«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Silvy edizioni, 2012
Bucarest,1999. Stefana viene caricata su un'auto e rinchiusa in un ripostiglio. Nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno è intervenuto, "in omaggio a un cinismo metropolitano nato e cresciuto a Ovest e subito assimilato anche a Est, probabilmente". Stefana ha dodici anni ed è orfana di un giornalista di guerra americano e di una sociologa rumena impegnata nell'industria del volontariato internazionale.
Inizia così, con un colpo di scena, il romanzo-thriller di Vittorio Borelli, giornalista e scrittore con una ricca esperienza professionale che lo ha visto - tra l'altro - condirettore del Mondo e fondatore e direttore della rivista di geopolitica east. Proprio in questo ultimo lavoro si riverbera tutta la sua sensibilità di giornalista impegnato che ha visto e vissuto in prima persona i grandi cambiamenti a cavallo tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo. Borelli, con il linguaggio crudo, ironico e a tratti spigoloso che gli appartiene, mescola con abilità generi letterari, situazioni ed emozioni. Tra flash back, rimandi e salti temporali, si dipana la trama di questo romanzo dove non esistono certezze, dove "tutto è possibile". È il mondo post ideologico, post comunista, dell'Europa centro-orientale alla fine del secondo millennio, un mondo emotivo, smarrito in se stesso e insieme assetato di nuovi valori; un mondo contraddittorio, inquieto, dove convivono lecito e illecito, paure esistenziali e aneliti di sicurezza...
Un documento del Gruppo consiliare del PD del Trentino sull'uso strumentale della storia locale
(4 settembre 2011) In prossimità dei cento anni dallo scoppio della grande guerra si assiste ad una rilettura dei fatti che non sempre convince. A volte vengono enfatizzati aspetti che sono discutibili e senza sottolinearne i fattori di criticità. E' indiscutibile che il Trentino per un certo periodo sia stato una regione dell'impero austro-ungarico, ma non per questo possiamo rimpiangere un impero che non c'e più e che non possedeva certo i parametri della democrazia nei quali ci riconosciamo. Oggi siamo cittadini - trentini, italiani, europei - non sudditi!
Moena in festa dal 19 al 21 agosto
di Francesca Zeni e Ilaria Chiocchetti*
(19 agosto 2011) Avreste mai immaginato di veder sventolare decine di bandiere turche nel cuore delle Dolomiti? O di cercare assetati una fontana e di trovare, tra i fienili trentini, il busto di un uomo con fez e mustacchi accanto all'acqua che sgorga fresca dalle montagne? A Moena oriente e occidente si mescolano, e ogni estate ne viene ritualmente celebrato l'intreccio. Uno dei quartieri più antichi della città dolomitica prende il nome di "Turchia", e accanto ai tradizionali tabià e agli affreschi con scene di caccia sulle pareti delle case, offre allo sguardo sfondi rossi con la mezzaluna e la stella.
E' davvero inarrestabile il lento franare a valle della montagna abitata? Le pagine di questo libro presentano un ambizioso progetto per fare delle Alpi un laboratorio politico, sociale ed economico per l'Europa intera.
Da qualche giorno Francesco Gerosa ci ha lasciati. Le parole che Carmine Ragozzino ha scritto per il Trentino esprimono bene il sentire mio e penso dei tanti che gli hanno voluto bene.
di Carmine Ragozzino
(26 agosto 2011) Se n'è andato. A soli 55 anni. E si potrebbe, davvero, chiudere qui. Con due frasi aride, asettiche, che forse ti permettono di non perdersi in quella retorica che insidia sempre chi è condannato dal mestiere ad esprimere il dolore e la rabbia della morte di un caro conoscente che avrebbe meritato un'amicizia più intensa e duratura. Ma Francesco Gerosa, che ieri si è liberato dalle terribili, angoscianti, sofferenze dei suoi ultimi anni, merita un ricordo. Merita parole di affetto e di riconoscenza per una forza d'animo esemplare la commozione di quei tanti amici che lo hanno apprezzato e amato.