedenti asilo residenti a Trento hanno organizzato una manifestazione di protesta che ha bloccato il traffico di via Brennero per qualche ora. I manifestanti hanno esibito dei cartelli nei quali reclamavano i loro diritti alla protezione, alla giustizia e alla salute. Un giovane manifestante interrogato sui motivi della protesta ha affermato di voler solo avere il diritto di studiare e di lavorare. Ha poi aggiunto che alcuni richiedenti bisognosi di cure devono aspettare fino a due settimane per andare dal medico. Il Presidente della Provincia Ugo Rossi ha affermato che nove richiedenti che sono stati identificati verranno espulsi dal programma di accoglienza.

Questa la premessa dei fatti, ma chi sono queste persone e cosa li ha spinti ad organizzare questa protesta? I protagonisti di questa vicenda appartengono tutti ad un gruppo di richiedenti asilo ospitati presso la Residenza Brennero, eppure in comune non hanno solo il domicilio. Come affermato dagli stessi, molti di loro sono in attesa di una risposta da almeno due anni. Cosa è accaduto in questo tempo? Non abbiamo dati o testimonianze disponibili, possiamo però ricostruire alcuni eventi attraverso gli articoli apparsi in questi due anni sui giornali trentini e aventi come protagonisti i richiedenti della Residenza Brennero. Forse qui potremmo trovare, se non la risposta a queste domande, almeno uno spunto che inviti alla riflessione. Rivediamo quindi questi eventi in ordine cronologico:

 

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Extra Muros
Extra-Muros

... e anche tanto altro. Ci siamo incontrati il 29 settembre di quattro anni fa, a Cles, per un concerto organizzato dal Forum trentino per la Pacee i Diritti Umani. Si parlava di migranti, in una terra che deve la sua ricchezza anche a tante braccia che vengono da lontano. Poteva essere una bella occasione per mostrare un po' di sensibilità, ma all'auditorium del Liceo Bertrand Russel non c'era tanta gente... Alla fine della serata ci fu fra noi solo il tempo per un breve saluto, me ne rimane il rammarico. Perché Gianmaria Testa era una persona speciale, un poeta che sapeva parlare come pochi altri della vita e dell'amore. Mi consola pensare che le sue parole rimarranno nei cuori di molti, sicuramente nel mio.

https://www.youtube.com/watch?v=Vfv-FUcwYO8&feature=player_detailpage

Tratto dall'album “Extra Muros” (1996)

Karadžić, 40 anni
Srebrenica

Genocidio, persecuzione, sterminio: Radovan Karadžić è stato riconosciuto colpevole e condannato a 40 anni. La sentenza, però, delude parte delle vittime e, forse, arriva davvero troppo tardi per favorire la riconciliazione

di Andrea Oskari Rossini*

Alla fine, il verdetto ha deluso sia le vittime che la difesa. Vasvija Kadić, dell'associazione Madri di Srebrenica, ha definito “vergognosa” e “offensiva” la condanna di Radovan Karadžić a 40 anni, e non all'ergastolo. Il presidente dell'associazione dei veterani della Republika Srpska, Milomir Savičić, ha invece definito “ingiusto” il verdetto, mentre gli avvocati della difesa annunciavano il ricorso. Sono passati troppi anni, venti, dalla fine della guerra, e in questi anni le diverse narrazioni sugli anni '90 non hanno fatto che allontanarsi, in un paese in cui tutto, a partire dal sistema dell'educazione, è diviso. Era dunque prevedibile che ognuno si sarebbe sentito rafforzato nelle proprie opinioni dalle parole del giudice O-Gon Kwon, qualunque esse fossero state.

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