"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
di Michele Nardelli
(14 aprile 2015) Decine di conferenze, incontri, interventi scritti: ho ripetuto fin quasi alla noia che le celebrazioni per il centenario dell'inizio della prima guerra mondiale avrebbero potuto diventare l'occasione per elaborare le tragedie del secolo breve, affinché l'elaborazione di ciò che è accaduto nel Novecento ci mettesse al riparo dal ripetersi di quegli orrori.
Così non è stato e probabilmente non sarà. Non ci predisponiamo ad imparare, questo è il problema. Il nostro sguardo distratto sorvola, preferisce non fare i conti con il dolore della storia, nemmeno quella a noi più vicina. Oppure dar credito ai luoghi comuni, al sentito dire, alle fanfare che ci raccontano quel che vogliamo sentirci dire. In realtà non siamo mai stati così ignoranti.
Dal sito www.unimondo.org un'interessante analisi di Giorgio Beretta
di Giorgio Beretta
(10 aprile 2015) Ieri al Palazzo di Giustizia di Milano, Claudio Giardiello ha ucciso tre persone e ne ha ferite gravemente altre due. Per farlo ha usato una Beretta, modello 98, calibro 9x21 (inizialmente era stato detto una Beretta calibro 7.65) alimentata da un caricatore da 15 colpi: di fatto – secondo le prime ricostruzioni – Giardiello avrebbe inizialmente sparato 13 colpi con la stessa arma, legalmente posseduta con tanto di porto d’armi (nonostante il parere - non vincolante - negativo dei Carabinieri), e al momento dell’arresto aveva ancora con sé alcuni caricatori. «Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato» avrebbe detto Giardiello subito dopo essere stato catturato.
Il caricatore non è un dettaglio di poco conto. Come riporta ancora il Corriere della Sera, Giardiello avrebbe sparato “nove colpi contro suo nipote, Davide Limongelli, 40 anni e due figli, ferendolo gravemente”. Quindi avrebbe “rivolto l’arma contro l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, uccidendolo con un colpo all’altezza del cuore”. Il tutto in pochi secondi. Giardiello è stato descritto come “un paranoide ingestibile” dall’avvocato Valerio Maraniello che lo aveva difeso per imputazioni di bancarotta fraudolenta e che proprio per le difficoltà a gestire il suo cliente ha poi deciso di rimettere il mandato. Ma uno dei suoi amici più stretti non ha esitato, anche dopo la sparatoria, a definire Giardiello una persona "di buon carattere", e come “una persona molto buona”.
Care lettrici e cari lettori di questo blog,
se ne parla da mesi ormai, ma fin qui mi ero astenuto - concordemente con la direttrice di OBC - dal dar voce all'ipotesi di ridimensionamento di Osservatorio Balcani Caucaso, una delle più importanti e qualificate esperienze di informazione e di ricerca presenti in Trentino. Un po' perché ho sperato che la politica potesse avere un soprassalto di dignità di fronte ad una delle eccellenze (passatemi il termine) di questa terra e della sua capacità di aprirsi all'Europa. E poi perché temevo identificazioni che non esistono, quand'anche io sia uno degli ideatori - nell'ormai lontano 1999 - di Osservatorio.
In quindici anni di lavoro OBC è diventato un punto di riferimento internazionale di primissimo ordine, riconosciuto per la sua capacità di raccontare questa parte d'Europa con sensibilità, equilibrio, intelligenza. Potrei narrare un sacco di episodi per descrivere l'apprezzamento di cui gode OBC. Come ad esempio quando, in occasione di una mia visita all'ambasciata italiana di Sarajevo, l'allora ambasciatore Alessandro Fallavollita mi disse che la consultazione del sito di Osservatorio era per lui l'inizio della sua giornata di lavoro.
Il Trentino dovrebbe considerarlo un vanto, un investimento ben riuscito nell'ambito di un approccio non emergenziale verso la pace, i diritti umani, la cooperazione, la cittadinanza europea, lo sviluppo di relazioni. Specie in un tempo dove proprio le relazioni internazionali diventano un tratto decisiviso nella capacità di un territorio di abitare il cambiamento globale e l'interdipendenza. Speriamo che questa consapevolezza orienti le scelte delle istituzioni trentine (ma anche nazionali ed europee).
Quello che segue è l'appello rivolto al Presidente della PAT e all'Assessore competente, che ha già raccolto oltre quattromila adesioni. E che, qualora non lo aveste già fatto, vi invito a firmare.
E' il tema dell'attraversamento il centro dell'intervento di Michele Nardelli in occasione della presentazione, venerdì scorso, a Trieste della rete di Terra Madre Balcani e dei viaggi del turismo responsabile nell'Europa di mezzo. Parole che invocano un cambio di pensiero, anche di fronte alle ormai quotidiane tragedie del mare.
di Michele Nardelli
Di che cosa stiamo parlando? Parliamo di Europa, anzi del cuore dell'Europa. E dunque di noi.
C'è un passaggio particolare che mi ha colpito nell'ultimo libro di Paolo Rumiz “Come cavalli che dormono in piedi”. Scrive Rumiz: «...Vado in treno, naturalmente, perché il viaggio è sogno, e io covo una nostalgia insana del vecchio Orient Express e del train de nuit Lubiana-Mosca dal samovar fumante in fondo al corridoio. Parto per maledire lo squallore dell'oggi, perché persino durante la Guerra fredda andare ad est era più facile e la rete di ferro tagliava fiumi foreste e montagne meglio che in questi tempi ipocriti in cui, nonostante i proclami, c'è meno Europa di cento anni fa».
Sì, meno Europa di cent'anni fa. Perché nonostante le istituzioni, le regole, la velocità nelle comunicazioni, nella cultura (o semplicemente nel sentire) delle persone siamo ancora immersi nel delirio degli stati nazione.
Oggi il voto in Israele. Una partita incerta, che forse decreterà la fine di Netanyahu. Aprendo così una nuova speranza di dialogo.
di Janiki Cingoli *
(17 marzo 2015) Netanyahu rimpiange certo amaramente la sua decisione di provocare le elezioni anticipate, licenziando all’inizio di dicembre i ministri di centro-sinistra Tzipi Livni e Yair Lapid insieme ai loro colleghi di partito. La sua scelta testimonia di quanto egli fosse oramai distaccato dal senso comune della gente, che invece era sempre più stanca della sua leadership. Lo slogan “chiunque salvo Bibi” è divenuto il tormentone di queste elezioni, e la prova di forza da lui manifestata con il discorso sull’Iran, davanti alla Camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, in aperta sfida con il Presidente Obama, non ha avuto l’effetto di coalizzare l’opinione pubblica intorno al suo Premier, ma al contrario ha accresciuto il senso di insicurezza della popolazione, preoccupata per il profondo deterioramento dei rapporti con l’essenziale e determinante alleato USA.
di Raniero La Valle
(31 marzo 2015) La nuova Costituzione di destra della Repubblica italiana è stata provvisoriamente approvata dalla Camera dei Deputati il 10 marzo scorso, e ancora non si sa perché.
Dicesi “la nuova Costituzione” perché al di là dell’alto numero degli articoli modificati (più di 50), è l’intera figura della Repubblica che viene cambiata. È ciò che sostengono Bersani, Rosi Bindi e gli esponenti della minoranza del PD, che pure l’hanno votata; ed è ciò che risulta dal passaggio, per nulla secondario, dal bicameralismo al monocameralismo e dal cambiamento di verso del circuito della fiducia, che non correrà più in senso orario dal Parlamento al governo, ma in senso inverso fluirà dal capo del governo al Parlamento, ovvero ai parlamentari che, grazie alla legge elettorale in gestazione, saranno scelti da lui.
Dicesi “di destra” perché nella tradizione linguistica e storica ciò che profitta alla discrezionalità e alla perpetuazione del potere è chiamato di destra, e ciò che profitta alla sovranità popolare e all’equilibrio e sindacabilità dei poteri è chiamato democratico se non di sinistra; e dicesi “di destra” perché la nuova Costituzione è stata scritta di concerto dal governo e dalla destra parlamentare, anche se il 10 marzo per una ripicca politica questa non l’ha votata.
Dicesi “provvisoriamente” perché se i suoi fautori considerano di averla messa per “il 90 per cento in cassaforte” (Ceccanti su Avvenire dell’11 marzo), non è affatto detto che il processo trasformatore continui il suo corso fino alla fine (legato com’è alle sorti del governo: simul stabunt et simul cadent) e non è detto che in ultima istanza esso non sia bloccato dal voto popolare nel referendum, come già avvenne nel 2006 con il rifiuto popolare della Costituzione di Berlusconi.
Quella che segue è l'introduzione che ieri ha svolto Alessandro Dalla Torre nell'aprire la mattinata di presentazione dell'associazione "territoriali#europei" al Sanbapolis di Trento.
di Alessandro Dalla Torre
(14 marzo 2015) Eccoci qui per presentare – finalmente – l’associazione “territoriali#europei”. Abbiamo deciso di farlo con una modalità che ci pare la più coerente con la formula che abbiamo utilizzato per descrivere la dimensione dell’associazione. Una formula che identifica la nostra iniziativa come “uno spazio di condivisione per lo sviluppo di comunità”. E l’organizzazione di questo nostro appuntamento risponde esattamente a questa filosofia: la mia breve introduzione si aprirà infatti alle riflessioni di Dalia Macii, Patrizia Caproni, Federico Zappini e Tommaso Iori e le loro riflessioni si arricchiranno a loro volta di tutti i vostri contributi ai tavoli che a conclusione dei nostri lavori torneranno al centro della nostra attenzione.